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#Calabrosiculistatesereni: il Ponte mai si farà

Ci risiamo, come un fiume carsico la querelle sulla realizzazione del Ponte sullo Stretto, che affonda le radici nello scorso millennio, torna a riaffiorare nel dibattito pubblico scatenando, senza un barlume di raziocinio, le opposte fazioni che occupano "militarmente" i due lati della barricata. Si guardano in cagnesco, non si confrontano fra loro ed è sufficiente una miccia qualsiasi, anche una frase buttata lì dal presidente del Consiglio Matteo Renzi nel corso di una banale conversazione con Bruno Vespa, per far deflagrare ancora l'ordigno della polemica sterile e schiacciata sotto l'insostenibile peso delle velleità. Perché sterili e velleitarie, prima di tutto, sono le parole pronunciate dal premier che non ha annunciato per domani, e nemmeno per dopodomani, l'avvio dei lavori per la costruzione della monumentale opera di collegamento fra la Sicilia ed il "Continente", ma si è limitato a dire che: "Prima di discuterne sistemiamo l’acqua di Messina, i depuratori e le bonifiche. Poi faremo anche il ponte, portando l’alta velocità finalmente anche in Sicilia e investendo su Reggio Calabria, che è una città chiave per il sud. Dall’altra parte dobbiamo finire la Salerno-Reggio Calabria. Quando avremo chiuso questi dossier sarà evidente che la storia, la tecnologia, l’ingegneria andranno nella direzione del ponte, che diventerà un altro bellissimo simbolo dell’Italia". Nulla di più, nulla di meno che un sacrificio immolato sull'altare delle buone intenzioni: niente che abbia il crisma della concretezza, nulla che si avvicini lontanamente ad una seria programmazione. Eppure, l'inferno del vociare confuso di chi si oppone e di coloro che, al contrario, considerano il Ponte la panacea buona per curare tutte le ataviche sofferenze di Calabria e Sicilia, si leva alto. Una colonna sonora all'insegna della demagogia, suonata e cantata da dilettanti da strapazzo: in queste ore non un solo esperto che abbia aperto bocca ed a buon motivo, aggiungiamo, perché, come capita molto spesso, anche in questo non ci sono i requisiti minimi della notizia, ma una dichiarazione estemporanea di Renzi che, quanto a boutade, sembra solo desideroso di raggiungere nel più breve tempo possibile il record di Silvio Berlusconi, non per niente uno che di annunci roboanti, e tali sono rimasti, ne ha distribuiti a iosa negli anni in cui ha governato gli italiani. A parziale giustificazione dell'attuale inquilino di Palazzo Chigi, tuttavia, c'è l'oggettiva assenza di una promessa propriamente detta da parte sua. Ha scelto di frenare la sua impetuosa irruenza fotografando (parzialmente) l'esistente, costituito, in questo preciso momento storico, dalla indecente assenza di acqua che sgorga dai rubinetti di Messina e Reggio Calabria, l'isolamento inaccettabile delle aree interne delle due regioni a causa dell''inesistenza di collegamenti infrastrutturali degni di uno Stato civile, un aeroporto, quello di Reggio Calabria, beffardamente denominato dello Stretto e tuttavia cronicamente incapace di attrarre l'utenza messinese, appeso ad un filo e con un ridicolo numero di voli quotidiani. Intere generazioni, d'alta parte, sono cresciute con il mito negativo dei lavori sull'A3, ed è preferibile non accanirsi oltre ricordando la condizione pietosa della linea ferroviaria da Salerno in giù. Questi esempi sono soltanto i più eclatanti, come ben sanno le popolazioni che si ostinano a nascere crescere e morire a cavallo di Scilla e Cariddi. Ma il presidente del Consiglio, è notoriamente un professionista della politica che si muove seguendo la stella polare del cerchiobottismo  e, quindi, certo, il Ponte si farà, ma prima dovrà essere assegnata una quota parte di servizi minimi essenziali perché è di questo che si tratta quando si parla di erogazione idrica o trasporti. E allora sognare l'Italia corazzata con un futuro avveniristico rimanendo incastrati nel giogo di un presente imbarazzante per i canoni  standard occidentali è un esercizio retorico a costo zero, stiano sereni tutti, gli ultrà del "No Ponte" ed i fanatici del "bellissimo simbolo dell'Italia", perché ad unire le due sponde continuerà a provvedere il lento e sporadico transito di aliscafi e ferry boat, ormai circondati dal mito al pari dell'onirica esecuzione di una struttura chiusa a tripla mandata nello sgabuzzino dei voli pindarici.

Arsenale di armi ed esplosivo in giardino: arrestato 67enne

Un uomo di 67 anni è stato tratto in arresto dai Carabinieri. Perquisendo il giardino di una villa che si trova in località Alfieri, nei pressi di Capo Colonna, i militari dell'Arma della Compagnia di Crotone hanno rinvenuto ventiquattro detonatori, materiale esplosivo, pezzi di armi varie e bombe, micce a lenta combustione. Oltre che per la detenzione di tutto ciò, è accusato anche di ricettazione. Il sessantasettenne già in passato era finito nel mirino degli investigatori. Particolarmente prezioso si è rivelato il supporto fornito dal pastore tedesco, Willy, tre anni, impiegato dall'Unità cinofila del Gruppo Operativo Calabria (GOC) di Vibo Valentia. 

Riduzione portata idrica, esposto di Ferrara (M5S) contro le "violazioni di Sorical"

Continua la battaglia del Movimento 5 Stelle contro la riduzione della portata idrica da parte di Sorical nei confronti dei Comuni morosi.  Con un esposto all'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico Laura Ferrara, eurodeputata del Movimento 5 Stelle, denuncia le molteplici anomalie nella gestione della fornitura idrica. La segnalazione della Portavoce calabrese è articolata seguendo il filone di tre motivazioni. In primo luogo, si legge, "la Sorical gestisce l'acqua come un prodotto commerciale al pari degli altri. La società, infatti, dichiara che la riduzione idrica ha anche «lo scopo di ridurre i costi di gestione», la Ferrara sottolinea che Sorical "disconosce il delicato compito affidatole ovvero che l'acqua, come chiarisce la direttiva quadro Ue, «va riconosciuta come bene pubblico e valore fondamentale per tutti i cittadini Ue e non come merce». "Sorical – aggiunge la Ferrara - è beneficiario di finanziamenti europei, così come riportato sul sito dell'azienda, contributi comunitari erogati per opere di ampliamento e risanamento, così da migliorare sia la qualità che l'accesso fisico ai servizi idrici. In particolare, i fondi erano finalizzati ad aiutare le società in difficoltà così da estendere la copertura idrica anche ai segmenti di popolazione più povera". "Al contempo - rincara la dose l'europarlamentare pentastellata - Sorical si erge ad ente moralizzatore, avocando a sé funzioni di sensibilizzazione mai delegategli da alcuno, rivolgendole in maniera coercitiva ed umiliante anche nei confronti dei cittadini che pagano regolarmente la bolletta dell'acqua, nel maldestro tentativo dichiarato di provocare un'indignazione nei confronti dei debitori additati spregevolmente dalla Sorical come chi si crede più furbo. Il comportamento della Sorical è in netta violazione, se non in spregio, ai principi ed agli orientamenti oramai consolidati nelle massime istituzioni europee e in violazione dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione". La Ferrara inoltre denuncia "la scarsa trasparenza delle informazioni in ordine alla riduzione della portata idrica, non compaiono né nelle diffide inviate tanto meno sul sito – conclude la Ferrara – le modalità con cui verrà (se verrà) assicurato il servizio alle strutture sanitarie pubbliche, alle scuole, alle forze dell'ordine ed ai vigili del fuoco, ai fini di non compromettere servizi costituzionalmente garantiti. L’accesso all’acqua dovrebbe essere pubblico e per tutti così come confermato dal referendum del 2011. 27 milioni di italiani, votarono per l'abrogazione di qualsiasi norma che affidava la gestione dell’acqua ai privati. In Calabria non solo il volere dei cittadini è rimasto inascoltato, ma si permette ad una società in liquidazione di fare il buono e cattivo tempo con un diritto fondamentale come quello dell'accesso all'acqua".

Tensione in Forza Italia: le ambizioni di Caridi sbattono contro il muro reggino

Come un elefante in un negozio di cristalli: è questa l'immagine che si accompagna alla volontà, manifestata da Antonio Caridi, di fare ingresso in Forza Italia. Il senatore, attualmente iscritto al Gruppo di Palazzo Madama denominato Grandi Autonomie Locali, è ormai da tempo ansioso di ritornare alla corte di Silvio Berlusconi. Una tappa ulteriore nel suo giro delle "sette chiese" della politica italiana. Il recinto nel quale si è mosso fin dagli albori della sua carriera, per amore di verità, è stato sempre quello del centrodestra. In questo caso non ci troviamo davanti ad un voltagabbana professionista saltellante fra i due schieramenti. Non è, come si dice, uno dei tanti che si premurano di soccorrere i vincitori, ma rimane inossidabile il dato che, iniziato alle competizioni elettorali dall'UDC, si è successivamente accomodato sulle solide e spaziose poltrone del PdL per poi fuggirne, affascinato come tanti big calabresi, dal sogno alfaniano di dar vita ad un Nuovo Centrodestra. Un'idea ben presto tramutatasi in miraggio dal quale Caridi è fuggito rapidamente preferendo ritagliarsi uno spazio autonomo nel limbo di GAL. Un vestito che, però, ad uno schiacciasassi del voto, ad una ruspa del consenso come lui, va stretto, troppo stretto. Quale migliore occasione, allora, del caos sovrano che regna da tempo in Forza Italia, a Roma ed in Calabria, per andare alla conquista di una dimensione più consona alle proprie ambizioni? Perché, prima o dopo, che sia nel 2017 o alla scadenza naturale della legislatura, dovranno pur essere richiamati alle urne gli italiani per rinnovare la Camera dei Deputati. E, vista la nascita del Senato non elettivo, il perimetro in cui sgomitare per rimanere a galla si fa sempre più affollato e guadagnare per tempo posizioni vantaggiose è necessario, al pari della tessitura di rapporti sul territorio di appartenenza e, se del caso, frantumare gli equilibri esistenti. E' a questo punto del piano che gli obiettivi "romani" si intrecciano con le dinamiche locali, regionali e, nello specifico, reggine. Le difficoltà a tenere in mano il timone da parte di Jole Santelli, Coordinatore calabrese di Forza Italia, non sono un segreto: mal di pancia che si allargano dal Pollino allo Stretto, messi in silenzio soltanto al prezzo di soddisfare gli appetiti dei colonnelli sparsi per le varie province. Scelte che, inevitabilmente, finiscono, però, per privilegiare qualcuno facendo imbufalire altri. Una guerra di nervi, senza esclusione di colpi: il bottino è la primazia nel proprio giardino, auspicato trampolino di lancio da costruire con pazienza per essere catapultati nel ventre molle della Capitale. A Catanzaro, Cosenza e Vibo, Santelli ha provato a metterci una pezza, ma non ha nessuna certezza che il suo tentativo di salvare il salvabile sia andato a buon fine. Ancor più intricata la matassa a Reggio Calabria, naturale terreno di caccia per Caridi e, proprio per questo motivo, più sensibile a consistenti smottamenti in caso di reale concretizzazione del suo transito in casa "azzurra". Nella città dello Stretto, le redini sono nelle mani di Alessandro Nicolò, non uno qualunque, ma il capogruppo del partito in Consiglio regionale. In queste settimane Caridi nasconde le sue reali intenzioni sparando alto con la pretesa di farsi affidare il ruolo ricoperto dalla Santelli, ma puntando con decisione al suo reale obiettivo: il coordinamento provinciale reggino. Non c'è bisogno di raffinate analisi politologiche per capire che spalancare le porte ad un inquilino ingombrante come Caridi creerebbe pericolose scosse telluriche, non solo sull'assetto interno, ma, per esempio, anche sulla fisionomia del Gruppo consiliare di Palazzo San Giorgio. Ed è proprio sull'Aula del Municipio che si sono concentrati gli appetiti del senatore, impegnato in queste settimane a far mancare il terreno sotto i piedi a Nicolò. Quattro sono gli eletti di Forza Italia e due di loro vantano un solido legame con il consigliere regionale: Demetrio Marino, il capogruppo, ed Antonio Pizzimenti.  Diverse le posizioni di Mary Caracciolo e, soprattutto, di Massimo Ripepi. La prima, secondo quanto si mormora, sarebbe finita recentemente sotto l'ala protettiva di Caridi, defilandosi dalla schiera dei "nicoliani". Ancor più marcato e netto, come noto, il dissenso, manifestato anche platealmente, da Ripepi che non ha avuto remore nello sfiduciare pubblicamente il capogruppo Marino. Una mossa funzionale a spianare la strada a Caridi, togliendo di mezzo l'ostacolo rappresentato da Marino, ma che rischia di essere una velleitaria prova di forza. In realtà l'operazione, che ambirebbe a scalzare Nicolò dal ruolo di leader reggino di Forza Italia, si compone di passaggi più complessi e che, pure essi, difettano di qualcosa che in politica pesa parecchio: i numeri. Il disegno, di cui si parla nei corridoi di Palazzo San Giorgio, prevede il trasferimento dei tre consiglieri di Reggio Futura (creatura che fa capo all'ex presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti), e, probabilmente, anche di Luigi Dattola (Ncd), ai banchi riservati a Forza Italia. Uno scenario che, nella mente di chi lo ha concepito a tavolino, è monco, come sottolineato in precedenza, di un duro confronto con la realtà dei fatti: perché l'adesione ad un Gruppo sia ratificata occorre, infatti, l'accettazione da parte della maggioranza dei componenti. Ed anche considerando l'accordo espresso da Caracciolo e Ripepi, resterebbe da superare il muro eretto da Marino e Pizzimenti per impedire l'invasione dello "straniero". Una situazione di perfetta parità che sarebbe superata, come da regolamento, dalla decisione del capogruppo, pronto ad alzare il ponte levatoio del castello sotto assedio. Il guanto di sfida lanciato finirebbe, pertanto, nel mare delle intenzioni fantasiose, nel ricco oceano dei "vorrei ma non posso" in cui l'unico a non avere la ciambella di salvataggio sarebbe Ripepi che, non avendo neanche sottoscritto la tessera di Forza Italia, finirebbe per essere estromesso dal gruppo. Una matassa ingarbugliata che soltanto l'intelligenza e la lucidità di tutti i protagonisti in campo potranno dipanare nelle prossime settimane, verosimilmente destinate ad arricchire con ulteriori capitoli un romanzo ancora tutto da scrivere.

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