Nelle prime ore del mattino di oggi, nelle provincie e di Reggio Calabria, Milano, Pavia e Cremona e presso le Case Circondariali di Vibo Valentia, Nuoro, Spoleto, Tolmezzo, Cagliari, Melfi e Frosinone, i Carabinieri della Compagnia Carabinieri di Gioia Tauro, hanno dato esecuzione ad un’Ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia reggina, nei confronti di 42 indagati (di cui 33 in carcere, 7 agli arresti domiciliari, 2 al divieto di dimora nel Comune di Laureana di Borrello), ritenuti appartenenti al sodalizio ‘ndranghetista nella sua articolazione territoriale denominata Locale di Laureana di Borrello - formata dalle famiglie “Ferrentino-Chindamo” e “Lamari”.
LE ACCUSE
L’Ufficio G.I.P., accogliendo le risultanze investigative raccolte dalla Procura della Repubblica – DDA di Reggio Calabria, ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari espresse in sede di richiesta per i delitti di associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, porto e detenzione di armi da guerra e comuni da sparo, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, estorsione, danneggiamenti, lesioni personali gravi, frode sportiva, intestazione fittizia di beni, incendio, con l’aggravante, per taluni, di aver agito con metodo mafioso.
L'OPERAZIONE "LEX"
Gli arresti di oggi giungono all’esito di una complessa attività istruttoria sviluppata all’indomani dei provvedimenti di fermo di indiziato di delitto emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria nell’ambito dell’ operazione “Lex” del 3 novembre scorso, con la quale si era giunti alla cattura di ben 40 persone (una ancora irreperibile perché all’estero) ritenute organiche, o comunque vicine, alle cosche di ‘ndrangheta attive nel territorio di Laureana di Borrello ed altre città italiane, ossia quelle dei “LAMARI” e “CHINDAMO-FERRENTINO”. L’indagine, svolta interamente dai militari della Compagnia di Gioia Tauro sotto il costante coordinamento della Procura Distrettuale Antimafia aveva consentito di far luce su una serie di episodi criminosi, registrati nei territori della municipalità di Laureana di Borrello (RC) e zone limitrofe a partire dal mese di giugno del 2014, dai quali erano emersi chiari elementi indizianti circa l’operatività e l’efferatezza dell’azione criminale di un sodalizio attivo in quell’area ed in grado di esercitare un controllo di tipo mafioso sull’intera comunità. I fermi, emessi in via d’urgenza anche per l’esistenza del concreto pericolo di fuga di alcuni indagati, avevano quindi consentito, nell’immediatezza, di assicurare alla giustizia soggetti ritenuti avere ruoli di vertice in seno alle cosche “FERRENTINO-CHINDAMO” e “LAMARI”, quali articolazioni autonome dell’associazione per delinquere di tipo ‘ndranghetistico nota come “Locale di Laureana di Borrello” del Mandamento Tirrenico, con ramificazioni in tutta la provincia ed in altre province del Nord Italia e segnatamente Milano, Varese, Pavia e Como.
L'IPOTESI DI CONDIZIONAMENTO MAFIOSO AL COMUNE DI LAUREANA DI BORRELLO
In quella circostanza, inoltre, era stata avvalorata dalla Procura Antimafia l’ipotesi investigativa secondo la quale il Comune di Laureana di Borrello fosse stato, negli ultimi anni, un ente per certi aspetti soggetto ai condizionamenti da parte delle cosche di ‘ndrangheta locali che, grazie alle compiacenze di alcuni politici, erano riuscite ad ottenere l’aggiudicazione di alcuni appalti comunali, facendo leva anche sui rapporti, stretti e continuativi, riscontrati tra gli affiliati alle cosche ed alcuni esponenti della politica locale di Laureana di Borrello. Ipotesi, questa, successivamente avvalorata dalle motivazioni espresse dal G.I.P. in sede di convalida dei fermi e dei sequestri preventivi che hanno interessato aziende ritenute riconducibili alle due cosche.
L'ARRESTO DELL'ASSESSORE
Indicativo, a tal proposito, era stato l’arresto di Vincenzo Lainà, già assessore del Comune di Laureana di Borrello con delega al “verde pubblico, agricoltura, manutenzione, tradizione, servizio idrico, servizi demografici, viabilità, fiera ed artigianato”, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, oggi inserito nell’elenco dei soggetti per i quali il GIP ha inteso emettere la misura cautelare della custodia in carcere, confermando a suo carico gravi indizi di colpevolezza poiché considerato, a pieno titolo, il referente politico del sodalizio criminale, cui lo stesso forniva di fatto un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo.
IL PRESUNTO REFERENTE MILANESE
Tra gli arrestati di oggi compaiono nuovi indagati per i quali la Procura Distrettuale ha inteso richiedere l’emissione, da parte del Tribunale di Reggio Calabria – Ufficio GIP, di idonea misura cautelare personale, ritenendo sussistenti gravi indizi a loro carico per i reati di concorso in intestazione fittizia di beni. Tra questi compare anche l’Avvocato Domenico Chindamo del Foro di Milano, ma di origini calabresi, nei confronti del quale, sulla scorta delle evidenze probatorie raccolte a seguito di un decreto di perquisizione eseguito in occasione dei fermi del 3 novembre scorso, sono emersi gravi elementi indizianti, essendosi lo stesso prestato, in qualità di professionista, ad assecondare le istanze criminali della cosca Ferrentino. In particolare, le ulteriori analisi investigative sviluppate negli ultimi giorni hanno consentito di avvalorare il ruolo svolto dal legale a favore delle cosche perché, pur non essendo un soggetto affiliato alla cosca scrictu sensu, avrebbe agevolato l’attività criminale della ‘ndrina FERRENTINO attraverso la creazione della Ditta di import-export “United Seed’s Keepers”, con sede a Milano e Roma, già sottoposta a sequestro preventivo d’urgenza in quanto fittiziamente intestata a prestanomi, quale strumento commerciale attraverso cui poter gestire e canalizzare autonomamente il traffico di sostanze stupefacenti dalla Colombia e l’India verso il mercato nazionale.
RINNOVATE LE POSIZIONI CAUTELARI
Sono state poi rinnovate le posizioni cautelari di altri indagati per i quali inizialmente non erano stati accolti gli elementi indizianti raccolti dalla Distrettuale Antimafia poiché ritenuti inidonei a qualificarsi quali gravi indizi di colpevolezza, indizi che invece hanno trovato piena condivisione nell’Ordinanza di Misura Cautelare personale di oggi con cui, peraltro, sono state aggravate le posizioni di due soggetti già destinatari di fermo di indiziato di delitto, Mario Bevilacqua e Diego Freitas de Siqueira, per i quali il GIP ha disposto l’applicazione della custodia cautelare in carcere. Accordate infine le richieste espresse dalla Procura sul conto di due ulteriori indagati, Celeste Cordiani e Gianfranco Bruzzese, ritenuti rispettivamente responsabili dei reati di detenzione ai fini di spaccio di sostanze ed intestazione fittizia di beni.
I PRESUNTI BOSS
L’ordinanza cautelare notificata con l’operazione condotta dai carabinieri ha, infine, riattualizzato il grado verticistico di esponenti storici della cosca dei LAMARI e dei FERRENTINO, tra cui compaiono Rocco Lamari e Alessandro Ferrentino, già detenuti perché ritenuti colpevoli, col ruolo di “capi” delle rispettive ‘ndrine, di reati associativi di tipo mafioso. Infatti è stata conclamata ancora una volta la capacità dei vertici della locale di Laureana di Borrello di emanare ordini e direttive nei confronti dei reggenti delle cosche sul territorio, pur essendo detenuti in regime di 41 bis.
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