Reggini come nel deserto: anche per loro l'acqua è un miraggio
E' il Terzo Mondo, ci perdonino i lettori per l'utilizzo di un'espressione fin troppo abusata quando si tratta di descrivere le condizioni inqualificabili in cui versano i servizi in Calabria, ma continua ad essere quella che meglio rende l'idea dello stato pietoso patito a causa dell'incapacità endemica della classe politica e per l'irresponsabile indolenza dell'opinione pubblica. Un caso paradigmatico è costituito dalla cronica assenza di acqua che sgorga dai rubinetti, soprattutto nella stagione estiva. In paesi e città della nostra regione un problema di gravità abnorme per il quale la popolazione avrebbe dovuto, già nei decenni scorsi, mollare tutto, paralizzare la quotidianità di un qualsiasi centro sottomesso a questo dramma e protestare platealmente contro i responsabili. Eventi che si sarebbe dovuto susseguire in un mondo perfetto, ma non in Calabria, dove, invece, si preferisce l'inchino riverente al culto dello sterile lamento. Un esercizio da ripetere prostrandosi servilmente, davanti all'incompetente amministratore pubblico, artefice massimo della sua sofferenza. Prendete ad esempio Reggio Calabria, luogo più popoloso della regione: in centro come in periferia, i rubinetti sono a secco, in alcune zone anche per l'intera giornata. Una saggia e responsabile conduzione della cosa pubblica avrebbe obbligato gli amministratori a porre la questione come priorità assoluta perché la presenza, o meno, del prezioso liquido, costituisce la testimonianza più fedele, per tutto quello che esso implica anche in termini simbolici, del grado di civiltà di una comunità. Il combinato disposto fra mancata erogazione idrica e strade insozzate da rifiuti di ogni genere crea un effetto esplosivo per chiunque abbia, anche solo per una volta nella vita, provato ad avventurarsi nelle lande "lontane" raggiunte dalla civiltà. Eppure, l'unico effetto prodotto da una situazione simile, che non ha alcuna giustificazione che tenga, è la deflagrazione sui social network di una guerra fra poveri, proprio come accade nei succitati Paesi africani. Gli abitanti delle aree periferiche imputano a quelli che risiedono nel cuore di Reggio di essersi sempre disinteressati al dramma che essi vivono da tempo immemorabile, salvo accorgersi di cosa significhi essere costretti a vivere senz'acqua soltanto quando l'interruzione del flusso idrico ha cominciato a riguardare anche le abitazioni del centro storico. A nulla valgono le repliche dei "nuovi sofferenti" che rispondono sostenendo, legittimamente, che, se la sensibilizzazione popolare in merito alla immane criticità di cui è vittima la popolazione, fosse stata avviata in illo tempore, magari oggi, nel 2015, la massa di persone rese schiave dall'invisibilità dell'acqua non si sarebbe infoltita così tanto. E' superfluo sottolineare che soltanto in circostanze sporadiche l'Amministrazione ritiene opportuno avvisare la cittadinanza della "improvvisa" presenza dei cosiddetti disservizi idrici, ma, del resto, vista la frequenza quotidiana, quale sarebbe la comunicazione da inoltrare alla popolazione? Qualche volta può capitare che, trascorse diverse ore dal momento in cui si è registrato un fantomatico guasto o comunque sia stata bloccata l'erogazione idrica, qualcuno si svegli dal torpore e verghi una frasetta di circostanza per annunciare ciò che, purtroppo sulla propria pelle, è già noto. Eppure, all'alba dell'Amministrazione Falcomatà era sembrato che la speranza di non essere trattati da sudditi potesse essere alimentata da un approccio in grado di porsi in sintonia con i tormenti della cittadinanza. in realtà un servizio così importante per il benessere di una comunità continua ad essere sacrificato sull'altare della superficialità e dell'indifferenza,ed un bene fondamentale diventa un miraggio di cui poter godere a singhiozzo. Non è decoroso che migliaia di persone nel terzo millennio debbano impegnarsi nella quotidiana raccolta dell'acqua da utilizzare per tutte le esigenze primarie, previo pagamento del pingue canone destinato a dare un pallido colorito alle esangui casse di Palazzo San Giorgio. Da giorni il numero di reggini che devono sopportare questa imbarazzante condizione sono aumentati a dismisura a causa della presunta rottura che avrebbe interessato un impianto di dissalazione. L'aspetto curioso della vicenda è che chiunque, fra i cittadini di Reggio, non si è mai accorto dei benefici prodotti dalla struttura, vista la qualità ed il sapore dell'agognato liquido che sgorga nelle condotte. Sia chiaro a tutti: un diritto primario alla mercé dell'inadeguatezza amministrativa e burocratica altro non è se non la cartina di tornasole di una organizzazione sociale malata.
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