Ebbene sì, siamo arrivati all’8^ edizione del prestigioso “Premio Caccuri”; sembrava impossibile per un piccolo centro calabrese un pò periferico, arrivare a tale traguardo, e ciò conferma la bontà del concorso ormai fattosi illustre con i suoi intellettuali premiati nelle edizione passate e quelli del 2019.
Saranno in quattro a contendersi l’ambito premio, i cui nomi sono stati già annunciati nella primavera scorsa dopo che le loro opere sono state selezionate da un comitato scientifico presieduto dallo storico, accademico e giornalista Giordano Bruno Guerri.
I candidati al Premio sono: Enrico Letta, Carlo Cottarelli, Emma D’Aquino e Massimo Franco.
Oltre al premio di saggistica, anche un riconoscimento culturale come il Premio speciale Alessandro Salem che sarà assegnato agli italiani di talento distintisi nei loro ambiti di operatività.
Appuntamento a Caccuri, il grazioso antico borgo collinare del Crotonese, dal 6 al 10 agosto per la cerimonia di premiazione.
Caccuri, piccolo centro crotonese e presilano, ha origini molto antiche e la genesi del suo toponimo potrebbe derivare dal termine greco “Kao-Kour”, nome di un villaggio della regione greca dell’Arcadia i cui abitanti potrebbero essere arrivati fin qui. Secondo Gabriele Barrio, invece, deriverebbe dal latino “ cacumine2”, “cima”, appunto una rupe come è ben visibile.
Comunque sia, Caccuri pare fosse abitato già nel periodo neolitico, alla luce dei reperti rinvenuti nei paraggi. È stato feudo dei Sangiorgio che lo possedettero fino al 1292, anno in cui fu ceduto alla famiglia De Riso e da questa a Carlo Ruffo, conte di Catanzaro.
Successivamente passò ai feudatari Riario, ai Coppola e ai Borgia nel Quattrocento., da questi, nel 1505, a Giovambattista Spinelli e la vedova di questi, Isabella di Toledo, nel 1559, lo vendette a Giovan Bernardino Cimino di Cosenza, il quale, a sua volta, lo passò, per qualche tempo, alla famiglia Sersale e nuovamente ai Cimino. Nel 1651 Antonio Cavalcanti, da Cosenza, comprò il feudo di Caccuri dal barone Giovanni Battista Cimino e cominciò a riedificare quello che ancora oggi è la maggiore attrazione turistico – culturale del territorio crotonese e di tutta la regione. Si tratta di un imponente maniero che sovrasta l’immensa rupe tufacea sottostante. Negli anni successivi è stato oggetto di continui rifacimenti e ampliamenti fino al 1885 quando l’arch. Mastrogli, per conto del barone Guglielmo Barracco, ultimo proprietario prima dei Fauci di Isola Capo Rizzuto,, vi aggiunse il bastione e la suggestiva torre cilindrica merlata che altro non è, abilmente mascherato, un serbatoio d’acqua alimentato dal vecchio acquedotto del paese. Di questo singolare bene culturale, Gustavo Valente scrive:”Il Castello di Caccuri forse iconograficamente il più ricco della regione…emergente scurito con la torre tonda dalle argille macchiate delle colline prospicienti, quasi dona un simbolo a tutta la zona..”
Al suo interno, oggi tutti possono visitare la Cappella Palatina seicentesca con collezione di preziosi dipinti e percorrere le antiche sale arredate fino alla cucina ottocentesca e al terrazzo da cui ammirare il suggestivo paesaggio del Marchesato e della Valle del Neto fino ai monti della Sila. Ma Caccuri non è soltanto il Castello, è anche terra ricca di risorse minerali e termali: acque sulfuree e saline che sgorgano nelle località Tenimientu, Terzo del Vescovo, Repole, San Giorgio e soprattutto Bruciariello. E ancora, Caccuri possiede un bel patrimonio artistico – monumentale da valorizzare e salvaguardare: la Chiesa arcipretale di Santa Maria delle Grazie con statua lignea del ‘600 e ciborio marmoreo coevo; la chiesa della Riforma del 1544 con pregevole frontespizio in pietra calcarea. Fuori le mura: reperti archeologici in località Pantano con reliquie di antica sepoltura; nelle contrade Patia e Lepore troviamo ruderi del monastero basiliano dei Tre Fanciulli e del complesso monastico del Vuldoj ed altre grotte rupestri in Timpa dei Santi. Beh non ci sembrano cose da poco e pertanto buona visita!