Probabilmente non sbaglia chi crede che per comunicare con i criminali sia necessario adottare le loro forme comunicative, certo non sempre è opportuno e di sicuro non è mai facile farlo, ma alle volte non esiste altro mezzo che l’imposizione fisica della presenza dell’Arma sul territorio per riaffermarvi la giustizia e la forza delle istituzioni democratiche.
In tante parti d’Italia è successo così, con la presenza silenziosa e disponibile dei carabinieri delle Stazioni.
Questa la ragione che ha mosso circa 150 tra allievi ed istruttori della Scuola allievi carabinieri di Reggio Calabria che sabato scorso hanno deciso di celebrare la fine del Corso e l’ormai prossimo invio ai Reparti con un’inedita escursione di “riconquista” dell’Aspromonte.
Quei monti che incombono sulla città e sullo Stretto, luogo il cui solo nome sottende inaccessibilità e inospitalità alla vita e che forse troppo spesso ha evocato nella mente di chi lo ascolta memorie esclusivamente negative, di un’enclave criminale all’interno dello Stato, irraggiungibile e perciò impunibile. Proprio per queste ragioni l’Aspromonte -ed Africo in particolare- con il suo portato di storia criminale, è sembrato il luogo ideale per fare da scenario al saluto di tutta la Scuola ai suoi allievi.
Dopo una prima serie di conferenze che ha anticipato agli Allievi le singolarità dell’ambiente aspromontano, per unicità e resilienza delle forme (tanto di vita che criminali), è giunto perciò il momento di mettersi in cammino. Partiti di buon mattino e guidati dalle esperte gambe delle guide del Parco dell’ Aspromonte, gli Allievi hanno compiuto un percorso di circa 20 chilometri in un continuo saliscendi, attraversando i ruderi dei paesi di Casalinuovo ed Africo, dove il Cappellano della Scuola ha officiato la Santa Messa, e scoprendo le radici antropologiche di un fenomeno che prima che criminale è anzitutto figlio del disagio e dell’abitudine alla violenza di un popolo scacciato dai propri monti da una natura matrigna.
Non esiste miglior modo di conoscere anche le difficoltà del mestiere di Carabiniere in un territorio ostile, non solo sotto il profilo orografico; attività che gli allievi hanno accolto con l’entusiasmo e la gioia della loro età, ma anche consci della storicità di un evento come questo: un’invasione realmente boots on the ground che, pur pacifica, stravolge il rapporto di una città con le sue montagne, che vede per la prima volta giovani uniformi che dal mare ripopolano di entusiasmo i paesi fantasma che hanno dato i natali ad alcuni tra i criminali più efferati d’Italia, ma dove sono ancora vividi nella memoria delle guide del Parco i racconti di come nel tragico momento delle alluvioni l’unico punto di riferimento e primo soccorso sia stata la locale Stazione dei Carabinieri.
Immancabile, dopo l’impegnativo sforzo un momento di una convivialità che ha riunito “attorno al tavolo” e letteralmente sotto stessa ombra dell’albero che offrì riparo alla prima riunione documentata della ‘ndrangheta, gli allievi e i loro istruttori, i volontari dell’Afor, i militari dei Reparti territoriali e quelli dell’Organizzazione per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare hanno condiviso il pasto gentilmente preparato dai volontari.
Con gli zaini vuoti, ma l’animo riempito dallo scenario del tramonto del sole sul mar Tirreno, gli allievi hanno quindi fatto ritorno alla Scuola, che si preparano a salutare per ricevere, speriamo arricchiti soprattutto da giorni come questi, l’abbraccio dell’Arma che li accoglierà nei suoi reparti.