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Gratteri alza il tiro: "Me l'hanno fatta pagare, ora conviene che mi facciano Procuratore"

Fa discutere e certo provocherà reazioni, sia pur non necssariamente plateali e manifeste, la breve intervista che Nicola Gratteri, Procuratore Aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, ha rilasciato a Riccardo Giacoia, della Testata Giornalistica Regionale Rai. Pungolato dalle domande del giornalista, il magistrato originario di Gerace ha risposto fuori dai denti pronunciando parole deflagranti. Ormai prossimo, dopo gli otto anni previsti dalle norme, a chiudere la sua esperienza nell'ufficio reggino, si trova davanti ad un bivio decisivo della sua carriera ed è per questo che abbandona diplomazia e prudenza, due caratteristiche che del resto, per sua stessa ammissione, gli hanno sempre fatto difetto. La sostanza del suo ragionamento è racchiusa già nella primissima parte del colloquio con il cronista: "Sono un rompiscatole,  potrei stare zitto, se io parlassi di meno farei sicuramente più carriera". Un atto d'accusa nei confronti del sistema che regge i fili della politica giudiziaria italiana, quella rete inestricabile che trova nelle correnti interne al Consiglio superiore della magistratura il velo sotto cui nascondere trame ed accordi politici. "Questo costa - ammette Gratteri - crea nemici, crea antipatia". Un'opposizione agli equilibri consolidati che produce effetti nel momento in cui i vertici dell'organizzazione giudiziaria si trovano a dover compiere scelte strategiche: "Te la fanno pagare quando concorri a diventare Procuratore della Repubblica o ministro", dice con tono pacato, ma battagliero. Il riferimento esplicito è alle due diverse importanti cariche alle quali ha ambito negli ultimi due anni. All'atto della costituzione del Governo, Matteo Renzi lo aveva designato titolare del dicastero di via Arenula, salvo uscire, dalla stanza del Quirinale che aveva ospitato il suo incontro con l'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con il nome  di Andrea Orlando. In quelle ore, è il sospetto del magistrato, "molta gente si è mossa per dire che Gratteri non va bene, è pericoloso". Analogo è stato il risultato all'atto di indicare il successore di Giuseppe Pignatone alla guida della Procura della Repubblica di Reggio Calabria: "Sono in magistratura da trent'anni, io penso che non esista una persona che per trent'anni di seguito abbia contrastato la 'ndrangheta". Al suo posto fu spedito da Napoli in riva allo Stretto Federico Cafiero De Raho, allora Procuratore Aggiunto alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. "Bravissimo, ma certo non conosce la 'ndrangheta come la conosco io". Il futuro prossimo agli occhi di Gratteri presenta linee dai contorni ben definiti: "L'anno prossimo, se rimango a Reggio Calabria, torno a fare Procura ordinaria, altrimenti dovrò andar via". Occuparsi di "bagattelle" come i "balconi abusivi" o proseguire altrove: tertium non datur e questa volta il magistrato non intende uscire con le ossa rotte. "Conviene che mi affidino una Procura - alza il tiro - perché altrimenti se la dovranno vedere con le migliaia di persone che mi vogliono bene". 

Monta l'opposizione all'amministrazione Falcomatà: Reggio scende in piazza per "la spallata"

Era nell'aria, in fondo era sufficiente annusare l'aria che tira in città da qualche mese a questa parte per intuire il malcontento che ormai fatica a rimanere sotto la cenere pretendendo, al contrario, di manifestarsi in modo plateale, per non  lasciar dubbi a temporeggiamenti equivoci. Lo avevamo scritto poco meno di due settimane fa: un numero crescente di cittadini, molti dei quali convinti assertori della necessità della Svolta, sono stati assaliti nel tempo da una profonda delusione, accompagnata da disincanto e disillusione, a causa di una navigazione a vista, incerta e confusa da parte di un timoniere che, in troppe circostanze, ha dovuto maldestramente tentare di disincagliarsi dagli scogli sui quali la barca, malmessa e dotata di un equipaggio raffazzonato alla buona, era andata a sbattere per impreparazione ed inadeguatezza disarmante. Una situazione di fronte alla quale coloro che ne stanno ravvisando la pericolosità hanno scelto la strada della mobilitazione finalizzata ad accendere la scintilla in grado di scuotere dalle fondamenta Palazzo San Giorgio. Ed è così che, casualmente, seguendo pensieri e parole, ci si è imbattuti in una pagina Facebook aperta per canalizzare e programmare, in modo ordinato e concreto, l'opposizione alle gesta dell'Amministrazione Falcomatà. L'obiettivo è ambizioso: dare una spallata robusta partendo dal basso, o forse sarebbe meglio dire dall'alto, dell'opinione pubblica e coinvolgere rappresentanti istituzionali, movimenti e partiti di centrodestra. Interpellando gli organizzatori della manifestazione che a breve sarà organizzata, la sensazione, forte, è che nessuno sia più disposto ad assistere inerme alla prosecuzione della serie ininterrotta di scivoloni in cui sono incappati i rappresentanti della maggioranza comunale. Le vicende, che hanno tormentato i dieci mesi trascorsi dall'insediamento in Municipio e per nessuna delle quali è stata fornita adeguata giustificazione, politica ed amministrativa, costituiscono il detonatore di una delusione che abbraccia fette sempre più ampie di cittadini. Prima o dopo sarebbe dovuto accadere e quel momento è arrivato, esplicitando la richiesta di dimissioni della Giunta Falcomatà per "manifesta incapacità politica", come si legge sulla bacheca della pagina Facebook che prepara all'evento. Dalle oscure ambiguità che hanno circondato il caso Miramare, ai rubinetti anemici di acqua nel cuore dell'estate senza che qualcuno si sia sentito in dovere di scusarsi per il disagio indegno di una città anche solo mediamente civile; dalle polemiche sorte per la presenza di uno staff "informale" ed il cui destino è tuttora avvolto nelle nebbie dell'incertezza, al sequestro dei gazebo, avventato per modalità e tempistica come ha messo nero su bianco il TAR prima ancora di decidere nel merito della controversia; dalle decine di milioni di euro di cui in una conferenza stampa convocata ad hoc è stato annunciato l'arrivo grazie ad un regalo del "governo amico", dimenticando incidentalmente di precisare che trattavasi di una somma complessiva da frazionare tra tutte le Amministrazioni dotate di determinati requisiti. L'elenco delle doglianze, anche nella sua mera esposizione, merita una tregua perché troppo lungo. Dopo aver preso fiato, infatti, si può "tranquillamente" procedere ricordando la recente defenestrazione del Comandante della Polizia Municipale, Rocco Romeo, prima fortemente voluto e poi, al momento della scadenza semestrale abbandonato per una non meglio comprensibile e specificata "assenza di feeling politico". A proposito della gestione, delicatissima in una città come Reggio Calabria, del Corpo dei Vigili Urbani, peraltro, sono di questi giorni le contestazioni in punto di diritto, mosse dalle organizzazioni sindacali in merito alle scelte adottate. O ancora, la conduzione, anch'essa circondata da misteri nebulosi, del caso Reggina, un pezzo importante di storia sistemato in soffitta, al pari di quelle inutili cianfrusaglie che ingombrano una casa; la frattura, esplicitata in modo fragoroso dalla durissime parole dell'Arcivescovo Monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, con la Chiesa reggina a causa dell'adozione di provvedimenti che mal si conciliano con le reali urgenze e necessità di un popolo sfiancato dalla crisi economica. Impossibile tralasciare nemmeno la scarsa attenzione nella gestione dei fondi europei, un errore imperdonabile che ha fatto perdere a Reggio Calabria milioni di euro indispensabili per accrescerne il livello di qualità ambientale. Una sfilza, che appare interminabile, di mosse sbagliate, di passi arrischiati e di valutazioni superficiali: troppo, per gli ideatori dell'iniziativa che abbraccerà associazioni sorte spontaneamente e movimenti civici, forze politiche e movimenti popolari: tutti spinti dall'ansia morale di interrompere la deriva.  

Decreto Polizia Municipale, sollevazione Cisl FP: "Falcomatà lo revochi immediatamente"

Le recenti decisioni assunte dal sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, a proposito della gestione del Corpo della Polizia Municipale non vanno giù alla Cisl Funzione Pubblica che ha prontamente deciso di passare all'azione. I rappresentanti dell'organizzazione sindacale, infatti, con una missiva inoltrata al Primo Cittadino, al Segretario Generale Giovanna Acquaviva, alla dirigente del Settore Affari Generali, Loredana Pace, al dirigente del Settore Avvocatura Civica, Fedora Squillaci ed al Prefetto Claudio Sammartino, chiedono l'immediata revoca del decreto con cui il sindaco ha "attribuito le funzioni di dirigente del settore di Polizia Municipale al Segretario Generale Dr.ssa Giovanna Antonia Acquaviva per lo svolgimento dei compiti di cui all'art.107 del D.lgs 267/2000 (T.U.E.L. e quelle di coordinamento del Corpo, della vigilanza sullo svolgimento dei servizi e sull'adempimento delle direttive sindacali al Vice Comandante, Dr. Luigi Nigero ". E' ciò che si legge nel documento, a firma del Segretario Generale Cisl Funzione Pubblica, Luciana Giordano, affisso sulla bacheca della sede del Corpo. Le ragioni dell'opposizione manifestata dal sindacato al provvedimento adottato da Falcomatà risiede nella circostanza che esso: "si pone, per molti aspetti, in aperto contrasto, con la vigente normativa in materia di pubblico impiego e con la giurisprudenza consolidatasi presso le più alte giurisdizioni amministrative". La Cisl FP, per meglio spiegare la propria ferma posizione, scende nel dettaglio e precisa: "In particolare, l'attribuzione dei compiti tipici di Comandante al Vice Comandante viola le prerogative degli altri responsabili di Servizio e sono in contrasto con le norme di legge che non prevedono la figura della Vice Dirigenza, così come peraltro espresso molto bene nel decreto a firma dello stesso Sindaco con il quale sono state attribuite temporaneamente le funzioni di Dirigente ad interim alla Dott.ssa Maria Luisa Spanò". Le motivazioni, alla base della contestazione avanzata dal sindacato, tuttavia, non si arrestano con quanto sopra citato. Infatti, come specificato, "il Sindaco, con il decreto in argomento, nella parte in cui ha effettuato la scissione tra compiti dirigenziali (nel Comune di Reggio Calabria di competenza della figura di Comandante/Dirigente) e responsabilità delle funzioni di polizia ha effettuato una riorganizzazione del Corpo, modificandone l'assetto macro strutturale in modo non conforme alle previsioni dell'attuale Regolamento di Organizzazione degli Uffici e dei Servizi e del vigente Regolamento del Corpo, con ciò compiendo atti che per legge sono di spettanza di altro organo dell'Ente (rectius: Giunta Comunale)". La Cisl FP, per avvalorare la tesi dell'illegittimità del decreto, aggiunge che: "Senza entrare nel merito di altri, pur evidenti, profili di illogicità che sostengono l'impianto motivazionale dell'atto, segnala che il decreto adottato si pone in evidente contrasto con la recente normativa di cui al decreto legge 19 giugno 2015, n.78, coordinato con la legge di conversione 6 agosto 2015, n.125 'Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali' e, segnatamente, con l'articolo 5 comma 6, che ha introdotto il divieto di reclutare personale addetto al servizio di polizia municipale con qualsivoglia tipologia contrattuale, prevedendo la sanzione di nullità per gli atti adottati in elusione della norma stessa". "Pertanto - puntualizza l'organizzazione sindacale - anche il paventato ricorso alla procedura di cui all'art.145 del T.U.E.L., alla luce della sopravvenuta normativa di riordino, appare non attuabile". La conclusione dell'istanza presentata dalla CISL FP non lascia margini di trattativa. Sollecitando "al Sig. Sindaco l'immediata revoca del decreto", si evidenzia "la nullità assoluta" dell'atto e la contestuale necessità di adottare gli "atti obbligatori previsti per legge a tutela dei diritti dei lavoratori appartenenti alla Polizia Municipale ed al fine di evitare inutili quanto dispendiosi contenziosi a causa degli atti eventualmente adottati".

L'Arcivescovo Morosini non assolve Falcomatà: "Incompatibili festeggiamenti religiosi e registro delle unioni civili"

Sono ammonimenti che non ammettono repliche, una reprimenda che soffoca qualsiasi giustificazione si tenti di abbozzare: Monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, Arcivescovo dell'Arcidiocesi di Reggio-Bova, ha utilizzato lo strumento del videomessaggio per stigmatizzare con la forza che gli deriva dalla fede l'ambiguità e l'ipocrisia imperanti nel tessuto sociale e, in particolare, nella città capoluogo. L'avvio dei festeggiamenti in onore della Madonna della Consolazione è stato considerato, dall'alto prelato, il momento più propizio per togliersi i sassolini accumulatisi nelle scarpe in questi mesi. Il senso delle frasi del Monsignore non lasciano spiraglio alcuno ad interpretazioni ambigue: "In tempi in cui noi assistiamo ad una secolarizzazione e scristianizzazione galoppante, ha senso festeggiare un patronato religioso? Ha senso celebrare il santo patrono in uno stato, in una città che ormai si va sempre più organizzando in una maniera laica, diciamolo pure, in maniera scristianizzata?" Domande retoriche a cui nessuno, in buona fede, può rispondere senza rischiare di incappare nella buccia di banana della menzogna. L'Arcivescovo, proprio perché chiunque intenda, mette i piedi nel piatto e, sfrondando il pensiero da ogni elemento di debole fronzolo, alza il velo: "Che senso ha che una città, che si vuole organizzare in una maniera laica, festeggi le ricorrenze religiose se poi fa leggi che sono contrarie alla Chiesa? Che senso ha il patronato religioso con il registro delle unioni civili? Che senso ha il patronato della Madonna con la visione della famiglia che oggi sta prendendo piede e con la cultura gender? Cosa ha che fare con la corruzione e la ndrangheta che esistono dappertutto".

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