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Auto della Polizia Municipale di Reggio costrette allo stop: manca la benzina

Come se non bastassero i guai legati alla girandola di Comandanti al vertice del Corpo, con ricorsi e vicende giudiziarie annessi e connessi, da circa una settimana gli agenti della Polizia Municipale di Reggio Calabria sono alle prese con un ulteriore problema che rende sempre più difficoltoso il tranquillo espletamento delle delicate funzioni da essi svolte in una città, come poche, bisognosa del servizio predisposto per mitigare il caos imperante per le strade dove l'unica ed ininterrotta colonna sonora a risuonare nelle orecchie è quella dell'incivile spiegamento dei clacson. Negli ultimi giorni, infatti, oltre la metà delle vetture a disposizione dei Vigili Urbani sono ferme perché prive di benzina. Il motivo dello stop forzato è, neanche a dirlo, legato al "vil denaro". Il mancato pagamento delle forniture sta progressivamente obbligando un numero sempre maggiore di automobili a rimanere ferme. Si procede fino all'esaurimento dei rispettivi serbatoi. Servizio a piedi: è questa la soluzione temporanea che è stata già messa in atto in questo frangente. Non il miglior viatico, a dire la verità, per offrire standard di civiltà in una realtà amara in cui si vaneggia di Smart City e Città Metropolitana dimenticando che si è ancorati saldamente ad una distanza siderale dai parametri elementari necessari a considerarla anche solo una City o Città che dir si voglia. Ogni centimetro quadrato  è divorato dalle lamiere che, oltre a provocare l'impazzimento di un traffico che, in proporzione, è superiore a quello di una metropoli, mette in scena rappresentazioni surreali con i veicoli ormai capaci anche di invadere i cassonetti dell'immondizia. Se qualcuno, con arrogante ingenuità, ritiene si tratti di un'immagine eccessiva, è pregato di fare un giro dalle parti di Via Melacrino dove, ad esempio, le automobili parcheggiate davanti ai cassonetti (compresi quelli della differenziata) sistemati di fronte al passo carraio del Comando provinciale dei Carabinieri, impediscono anche solo di avvicinarsi ad essi, se non azzardando manovre circensi degne di miglior fortuna. Un altro degli effetti collaterali prodotti dalla scellerata decisione, obbligata o meno poco importa, di interrompere il "porta a porta" nel centro della città, da rimandare a data da destinarsi. 

I Carabinieri hanno scoperto una piantagione di marijuana

I Carabinieri hanno scoperto una piantagione di marijuana nascosta da una fitta vegetazione e ricavata in un bosco impervio appartenente al Demanio. I militari dell'Arma di Soveria Manennelli hanno rinvenuto a Martirano Lombardo 183 piante abbandonate, alte fra 1,50 e 2,70 metri, altre in fase di essiccazione successiva all'estirpazione e il cui prodotto era orma prossimo ad essere immesso sul mercato. Il fondo era leggermente scosceso e difficilmente accessibile a causa della presenza di diversi burroni.  A parte gli arbusti che saranno utilizzati per gli accertamenti di rito, la parte rimanente è stata subito distrutta. Gli investigatori sono ora impegnati nella individuazione del coltivatore. 

Deriva aeroporto di Reggio Calabria: scalo occupato dai lavoratori

Mentre la politica locale si pavoneggia in uno scontro sterile drogato dall'assenza di prospettive realistiche e dalla solidità di risorse economiche, tutti i nodi, mai sciolti negli anni, relativi alla gestione dell'aeroporto dello Stretto, stanno venendo al pettine. Il combinato disposto tra colpevole incompetenza, clientelismo sfrenato ed irresponsabile assenza di una strategia concretamente perseguibile, hanno creato un effetto esplosivo che quotidianamente fa precipitare lo scalo reggino in una deriva apparentemente inarrestabile. Stamattina è il turno dei dipendenti Sogas e Sogas service che, per protestare contro l'ennesima contraddittoria azione decisa dai vertici della Società di gestione, hanno occupato l'aeroporto "Tito Minniti". Oggetto della manifestazione di plateale dissenso è la decisione di costringere, secondo quanto spiegano gli stessi lavoratori, una dozzina di loro, a siglare una nuova intesa contrattuale, priva di ogni tutela, con la "società subentrante di attività handling", Aviapartner.  In caso contrario, riferiscono, sarebbe scattato il licenziato nei loro confronti. "Questa – rivendicano con determinazione – è l’ennesima operazione poco chiara dell’Amministrazione Porcino che dal 2011, anno del suo insediamento in Aeroporto, procede all’internalizzazione di tutti i servizi giustificando un risparmio di spesa, mentre oggi sperimenta il sistema opposto, ossia l’esternalizzazione dei servizi". L'obiettivo è di proseguire ad oltranza nell'occupazione, al fine di sensibilizzare utenti ed Enti che fanno parte della compagine societaria Sogas. Nel mirino i "gravi fatti che negli ultimi anni avvengono al Tito Minniti senza che gli organi preposti adottino tempestivamente alcun intervento per bloccare la scellerata conduzione dello scalo reggino".

Miserie di Calabria, dove a incatenarsi sono pure i malati oncologici

Esibire i muscoli o dimostrare indifferenza rispetto al diritto alla salute è quanto di più miserabile possa concepire la mente umana. Chiudere nell'opprimente recinto dei calcoli ragionieristici la massima esigenza, individuale e sociale, è un perfido strumento nelle mani di coloro a loro agio nelle stanze asfissianti dei Palazzi del Potere, ma che probabilmente non hanno mai messo piede in quelle in cui si respira, forte, l'odore asettico della sofferenza, fisica e psicologica. La distruzione della Sanità in Calabria affonda le radici nel tempo, ma fin dalle origini (indipendentemente dalle maggioranze che si sono alternate nel governo della Regione) chi ha operato, e continua a farlo con diabolica testardaggine, si è dimostrato incapace di utilizzare con maestria il bisturi, optando per un'ascia, più facile da armeggiare e più efficace quando mancano visioni e strategie ad ampio raggio. Soluzioni drastiche per problemi di enorme complessità dietro i quali si stagliano, in tutte le loro drammatiche fattezze, esseri umani che anelano, con inimmaginabile ardore leonino, la speranza di rivedere la luce in fondo al tunnel. Considerare le proteste accorate dei pazienti un effetto collaterale da tenere ai margini delle decisioni prese con colpo d'accetta rappresenta un imperdonabile sfregio alla dignità dell'uomo. In ballo non ci sono quelli che, sbrigativamente, sono definiti "servizi pubblici essenziali", espressione abusata di cui pure si ignorano le implicazioni concrete. Ad essere messo in discussione è molto di più: è l'incontenibile urgenza di essere considerati uomini e donne pregni di ragioni ed emozioni, multidimensionali e refrattari all'accettazione del semplicistico stigma di malati, involontari "clienti" del supermarket della Sanità. Debellare dal pianeta delle strutture ospedaliere il morbo dell'economicità pseudo efficiente è un dovere morale, prima ancora che politico. Un imperativo umano che schiaccia, con la sua irresistibile forza, qualsivoglia speculazione finanziaria. Da anni si susseguono in Calabria manifestazioni organizzate per ribellarsi alla chiusura di questo quel nosocomio: scarsi, se non inesistenti, gli effetti prodotti, ma guai ad arrendersi. E' con questo spirito che sono scesi in piazza nella giornata di venerdì i pazienti oncologici dell'ospedale "Scillesi d'America", a Scilla. Si sono incatenati all'ingresso dell'edificio, un moto di indignazione che non è figlio dell'emotività. In questa circostanza specifica non si è di fronte solo all'emotività rabbiosa che tracima ed ha necessità di organizzarsi e farsi rappresentazione pubblica. No, le richieste sono accompagnate da ragionamenti concreti, solidi, che poggiano le loro basi sull'efficienza, sì proprio su quello stesso totem venerato dai sedicenti manager che sforbiciano indiscriminatamente procurando ferite storiche agli agnelli sacrificali sull'altare della politica priva di competenza e di una sia pur minima adeguatezza proporzionata alla rilevanza del ruolo. Sono pronti ad occupare le carreggiate dell'A3, disposti a lottare senza cedere di un millimetro perché blindati dalla professionalità di un personale, quello che presta servizio presso il reparto di Oncologia dell'ospedale scillese, che li avrebbe dovuti tenere al riparo dalla soppressione di un servizio tanto soddisfacente quanto primario. La trasformazione in fantomatica Casa della Salute impedirà la prosecuzione dell'esistenza in vita di una Unità che brilla per il suo impeccabile funzionamento. A testimoniarlo non sono le rivendicazioni di medici ed infermieri, ma il grado di sollievo e tranquillità di ciascun paziente si sia rivolto, anche partendo da Reggio Calabria, alla bravura ed all'organizzazione di una Unità che produce risultati, materiali ed immateriali. Benefici ed eccellenze da cancellare con un colpo si spugna per ripiegare sull'ospedale di Melito Porto Salvo, dalla fascia tirrenica a quella jonica, bypassando gli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria. Si blatera da anni di "nuovi ospedali", ma intanto, per allargare ulteriormente la voragine aperta che separa il principio di realtà dagli ottusi obiettivi perseguiti dai "padroni del vapore", occorre sprangare l'esistente ingrossando, così, la sempre più ampia platea di coloro che hanno capito da un pezzo che la Politica, insieme alla longa manus buocratica, hanno assunto le sembianze di un fuscello spazzato dalla tempesta scatenata dal pensiero unico del mercato. 

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