'Ndrangheta. Operazione "Spazio di libertà": numerosi arresti all'alba

Dalle prime ore di oggi, al termine di complesse e articolate indagini, gli investigatori del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e della Squadra Mobile di Reggio Calabria stanno dando esecuzione ad un Decreto di Fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria nei confronti di diversi soggetti, sospettati, a vario titolo, di associazione mafiosa, favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena nei confronti dei latitanti di 'ndrangheta di Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro, inseriti nell’elenco dei ricercati pericolosi del Ministero dell’Interno, catturati dalla Polizia di Stato nelle campagne di Maropati, in provincia di Reggio Calabria  lo scorso 29 gennaio in un covo costruito in una zona impervia di campagna, completamente mimetizzato nella fitta vegetazione, nonché del latitante Antonio Cilona, appartenente, secondo gli inquirenti, alla cosca Santaiti di Seminara, nel Reggino, condannato all’ergastolo in secondo grado. Il blitz che ha consentito la cattura dei super-latitanti Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro è stato effettuato dopo mesi di indagini condotte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, con il coordinamento dei magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. L’azione, complessa, articolata e di eccezionale difficoltà operativa aveva permesso, oltre all’arresto dei due pericolosi latitanti, l’individuazione del loro covo dotato di ogni comfort, presso il quale erano state rinvenute e sequestrate armi - alcune cariche e pronte all’uso - (8 pistole, 3 armi lunghe ed un kalashnikov), munizionamento di vario calibro, esplosivo, detonatori, nonché un monitor e delle microtelecamere collegate per la videosorveglianza esterna del nascondiglio. Fra gli arrestati nell’operazione "Spazio di Libertà" vi sono, secondo gli inquirenti, i diversi fiancheggiatori dei due latitanti, coloro che curavano e gestivano la latitanza di Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro, fungendo da "vivandieri", assicurandone i collegamenti con gli altri membri della  cosca e, più in generale, con i familiari, procurando loro appuntamenti con soggetti terzi o riportando loro e per loro conto le cosiddette "imbasciate", provvedendo altresì a realizzare un covo completamente mimetizzato nella fitta vegetazione, fornito di acqua corrente, energia elettrica, bagno con doccia e di una cucina. Durante le indagini condotte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria è stato possibile risalire, tramite particolari attrezzature tecniche, agli strumenti di comunicazione tra i due latitanti di ‘ndrangheta, Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro ed i loro sodali, i quali erano soliti utilizzare delle frequenze radio VHF, libere in etere, rispetto ai più moderni sistemi basati sulla telefonia cellulare; la radio ha consentito di ricostruire in tempo reale non solo la gestione del menage dei boss in fuga, ma anche l’organizzazione dei loro appuntamenti con i familiari e/o terze persone.Tra le molteplici comunicazioni intercorrenti sulle frequenze, è stato possibile individuarne alcune che, abilmente decriptate dagli investigatori addetti alle intercettazioni della frequenza, hanno permesso di stabilire che le stesse intercorrevano fra taluni stretti congiunti di Giuseppe Crea e dai componenti della famiglia mafiosa dei Facchineri di Cittanova verso i due latitanti Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro, intesi rispettivamente con i nomi di "Alberto" e "Ciccio", con lo scopo provvedere al sostentamento della loro latitanza. Fra gli arrestati dell’operazione "Spazio di Libertà" figura Francesco Antonio Crea, considerato dagli inquirenti l’esperto della cosca Crea nell’utilizzarei sistemi elettronici atti a disinnescare i dispositivi d’intercettazione ambientale. Era lui, sostengono gli investigatori, a gestire la latitanza di Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro adoperando ogni tipo di accortezza, secondo modalità operative (disturbatori di frequenze, bonifiche delle auto, spegnimento dei telefoni cellulari per non essere localizzato, l’appartarsi in campagna a parlare via radio in modo da non essere visto) collaudate nel tempo ed interfacciandosi continuamente con gli altri sodali operanti nello stesso settore d’attività della cosca, in primis il figlio Mario Luciano, Girolamo Facchineri e Achille Rocco Scutellà, tutti tratti in arresto nell’operazione odierna. Le indagini della Squadra Mobile di Reggio Calabria sono state caratterizzate dalla ricostruzione certosina dei movimenti dei sodali attraverso le immagini registrate dalle telecamere via installate lungo il percorso stradale che da San Procopio, Sinopoli, Gioia Tauro e Rosarno conduceva nelle campagne di Maropati, laddove Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro sono stati localizzati ed arrestati il 29 gennaio all’esito di un blitz curato in ogni dettaglio. L’analisi degli spostamenti effettuati da Achille Scutellà, nipote del latitante Giuseppe Crea, tratto in arresto nell’operazioni odierna, sempre con analoghe modalità esecutive ed accortezze, ha consentito agli investigatori della Polizia di Stato di comprendere che egli aveva assunto, a loro parere, un ruolo sempre più importante nella gestione della latitanza di Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro. Scutellà,  figlio di Domenica Alvaro, sorella della moglie di Giuseppe Crea- è risultato in contatto con quest’ultimo sin dalla prima fase delle indagini quando sarebbe stato più volte riconosciuto come uno degli interlocutori via radio (con il nome in codice "L’allievo") dei due latitanti, di cui eseguiva gli ordini. Sempre attraverso la collocazione di telecamere di sorveglianza altamente sofisticate, la Squadra Mobile di Reggio Calabria ha individuato l’intero e composito gruppo di fiancheggiatori dei latitanti Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro, allestito, affermano i titolari dell'indagine, sotto l’attenta regìa di Giuseppe Antonio Trimboli, il quale avrebbe messo a disposizione il terreno da cui partiva il sentiero lungo poco meno di 40 metri che portava al covo dei due latitanti presso una campagna di Maropati. Più volte le autovetture in uso a Trimboli sono state riprese dalle telecamere della Polizia di Stato mentre percorrevano quella strada sterrata, da sole od in compagnia di quelle in uso agli altri presunti sodali arrestati oggi ( Pietro Garzo, Annunziato Garzo e Vincenzo Rosace) per poi arrestare la marcia proprio sulla piazzola di cui sopra da cui gli occupanti scendevano e sparivano nella fitta vegetazione, in direzione del covo poi scoperto dalla Polizia di Stato il 29 gennaio. Nel covo di Maropati dei super-latitanti GiuseppeCrea e Giuseppe Ferraro, la Polizia di Stato aveva trovato alcuni "pizzini" che, all’esito di successivi accertamenti, risulterebbero essere stati scritti da Achille Rocco Scutellà che, in tal modo, avrebbe informato lo zio Giuseppe Crea di aspetti rilevantissimi della vita della cosca come l’acquisto di micidiali armi da guerra, chiedendo, allo stesso tempo, lumi al suo capo sulla destinazione delle stesse o predisponeva incontri con il latitante o tra questi e terze persone, così fungendo da imprescindibile raccordo con il mondo esterno del vertice della cosca a cui veniva garantita l’effettività del comando nonostante la latitanza.

 

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