Sanità in Calabria, la scrivania è vuota e il commissario “tiene famiglia”
La Calabria è una regione sfortunata. I mali che affliggono l’Italia, in Calabria si presentano sempre in maniera più accentuata. L’ultima riprova, in ordine di tempo, è offerta dall’emergenza coronavirus.
Se nel resto del Paese, infatti, i posti letto negli ospedali si assottigliano, in Calabria non ci sono proprio.
Se in altre regioni si aprono nuovi reparti, in Calabria tocca esultare perché arrivano gli ospedali da campo.
Se altrove, chi decide fa fatica ad affrontare l’emergenza, in Calabria non c’è neppure chi dovrebbe decidere.
Alla prematura scomparsa del presidente della giunta regionale, Jole Santelli, si è infatti aggiunta la sciagurata vicenda che ha travolto il commissario alla sanità.
Così, da ormai dieci giorni, la sanità calabrese deve fare i conti con una scrivania vuota sulla quale si accumulano lettere di dimissioni.
Una scrivania resa vacante dall’azione sempre più maldestra del governo nazionale.
Dopo aver ascoltato increduli l’intervista di Cotticelli, i calabresi, da oltre una settimana, assistono sconcertati all’imbarazzante balletto messo in scena da Conte e Speranza.
Uno spettacolo - il cui copione spazia dalla commedia al burlesque - che rischia di finire in tragedia.
In un momento così drammatico, infatti, un governo che avesse avuto a cuore le sorte dei calabresi, avrebbe tempestivamente individuato una professionalità di alto profilo.
Ed invece, ad occupare la poltrona commissariale è stato inviato, dapprima, Zuccatelli, ovvero un sodale politico del ministro della Salute.
Una scelta cui sono seguite le inopinate dimissioni di ieri, peraltro sollecitate dallo stesso dante causa. Una circostanza sulla quale il presidente del Consiglio ed il suo ministro dovrebbero fare chiarezza, spiegando cos’abbia fatto Zuccatelli per “cancellare”, in una settimana, i “trent’anni di curriculum”, per i quali era stato individuato.
Ancora più paradossale, poi, la vicenda di Eugenio Gaudio, ovvero il commissario per un giorno.
Il successore di Zuccatelli, infatti, si è dimesso, non perché non se la sentisse, non perché non ritenesse di essere all’altezza, si è dimesso perché “tiene famiglia”.
Sì, proprio così. Come lui stesso ha ammesso, ad arrestarlo sulla via per Catanzaro è stata la moglie, indisponibile a seguirlo in Calabria.
Ora delle due è l’una: o il governo ha nominato Gaudio “in contumacia”, avvisandolo colpevolmente a cose fatte, o Gaudio – per dirla con Camilleri – “racconta la mezza messa”.
In entrambi i casi, i calabresi hanno il diritto di conoscere la verità, ma soprattutto hanno il diritto di vedere occupare quella scrivania vuota da un professionista all’altezza di una sfida sempre più improba.
Nel frattempo, chi ha il potere per farlo stacchi la spina al ministro Speranza.
La Calabria e l’Italia meritano di meglio.
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