Presunte infiltrazioni mafiose, l’amministrazione di Ciró vince il ricorso
“Giustizia è ora fatta sul serio. Viene, infatti, smantellato e destituito finalmente di ogni fondamento, giuridico ed etico, quello che per troppo tempo si è dimostrato essere né più né meno che un vergognoso teorema costruito ad esclusivo danno dell'immagine, della dignità e della onorabilità degli amministratori e di tutta la comunità di Cirò e del territorio. Per oltre un anno e mezzo il nome di questa città ricca di identità, cultura, enogastronomia e culla di protagonisti della scienza e della storia universale, come Lilio e Lacinio, é stato forzatamente associato a quanto di più negativo si possa dire di un paese e di una popolazione. Cirò non è terra di mafia, ma simbolo eloquente di come classi dirigenti e cittadinanze illuminate meridionali possono invertire, attraverso la cultura, la legalità e l'investimento nel patrimonio identitario, quello che appare spesso, ma non è, un destino nefasto. Lo Stato ha offeso la nostra comunità e la Calabria. Siamo stati denigrati fino alla fine. L'impegno mio e della maggioranza, per il ristabilimento della verità in tutte le sedi giudiziarie, giunge adesso al termine. Nei prossimi giorni deciderò se dimettermi o meno dalla carica di sindaco per esprimere la massima protesta possibile nei confronti di istituzioni nazionali che adesso dovrebbero soltanto chiedere scusa ai cirotani ed alla Calabria”. È quanto ha dichiarato Mario Caruso, sindaco di Cirò, preso atto della definitiva sentenza con la quale la III Sezione del Consiglio di Stato ha respinto il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell'Interno contro il Comune di Cirò per la riforma della sentenza della I Sezione del Tar Lazio che, dando ragione agli amministratori, aveva nei mesi scorsi di fatto reinsediato il consiglio comunale ed il primo cittadino, dopo lo scioglimento dell'ente per condizionamento mafioso nell'autunno del 2013. Gli amministratori, il sindaco Mario Caruso, il vicesindaco Francesco Paletta, gli assessori Mario Romano e Giuseppe Mazziotti, i consiglieri Francesco De Fine e Francesco Durante erano rappresentati e difesi dagli avvocati Antonio Senatore e Francesco Gaetano Scoca. “Quella di oggi – ha aggiunto - è la vittoria di tutti i cirotani e di tutti i calabresi onesti. Finisce alla luce del sole e nella riaffermazione della trasparenza che ha sempre contraddistinto tutta la nostra azione politica ed amministrativa una stagione di fango nella quale forse è stata fatta qualche carriera ma a causa della quale è stato bruscamente e volutamente interrotto quel buon governo democratico locale ispirato alla rinascita culturale di tutto il cirotano, messo in piedi in questi anni con caparbietà e grande senso di responsabilità dal nostro esecutivo insieme alla gente che ha creduto in noi e nella nostra onestà fino alla fine. Quanti, dietro le quinte, hanno pensato, agito, tramato o anche solo sperato che la giornata e la pronuncia storica di oggi non avessero mai dovuto vedere la luce - ha sottolineato Caruso - non soltanto dovranno ricredersi e cambiare progetti personali ma farebbero bene a recitare, in intimità, un doveroso mea culpa per aver piegato, direttamente o indirettamente, la dignità di tutto un territorio e della sua storia alle conseguenze deleterie di iniziative ispirate da interessi ignoti e sicuramente non generali. Lo Stato, accanitosi fino all'ultimo ricorso contro la sentenza del Tar che nei mesi scorsi aveva già platealmente ammesso il grave errore di valutazione commesso con lo scioglimento del nostro comune, dovrebbe adesso solo chiederci scusa. In ogni caso – ha precisato il sindaco di Cirò - quanto accaduto dovrebbe indurre a riflettere d'ora in avanti più seriamente sulla gravità degli effetti che, in assenza di adeguata valutazione, simili sciagurate disavventure giudiziarie possono arrecare moralmente ai territori ed economicamente in termini di evidente spreco nazionale di risorse di cui, probabilmente, come sempre, nessuno risponderà. Ringrazio – ha concluso Caruso - tutti quanti ci sono stati vicini fino ad oggi, contribuendo a tenere accesa in noi la purtroppo debole speranza nella giustizia di questo Paese”.
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