Si è concluso con successo il progetto didattico “I Luoghi della Seta a Catanzaro”
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È terminato giovedì il progetto sperimentale “I Luoghi della Seta a Catanzaro”, realizzato grazie alla collaborazione tra la Cooperativa “Nido di Seta”, di San Floro, l’esperta Angela Rubino, autrice del volume “La seta a Catanzaro e Lione”(Rubbettino 2007) e il Mudas (Museo Diocesano di Arte Sacra) di Catanzaro. Protagonisti di quest’ultima giornata sono stati i piccoli allievi dell’Istituto Comprensivo di Maida accompagnati dalle loro insegnanti. Il progetto, che ha visto la partecipazione di numerose scuole di Catanzaro e provincia, si proponeva di rinsaldare il legame tra i cittadini e il loro luogo d’origine, partendo dalla riscoperta dell’antica arte della lavorazione della seta, un’attività che in passato procurò fama e prestigio alla città di Catanzaro in tutta Europa. Nello specifico, i ragazzi hanno seguito un itinerario che li ha condotti prima a visitare la Cooperativa di San Floro, gestita da Miriam Pugliese, Domenico Vivino e Giovanna Bagnato, che con professionalità hanno illustrato il loro affascinante lavoro volto alla ripresa della filiera della seta, dalla gelsi bachicoltura alla trattura e tintura del prezioso filato. Nel pomeriggio, il percorso didattico è proseguito alla scoperta del centro storico di Catanzaro, con l’esperta Angela Rubino, in quei luoghi profondamente legati alla “Nobil Arte”: l’oratorio del Rosario, il quartiere Filanda, via Gelso Bianco, il Vico delle Onde sono solo alcuni dei toponimi che ricordano l’intimo legame della città con questa antica arte. Il percorso è culminato con la visita al Mudas, dove i ragazzi hanno potuto visionare i preziosi paramenti sacri in seta custoditi all’interno del museo e fruire dei laboratori di tessitura allestiti nella sala adiacente, accompagnati dalla preziosa guida dell’esperta Antonella Rotundo e di don Massimo Cardamone, responsabile dei Beni culturali della Diocesi Catanzaro-Squillace. “La riuscita del progetto – ha spiegato la Rubino – consiste nella presa di coscienza, da parte dei docenti delle scuole che hanno preso parte all’iniziativa, che occorre riscoprire la storia del proprio territorio e di quelle attività che ne costituiscono l’identità più intima e profonda. Un processo, questo che dovrebbe andare almeno di pari passo a quello che vede imporsi modelli sempre più globalizzati. Altrimenti si rischia di ritrovarsi senza una propria identità storico-culturale e quindi di essere risucchiati nel vortice della globalizzazione divenendo ‘invisibili’. Il nostro territorio – ha concluso l’esperta – ha una lunga storia da raccontare. Una storia che lo ha visto protagonista di una lunga epoca e solo perché la storia ufficiale non ne parla e le istituzioni non vi pongono la giusta attenzione, non è giusto lasciare che cada nell’oblio”.