Confisca di beni per 1 milione di euro riconducibile alla cosca "Sia-Procopio-Tripodi"

 

I Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria - G.I.C.O. - di Catanzaro, coordinati dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, dal Procuratore Aggiunto, Vincenzo Luberto, e dal Sostituto Procuratore, Vincenzo Capomolla, questa mattina hanno dato esecuzione a un provvedimento di confisca definitiva di beni per un valore di circa 1 milione di euro, emesso dalla Corte d’Appello di Catanzaro su richiesta di questa Procura Distrettuale.

I destinatari del provvedimento ablativo sono Salvatore Pannia e Bruno Procopio, quest’ultimo figlio di Fiorito Procopio, esponente di vertice della cosca “Sia-Procopio-Tripodi”, operante nell’area ionica soveratese e coinvolta nella guerra di mafia passata alle cronache giudiziarie con il nome di “Faida dei boschi” che ha insanguinato la fascia ionica del basso catanzarese con oltre dieci morti nell’arco di pochi anni.

Le indagini eseguite dalla Procura sono culminate, nel corso del 2011, nell’operazione "Showdown" che ha consentito, tra l’altro, di svelare la faccia imprenditoriale della cosca. La confisca odierna, eseguita su disposizione della corte d’appello di Catanzaro, rappresenta l’epilogo di complesse indagini, eseguite dalle Fiamme Gialle di Catanzaro, attraverso una meticolosa ricostruzione di articolati assetti societari e il conseguente incrocio con le risultanze dell’attività tecnica ed info-investigativa svolta sul territorio.

Le indagini, delegate dalla Direzione distrettuale, hanno consentito di ricostruire anche gli interessi economici di Pannia, il quale ricorrendo a fittizie intestazioni, gestiva diverse attività commerciali e imprenditoriali, fra cui un esclusivo night club sito nella cittadina di Montepaone (CZ).

Bruno Procopio, invece, è risultato intestatario formale di quote societarie di fatto riconducibili al padre Fiorito ed ai vertici della consorteria criminale oggetto d’investigazione.

Con il provvedimento odierno, la Corte d’Appello di Catanzaro, nel condannare Pannia e Procopio per il reato di intestazione fittizia di beni di cui, ha altresì disposto la confisca definitiva dei seguenti beni, già sottoposti a sequestro nel corso degli anni 2011 e 2012 da parte del nucleo di Polizia Tributaria di Catanzaro:

  • n. 4 veicoli;
  • n. 1 immobili;
  • n. 3 quote societarie (di due diverse società);
  • n. 2 complessi aziendali;
  • n. 1 night club (gestito sotto la veste di circolo privato).

I beni, ubicati nei comuni di Montepaone e Davoli, il cui valore complessivo è stato stimato in circa 1 milione di euro, sono stati definitivamente acquisiti al patrimonio dello Stato.

 

 

Omicidio fra Caraffa e Germaneto, uomo ucciso a colpi di pistola

Erano le 6.45 di stamani quando Domenico Vecceloque, rom 79enne, è caduto vittima di un agguato vicino un bar alle porte di Catanzaro. Secondo una prima ricostruzione degli inquirenti, fatta dopo un primo esame dei filmati delle telecamere a circuito chiuso del locale, l’uomo aveva appena raggiunto un bar presso una stazione di servizio lungo la vecchia statale 280, quando, sceso dalla propria vettura, è stato avvicinato da un sicario che ha esploso un primo colpo di pisola. L’anziano rom ha tentato la fuga verso il bar ma il killer non gli ha lasciato scampo, finendolo con altri cinque colpi sparati da meno di due metri di distanza.

La vittima era già nota alle forze dell’ordine ma, a quanto pare, per fatti veniali.

Sul posto sono intervenuti i carabinieri della Compagnia di Catanzaro, che conducono le indagini guidati dal capitano Antonio Piccione e dal sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia Vincenzo Capomolla, e gli agenti della squadra mobile.

Al momento rimangono aperte tutte le ipotesi ma quella battuta con maggiore interesse è quella di contrasti negli ambienti della criminalità catanzarese in cui la comunità rom svolge un ruolo importante.

 

Sempre secondo quanto appreso, pare che il killer avesse raggiunto il luogo dell’agguato a bordo di un auto rubata nei giorni scorsi vicino Lamezia Terme e ritrovata, nel corso della mattinata, a Martelletto di Settignano, a pochi chilometri dal luogo del delitto, completamente carbonizzata.

'Ndrangheta: processo Kyterion 25 condanne e tre assoluzioni

Si è concluso con 25 condanne e tre assoluzioni il processo celebrato con il rito abbreviato, scaturito dall’operazione “Kyterion” (l'antico nome di Cutro). L'inchiesta, condotta dalla Dda di Catanzaro, il 28 gennaio 2015, aveva portato all'arresto di ben 37 persone.

 Condotta dai pm Vincenzo Capomolla e Domenico Guarascio, con il coordinamento del procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri, l'inchiesta ha permesso di disarticolare  il clan Grande Aracri di Cutro.

Gli imputati erano accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, violazioni di leggi in materia di armi, omicidio, ricettazione, estorsioni, danneggiamenti, turbata libertà degli incanti, intestazione fittizia di beni, illecita concorrenza mediante violenza o minaccia, usura, rapina; tutte condotte aggravate dall’aver agito con metodi mafiosi.

Queste le persone condannate:

Giovanni Abramo (Cutro, 40 anni); condannato a 6 anni e 4 mesi (il Pm aveva chiesto 10 anni);

Francesco Aiello (Cutro, 59) 6 anni e 4 mesi (chiesti 10 anni);

Pasquale Arena detto “Nasca” (Isola C. Rizzuto, 59) 8 anni (chiesti 16 anni);

Giuseppe Celi (Catanzaro, 39); 8 anni (chiesti 16 anni);

Alfonso Diletto (Cutro, 49), 6 anni e 4 mesi (chiesti 16 anni);

Michele Diletto (Cutro, 30), 8 anni e 4 mesi (chiesti 12 anni);

Pasquale Diletto (Cutro, 37), condannato a 8 anni e 4 mesi (chiesti 12);

Salvatore Diletto (Cutro, 26); 6 anni e 4 mesi (chiesti 11 anni);

Francesco Gentile (Isola C. Rizzuto, 57); 8 anni e 6 mesi (chiesti 16 anni);

Salvatore Gerace (Cutro, 47); 6 anni e 4 mesi (chiesti 10 anni);

Antonio Grande Aracri (Cutro, 56); 12 anni (chiesti 18 anni);

Ernesto Grande Aracri (Cutro, 46), 24 anni (chiesto l’ergastolo);

Nicolino Grande Aracri (Cutro, 57 anni); 30 anni di reclusione (chiesto ergastolo);

Angelo Greco (S. Mauro Marchesato, 51); 24 anni (chiesto ergastolo);

Francesco Lamanna (Cutro, 55); 6 anni e 4 mesi (chiesti 18 anni);

Domenico Lazzarini (Cutro, 65), 6 anni e 4 mesi ( 10 anni);

Giuseppe Lequoque (Crotone, 72); 8 anni e 6 mesi (chiesti 16 anni);

Antonio Maletta (Catanzaro, 37); 3 anni e 4 mesi ( chiesti 9 anni);

Francesco Mauro (Petilia P. 53); 6 anni e 4 mesi (chiesti 10 anni);

Matteo Mazzocca (Catanzaro, 30); 3 anni e 4 mesi (chiesti 9 anni);

Domenico Nicoscia (Isola C. Rizzuto, 54), 8 anni e 6 mesi (chiesti 10 anni);

Antonio Salerno (Cutro, 36); 6 anni e 4 mesi ( chiesti 10 anni);

Benedetto Giovanni Stranieri (Roma, 53); 4 anni ( chiesti 9 anni);

Lucia Stranieri (Lecce, 38); 4 anni (chiesti 8 anni);

Romolo Villirillo (Cutro, 38), 6 anni e 4 mesi (chiesti 10 anni).

 

Queste le persone assolte

 

Carmine Riillo (Isola C. R. 39); assolto (chiesti 12 anni);

Luigi Martino (Cutro, 29); assolto (chiesti 7 anni);

Dario Cristofaro (Catanzaro, 54), assolto (chiesti 8 anni);

 

Processo Showdown: le richieste del pm contro la 'ndrangheta Soveratese

Vincenzo Capomolla, pubblico ministero che rappresenta la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro nel processo scaturito dall'operazione "Showdown", ha richiesto che gli imputati accusati di essere personaggi apicali del clan Sia-Procopio-Tripodi, siano condannati fino a 24 anni di carcere. La requisitoria è stata pronunciata nel corso dell'udienza celebratasi venerdì all'interno dell'aula bunker del Tribunale del capoluogo. Michele Lentini, Fiorito Procopio e Maurizio Tripodi sono accusati, tra l'altro, di associazione mafiosa, favoreggiamento, furto e occultamento del cadavere di Giuseppe Todaro, figlio di Domenico, collaboratore di giustizia. Il 23 ed il 25 settembre, date fissate per le prossime udienze, sono previste le arringhe difensive in un dibattimento che vede sedere sul banco degli imputati parecchi altri soggetti considerati appartenenti al clan che agisce nell'area di Soverato. 

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