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Carenza idrica, le verità di Papillo

"Chiediamo scusa ai cittadini di Ciano per i disagi subiti in questi giorni a causa della carenza idrica verificatasi. Abbiamo compiuto, e stiamo compiendo ancora, ogni sforzo possibile, facendo anche arrivare una parte di acqua dal serbatoio di Gerocarne, ma non siamo riusciti a risolvere in toto la questione, determinata da un problema di Sorical sulla condotta principale che non consente di fornire il necessario quantitativo d’acqua”. A fare luce sui motivi della carenza d’acqua e sulla tipologia d’interventi in atto per la risoluzione della problematica è il sindaco di Gerocarne Vitaliano Papillo che ringrazia per “l’impegno ed il lavoro svolto il consigliere Carnovale, espressione di questa frazione”, alcuni dipendenti “coinvolti nelle operazioni di emergenza ed i cittadini che sapranno comprendere e sopportare con l’occorrente buon senso e la dovuta pazienza questo disservizio”. Critiche serrate, invece, “a chi sparla in cattiva fede, credendo di dare lezioni in materia di buona amministrazione”. A questi indefiniti (ma identificabili) destinatari del biasimo, Papillo ricorda che, “a differenza loro, i nostri, anche in materia di gestione dell’acqua (così come nei settori rifiuti, illuminazione pubblica e quant’altro), sono e saranno fatti e non parole al vento, avendo noi, e non altri, messo mano con grossi sforzi alla ristrutturazione del serbatoio (che addirittura era stato posto sotto sequestro, visto lo stato di pressoché totale abbandono ed in preda all’attacco da parte dei più disparati agenti patogeni, con grave rischio per la salute umana), alla sua periodica pulizia e ad effettuare le dovute cicliche analisi di potabilità, anche laddove la competenza non sarebbe stata nostra”.  Papillo rassicura infine i cittadini sull’individuazione delle azioni da adottare e precisa di puntare a “prevedere delle somme già nel prossimo bilancio da destinare all’ampliamento della rete o dell’acquedotto”.

 

Simbario dà l’addio a Rocco Leuzzi

La pensierosa camminata della folla che lo ha accompagnato nel tragitto dalla Chiesa Matrice al cimitero sembrava rievocare quelle sue lunghe passeggiate con il rosario in mano. Perchè lui, Rocco Leuzzi, l’ottantunenne che ha perso la vita nelle acque joniche probabilmente a seguito di un infarto, amava pregare, affidarsi a Dio, pensare ad un mondo in cui la speranza non svanisce. La comunità delle Serre gli ha tributato, nel pomeriggio, l’estremo saluto ricordando quelle qualità umane che hanno lasciato il segno. Anche don Steven Achilihu, che ha officiato la Santa Messa, ha voluto sottolineare quel suo animo docile che tutti apprezzavano. Quest’anno, però, Rocco non ha potuto salutare i suoi amici delle Serre come faceva ogni estate, quando, tornato da Roma e dopo la parentesi al mare, regalava i suoi sorrisi e la sua saggezza. Simbario, al pari del suo paese d’origine che era Santa Caterina sullo Jonio, era la sua terra prediletta, dove trovava riposo, pace e serenità. E dove riusciva a trasmettere sentimenti nobili. 

 

È originario delle Serre l’uomo trovato morto a Soverato

È Rocco Leuzzi l’uomo trovato morto stamattina nei pressi del lido San Giovanni. L’ottantunenne, sposato con una donna di Simbario, era originario di Santa Caterina sullo Jonio ed era conosciuto come persona amabile in tutta la zona delle Serre, in particolare nella cittadina della Certosa dove abitano alcuni suoi parenti. Residente a Roma, era proprietario di una casa a Davoli, dove stava passando le vacanze. Il malore lo ha colto al largo della spiaggia del paese jonico, poi la corrente del mare lo ha trascinato esanime fino a Soverato. Padre esemplare, lascia un vuoto incolmabile nei parenti e negli amici che ne hanno conosciuto le qualità umane. La comunità di Simbario, afflitta dal dolore, aspetta di porgergli l’estremo saluto.

L’ultimo saluto a Mitì Pentimalli

La Chiesa Matrice non riesce a contenere il doloroso silenzio di una comunità intera, che non comprende ciò che è successo e che non si dà pace. Che s’interroga sul senso di una vita terrena che comporta sofferenze e turbamenti interiori. Mitì Pentimalli, la ragazza dallo sguardo candido, vola verso un’altra forma di vita, quella eterna, dove va a riabbracciare quegli amori che le sono stati strappati dalla sorte e con cui non ha potuto condividere quel futuro che aveva davanti. Alla celebrazione con cui Serra San Bruno le dà l’addio ci sono un po’ tutti: non solo familiari, amici, conoscenti. C’è chi prima non aveva mai sentito parlare di lei, chi non l’aveva mai vista, eppure ha provato profondo sconforto di fronte alla sua scomparsa. L’omelia di Padre Ciro Spinelli si trasforma in un momento di riflessione in cui ogni parola è intrisa di amarezza. Persino i respiri sono pesanti come macigni, i nodi in gola sono presenti in ogni angolo delle navate. La consapevolezza della straordinarietà di una persona vera esplode con lo scrosciare degli applausi al termine delle righe d’affetto lette da chi ha voluto spendere pubblicamente il suo pensiero. Gli occhi gonfi di lacrime sono inevitabili per chi rimane solo con il ricordo di Mitì. Poi via, ognuno nelle proprie case con l’animo triste e la sensazione di non aver fatto abbastanza per dare un pizzico di colore ad un mondo che ogni giorno ci toglie inesorabilmente una piccola parte di noi.

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