Beni per 1,4 milioni di euro sequestrati a imprenditore vicino alle cosche

I finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno eseguito un provvedimento emesso dal Tribunale di Reggio Calabria che dispone la confisca di beni - per un valore di circa 1,4 milioni di euro - riconducibili ad un imprenditore edile reggino, già attivo nel settore dei pubblici appalti, indiziato di contiguità alla ‘ndrangheta.

L’imprenditore è stato coinvolto nel corso di diverse attività investigative, coordinate e dirette dalla locale Direzione distrettuale antimafia, dalle quali è emerso che la sua ascesa imprenditoriale sarebbe stata favorita dall’appoggio della criminalità organizzata reggina.

In particolare, nell’operazione “Nuovo corso” - poi confluita nel processo “Epicentro” - il destinatario della misura è stato condannato, in primo grado, a otto anni di reclusione per il reato di concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso.

In virtù di ciò, la Direzione distrettuale antimafia reggina ha delegato il Gico della guardia di finanza a svolgere un'indagine a carattere economico/patrimoniale finalizzata all’applicazione, nei confronti dell'imprenditore, di misure di prevenzione personali e patrimoniali.

L’attività ha consentito di ricostruire il patrimonio direttamente e indirettamente nella disponibilità dell'uomo, il cui valore sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata.

Con il provvedimento di confisca sono stati raggiunti: 12 fabbricati, 8 terreni, disponibilità finanziarie e quote di partecipazione al capitale di una società operante nel noleggio autovetture, per un valore di circa 1,4 milioni di euro.

‘Ndrangheta, beni per 40 milioni di euro confiscati a tre imprenditori reggini

I militari dei Comandi provinciali della guardia di finanza e dei carabinieri di Reggio Calabria, unitamente a personale dello Scico, con il coordinamento della locale Direzione distrettuale antimafia, hanno eseguito un provvedimento emesso dal Tribunale di Reggio Calabria che dispone la confisca di beni - per un valore complessivo stimato in oltre 40 milioni di euro - riconducibili a tre imprenditori reggini, operanti nei settori edile, immobiliare, alberghiero, dei servizi e ludico.

La misura giunge in seguito ad analogo provvedimento eseguito, nello scorso mese di agosto nei confronti di un altro imprenditore edile reggino, che ha consentito la definitiva confisca di un patrimonio stimato in oltre 160 milioni di euro.

Secondo quanto emerso dalle indagini, due dei tre destinatari del provvedimento, dalla fine degli anni Ottanta al 2017, avrebbero avviato e consolidato la propria posizione imprenditoriale facendo leva sul sostegno di storiche locali di ‘ndrangheta, in particolare quella dei Tegano di Archi.

Tali evidenze erano emerse, tra le altre, nell’ambito dell’operazione “Monopoli”, eseguita dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, che ha fatto luce su un sistema di cointeressenze criminali coltivate da imprenditori reggini che, sfruttando l’appoggio di cosche cittadine, sarebbero riusciti ad accumulare, in modo del tutto illecito, enormi profitti prontamente riciclati in fiorenti e diversificate attività commerciali. Le indagini sono culminate, nel 2018, con l’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali nei confronti, tra gli altri, dei tre imprenditori interessati dalla misura, dei quali due sono stati condannati in primo grado per i reati di associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori, mentre il terzo è stato condannato in primo grado per il reato di trasferimento fraudolento di valori.

Pertanto, la locale Direzione distrettuale antimafia ha delegato il Gruppo investigazione criminalità organizzata della guardia di finanza, lo Scico ed il Nucleo investigativo dei carabinieri a svolgere un'ndagine a carattere economico/patrimoniale finalizzata all’applicazione, nei confronti dei citati imprenditori, di misure di prevenzione personali e patrimoniali.

L’attività investigativa ha consentito di ricostruire le acquisizioni patrimoniali effettuate tra il 1985 e il 2017 e di rilevare, attraverso una complessa e articolata attività di riscontro, anche documentale, il patrimonio direttamente ed indirettamente nella disponibilità degli imprenditori, il cui valore sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata.

A giugno del 2019 il Tribunale di Reggio Calabria ha disposto, di conseguenza, il sequestro dei patrimoni riconducibil ai tre imprenditori e, successivamente, riconoscendo la validità dell’impianto indiziario, ha decretato la confisca dell’intero compendio aziendale di 10 imprese attive nei settori edile, immobiliare, del commercio al dettaglio di generi di monopolio e ludico, di 49 immobili, quote di partecipazione al capitale di ulteriori 10 società, 38 tra terreni e fabbricati, beni mobili, nonché disponibilità finanziarie per un valore complessivamente stimato in oltre 40 milioni di euro.

Con il medesimo provvedimento, il Tribunale reggino ha sottoposto due dei tre imprenditori alla misura personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di 3 anni, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.

'Ndrangheta, confiscato patrimonio del valore di 160 miloni di euro

Militari dei Comandi Provinciali della guardia di finanza e dei carabinieri di Reggio Calabria, unitamente a personale della Dia e dello Scico, con il coordinamento della locale Direzione distrettuale antimafia, hanno eseguito un provvedimento emesso dal Tribunale reggino che ha disposto la confisca di beni - per un valore complessivo stimato in oltre 160 milioni di euro - riconducibili ad un imprenditore reggino, operante nel settore edile.

Secondo quanto emerso dalle indagini, il destinatario del provvedimento, dalla metà degli anni ’80 al 2017, avrebbe avviato e consolidato nel territorio reggino il suo ruolo di imprenditore nel settore edile, facendo leva sul sostegno di storiche locali di ‘Ndrangheta, dapprima su quella dei Latella e dagli anni 2000 in avanti su quella dei De Stefano.

Tali evidenze erano emerse, tra le altre, nell’ambito delle operazioni “Monopoli” e “Martingala”.

La prima, eseguita dal Comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria, ha fatto luce su un sistema di cointeressenze criminali coltivate da imprenditori reggini che, sfruttando l’appoggio di cosche cittadine, sarebbero riusciti ad accumulare, in modo del tutto illecito, enormi profitti prontamente riciclati in fiorenti e diversificate attività commerciali.

In tale ambito, l'imprenditore - allo stato e fatte salve successive valutazioni in merito all’effettivo e definitivo accertamento della responsabilità - è stato condannato in primo grado alla pena di anni 12 di reclusione e alla misura di sicurezza della libertà vigilata per 3 anni, in ordine al reato di concorso esterno in associazione mafiosa.

La seconda è stata, invece, condotta dal locale Centro operativo della Dia e dal Gico del Nucleo di polizia economico finanziaria di Reggio Calabria nei confronti di un sodalizio criminale dedito alla commissione di gravi delitti tra cui, a vario titolo, quelli di associazione mafiosa, riciclaggio, autoriciclaggio e associazione a delinquere finalizzata all’emissione di false fatturazioni, con l'aggravante, per alcuni di essi, del metodo mafioso.

In tale ambito, in relazione all'imprenditore oggetto del provvedimento di confisca, sarebbero emersi indizi in ordine alla commissione di reati tributari posti in essere mediante un indebito risparmio d’imposta che avrebbe consentito di produrre illeciti profitti da reinvestire anche nelle proprie attività aziendali.

Alla luce di tli evidenze, la locale Direzione distrettuale antimafia ha delegato il Gruppo investigazione criminalità organizzata della guardia di finanza, il Nucleo investigativo dei carabinieri ed il locale Centro operativo Dia a svolgere apposita indagine a carattere economico/patrimoniale finalizzata all’applicazione, nei confronti del citato imprenditore, di misure di prevenzione personali e patrimoniali.

L’attività, anche valorizzando le risultanze delle pregresse indagini, ha consentito di ricostruire le acquisizioni patrimoniali effettuate dall’anno 1985 all’anno 2017 e di rilevare, attraverso una complessa e articolata attività di riscontro, anche documentale, il patrimonio direttamente e indirettamente nella disponibilità dell’imprenditore, il cui valore sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata.

Nel mese di ottobre 2019 la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, ha disposto, di conseguenza, il sequestro del patrimonio riconducibile all'imprenditore e, successivamente, riconoscendo la validità dell’impianto indiziario, con il provvedimento in esecuzione ha decretato la confisca dell’intero compendio aziendale di 7 tra imprese e società commerciali attive nel settore edile/immobiliare - comprensivo, altresì, di 99 immobili e 16 veicoli - quote di partecipazione al capitale di 2 società attive nei settori edile e turistico, 234 tra terreni e fabbricati, beni mobili, nonché disponibilità finanziarie per un valore complessivamente stimato in oltre 160 milioni di euro.

Con il medesimo provvedimento, il locale Tribunale ha sottoposto l’imprenditore alla misura personale della sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza per la durata di 3 anni, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.

'Ndrangheta, beni per 15 milioni di euro confiscati a imprenditore calabrese

Personale della Direzione investigativa antimafia, finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e dello Scico, con il coordinamento della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo e della locale Direzione distrettuale antimafia, hanno eseguito un provvedimento, emesso dal Tribunale di Reggio Calabria, che dispone la confisca di compendi aziendali, beni immobili, mobili e rapporti finanziari - per un valore complessivo stimato in oltre 15 milioni di euro - riconducibili ad un imprenditore reggino attivo nel settore dei servizi aziendali.

La figura dell’imprenditore era emersa nell’ambito dell’operazione denominata “Martingala”, condotta da personale della Dia e della guardia di finanza di Reggio Calabria, sotto il coordinamento della locale Direzione distrettuale antimafia, conclusasi nel mese di febbraio 2018, nel cui ambito l'uomo è stato rinviato a giudizio per diverse ipotesi di reato, tra cui associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di reati connessi e conseguenti alla gestione delittuosa di flussi economici, tra i quali riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, intestazione fittizia di beni, con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa.

In particolare, secondo quanto emerso dalle indagini, il destinatario del provvedimento sarebbe stato il “regista” di un complesso sistema illecito, costruito intorno a molteplici società di comodo, con sede in Italia ed all’estero, di cui aveva la disponibilità diretta o mediata. Lo stesso, tramite regolare documentazione, con fatture per operazioni inesistenti accompagnate da artificiosi documenti di trasporto, di movimenti fittizi di merci e prestazioni apparenti di servizi, tra le società a se riferibili e le imprese beneficiarie avrebbe offerto ai propri “clienti” una formale giustificazione per la grande quantità di denaro che convergeva verso le sue imprese.

L'imprenditore, quindi, avrebbe messo a disposizione di numerose imprese – per lo più riferibili a persone ritenute diretta espressione della ‘ndrangheta o collusi con questa – la sua organizzazione e il suo reticolo di società cartolari, sparse tra l’Italia e l’estero, sistematicamente coinvolte in svariate transazioni economiche, che simulavano movimenti di merci e flussi finanziari di apparente origine commerciale. Il sistema così congegnato sarebbe stato funzionale, oltre che ad esigenze di riciclaggio, anche all’acquisizione fraudolenta di crediti fiscali.

In relazione alle risultanze dell’attività investigativa, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e la locale Direzione distrettuale antimafia hanno delegato al Gruppo investigazione criminalità organizzata della guardia di finanza di Reggio Calabria, allo Scico e al locale Centro operativo Dia, l'indagine di carattere economico/patrimoniale finalizzata all’applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali.

Al riguardo, dopo aver delineato il profilo di pericolosità sociale sia generica che qualificata dell'indagato, anche valorizzando le risultanze delle precedenti indagini, gli investigatori hanno indirizzato la loro attività alla ricostruzione delle acquisizioni patrimoniali - dirette o indirette - effettuate dall'uomo nell’ultimo trentennio, accertando - attraverso una complessa e articolata attività di verifica e riscontro documentale - i patrimoni, direttamente o indirettamente, a lui riconducibili, il cui valore sarebbe decisamente sproporzionato rispetto alla capacità reddituale dichiarata ai fini delle imposte sui redditi nonché in quanto frutto o reimpiego, in buona parte, di attività illecite.

Alla luce di tali risultanze, il Tribunale di Reggio Calabria, nel mese di ottobre 2020, ha disposto il sequestro del patrimonio riconducibile all'imprenditore. Successivamente, riconoscendo la validità dell’impianto indiziario, con il provvedimento eseguito oggi ha decretato la confisca dell’intero compendio aziendale di 7 tra imprese e società commerciali, con sede sia in Italia che all’estero, 1 ditta individuale, 5 immobili, 10 orologi di lusso e disponibilità finanziarie per un valore complessivo stimato in oltre 15 milioni di euro.

Con il medesimo provvedimento, il locale Tribunale ha sottoposto l’imprenditore a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, per 4 anni, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza o dimora abituale.

'Ndrangheta, operazione "Demetra": confiscati beni per 17 milioni di euro alla cosca Grande Aracri

I finanzieri del Comando provinciale di Cremona, coadiuvati dalle fiamme gialle del Comando provinciale di Crotone, hanno confiscato beni mobili ed immobili per un valore complessivo di 17 milioni di euro appartenenti alla ‘ndrina capeggiata dal boss Nicolino Grande Aracri. Le attività, condotte dai finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria di Cremona e coordinate della Direzione distrettuale antimafia di Bologna, hanno consentito alla Corte d’appello del capoluogo emiliano di giungere alla definitiva condanna di esponenti di spicco della cosca stanziatasi nelle aree di confine tra Lombardia ed Emilia. Le indagini, che hanno preso spunto da un episodio di usura perpetrato ai danni di un imprenditore cremonese da parte di un usuraio piacentino, sono proseguite con gli approfondimenti ed analisi dei flussi finanziari – poi confluiti nell’operazione Aemilia – ed hanno consentito di portare alla luce ulteriori episodi delittuosi commessi ai danni di imprenditori emiliani. In un caso è stato addirittura accertato un prestito sul quale è stato applicato un interesse del 200 per cento: a fronte di 700 mila euro la vittima è stata costretta e restituirne oltre un milione. Tutto ciò è stato possibile grazie allo strumentale utilizzo di società fasulle i cui bilanci apparivano perfettamente regolari grazie alla complicità di professionisti conniventi: oltre 20 milioni le fatture false scoperte. I proventi delle attività illecite sono poi stati riciclati nell’acquisto di complessi immobiliari, di strutture turistico-alberghiere, di società agricole, edili immobiliari ed in imprese di trasporti e logistica. Nell’operazione i finanzieri di Cremona hanno definitivamente confiscato: 28 immobili, ubicati nella provincia di Crotone; 5 società operanti nel settore dell’edilizia, logistica e ristorazione, operanti nelle provincie di Crotone, Parma e Vicenza; 2 automezzi; 3 macchine operatrici agricole; 1 natante di 7,50 metri con motore entrobordo; 5 unità abitative rimovibili. Il provvedimento di confisca costituisce l’epilogo di un complesso iter giudiziario che dimostra, ancora una volta, la costante azione della guardia di finanza nella ricerca e repressione dei più gravi crimini di matrice economicofinanziaria e nell’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati. Azione di contrasto che assume maggior spessore alla luce del fatto che parte degli immobili e dei veicoli sono stati restituiti alla collettività in quanto destinati alle forze di polizia, ai vigili del fuoco e ad enti no-profit per le loro finalità sociali.

'Ndrangheta: confiscati beni per un valore di 350 mila euro

I carabinieri della Compagnia di Palmi (Rc) hanno dato esecuzione alla misura di prevenzione patrimoniale emessa dal Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di Carmelo Catalano, 52 anni, di Cosoleto, detto “U cortu”, già condannato in via definita lo scorso febbraio, per associazione mafiosa in relazione a reati commessi tra il 2008 e il 2011.

Dalle indagini condotte dal Ros dei carabinieri, nell’ambito dell’operazione “Rifiuti spa 2” in merito all’infiltrazione illecita di elementi appartenenti a cosche di ‘ndrangheta del mandamento tirrenico nel tessuto economico ed imprenditoriale della provincia reggina, è emerso il ruolo di Catalano nella gestione degli interessi economici della cosca Alvaro di Sinopoli.

I militari della Compagnia di Palmi hanno quindi ricostruito l’entità del patrimonio che sarebbe stato illecitamente accumulato dal 52enne, ovvero: una ditta individuale, quote di società agricole, 2 abitazioni a Cosoleto, 12 terreni a Cosoleto, Gioia Tauro e Rizziconi  e contributi comunitari per l’agricoltura, per un valore complessivo stimato in 350 mila euro che, al termine dell’iter giudiziario, è stato sottoposto a confisca a seguito di decreto emesso dal Tribunale di Reggio Calabria.

Imprenditore vicino alle cosche, confiscati beni per 8 milioni di euro

I finanzieri del Nucleo speciale polizia valutaria, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, hanno eseguito un provvedimento emesso dal locale Tribunale, con il quale è stata disposta la confisca del patrimonio ad un imprenditore di 50 anni.

Al destinatario del provvedimento, allo stato sottoposto a sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, è stata riconosciuta la pericolosità sociale, in quanto ritenuto contiguo ad alcune cosche di ‘ndrangheta.

Il provvedimento si fonda sulle risultanze delle attività investigative condotte dalle fiamme gialle, dalle quali è emerso che l’imprenditore sarebbe stato, da tempo, in affari con la ‘ndrangheta, grazie alla quale avrebbe avviato e accresciuto le proprie attività.

Le investigazioni hanno preso spunto dalle risultanze dell’operazione “Ada”, conclusasi con l’esecuzione, nel 2013, di provvedimenti cautelari e personali nei confronti di numerosi affiliati ad una cosca del Reggino. 

In seguito ai risultati degli accertamenti, il Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Dda, con due diverse misure risalenti al 2018 ed al 2019, aveva disposto il sequestro del patrimonio riconducibile all'imprenditore.

Infine, con il provvedimento odierno è stata eseguita la confisca di diverse imprese, quote societarie, immobili, autoveicoli e rapporti finanziari, il cui valore è stimato in circa 8 milioni di euro.

 

'Ndrangheta: beni per 215 milioni di euro confiscati ad un noto imprenditore

I finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata e del Nucleo speciale polizia valutaria hanno dato esecuzione in Calabria e in Campania, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica reggina, al provvedimento del tribunale di Reggio Calabria – Sezione misure di prevenzione con cui è stata disposta, nei confronti di un noto imprenditore, l’applicazione di misure di prevenzione, personali e patrimoniali, tra cui la confisca del patrimonio per un valore complessivo stimato in circa 215 milioni di euro.


Il provvedimento è stato emesso dopo che in sede giudiziaria "è emersa l’esistenza di un indissolubile rapporto di cointeressenza economico-criminale tra l’imprenditore e una cosca di ‘ndrangheta, risalente alla prima metà degli anni ’80".

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