"Il governo Renzi e il ministro Lorenzin dimostrino con i fatti che la Calabria non è per loro soltanto una lontana colonia alla quale sottrarre risorse, tentando di rabbonire la popolazione con le promesse elargite nelle passeggiate elettorali: si chiuda immediatamente l’esperienza del commissariamento della sanità, restituendo al governo regionale l’onere e la responsabilità delle scelte, anziché continuare fornire i comodi alibi su cui si è adagiato, e soprattutto si ponga fine ad un Piano di rientro ingiusto e dannoso per i cittadini calabresi". E’ quanto afferma la vice coordinatrice regionale di Forza Italia Wanda Ferro, condividendo in pieno le osservazioni avanzate anche dall’associazione dei medici di famiglia Mediass. “Il Governo nazionale sottofinanzia il fabbisogno dei malati calabresi – osserva Wanda Ferro – in quanto attraverso la conferenza Stato-regioni la ripartizione dei fondi sanitari avviene con il criterio della 'popolazione pesata', che dà meno risorse alle regioni che, come la Calabria, hanno ancora una percentuale di giovani maggiore che nel resto d’Italia. Una penalizzazione che la Calabria subisce da ben 16 anni, da quando nel 1999 è stato introdotto il calcolo della popolazione pesata per il riparto dei fondi sanitari alle regioni. Da un paio di anni, inoltre, i fondi vengono ripartiti anche in base ai costi standard che continuano a penalizzare la Calabria. Senza contare che la Calabria ha più comorbilità e più malati cronici della media italiana rispetto alle malattie più diffuse, con un inevitabile aumento della spesa sanitaria. Tutti dati di cui sono a conoscenza sia il Dipartimento regionale Salute che l’Ufficio del commissario, essendo contenuti, oltre che in una serie di indagini statistiche, nei dati Istat e nel rapporto sanità ‘Crea’ al Parlamento, anche nel Decreto commissariale 103 del 2015, controfirmato dal commissario Scura, dal sub-commissario Urbani, e dal dirigente generale del Dipartimento regionale regionale Fatarella". "Un piano di rientro – continua Wanda Ferro – che penalizza i malati calabresi, anche perché impone pesanti compartecipazioni e quindi costi per curarsi molto più alti rispetto al resto del Paese. Ciò costringe molti calabresi a non curarsi per motivi economici, a fare meno visite specialistiche ed esami nonostante l’elevato numero di malattie croniche. Ciò innesca un terribile circolo vizioso, perché le malattie croniche si aggravano e vengono curate nei centri di eccellenza fuori regione, con costi enormi e gravi disagi per le famiglie, e con ulteriori spese, per circa 300 milioni di euro all’anno, che finiscono nelle casse delle regioni del centro-nord e aggravano il disavanzo sanitario della Calabria, rendendo ancora più stringente il piano di rientro e costringendo la Regione a diminuire la spesa pro capite in sanità, che è tra le più basse d’Italia, con l’impossibilità di garantire i livelli essenziali di assistenza”. “E’ evidente la necessità di finanziare i fabbisogni regionali in base al numero di malattie, e non sul criterio demografico, oltre che di favorire la razionalizzazione dell’intero sistema, con il potenziamento e il sostegno alle cure sanitarie territoriali – con particolare attenzione alle fasce più fragili e disagiate, come disabili e anziani – che serva soprattutto a curare i malati cronici e a prevenire le riacutizzazioni e le conseguenti ospedalizzazioni, e con la creazione di centri di eccellenza in Calabria che consentano di contrastare realmente l’emigrazione sanitaria".