Ordinata la chiusura di un esercizio per la raccolta di scommesse

Proseguendo nell’opera di contrasto dell’azione delle organizzazioni criminali operanti nella provincia, il Questore di Cosenza ha emesso un provvedimento di diniego di un’autorizzazione di Polizia per la sanatoria di un’attività per la raccolta di scommesse.

Tali esercizi vengono utilizzati dalle cosche per il riciclaggio di beni di provenienza illegale, frutto quindi dei lauti proventi delle estorsioni, dei traffici di droga e di ogni altra attività economica delittuosa. Il pregio di questi provvedimenti negativi consiste nell’impedimento al reimpiego in attività legali dei beni di provenienza delittuosa determinandone, come è intuitivo comprendere, un vero e proprio rallentamento e, per tale verso, contribuiscono grandemente ad accrescere l’ordine e la sicurezza pubblica.

Nella consapevolezza di tale importanza, negli ultimi due anni, la Questura di Cosenza ha potenziato gli strumenti d’indagine volti ad individuare tali meccanismi che, molto spesso, vengono innescati attraverso insospettabili teste di legno fittiziamente interposte nella gestione di rilevanti attività economiche.

Nel caso di specie è stata colpita la cosca MUTO di Cetraro che, per quanto emerso dagli accertamenti, ha tentato di inserire un prestanome nell’amministrazione di un esercizio operante sulla costa tirrenica nei confronti del quale, oltre al rifiuto di sanatoria, è stata disposta la chiusura immediata.

Operazione "Frontiera": indagini partite dall'omicidio del sindaco Vassallo

L'inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che è sfociata all'alba di oggi nell'operazione "Frontiera", ha avuto avvio da una tranche delle indagini sull'assassinio di Angelo Vassallo. Il sindaco-pescatore di Pollica fu trucidato sei anni fa. Era stato lui a denunciare la compravendita di droga nel borgo marinaro in provincia di Salerno. Nell'ambito del maxi blitz odierno contro gli interessi criminali del clan Muto sono stati cinquantotto gli arresti eseguiti. Ed era la stessa cosca di Cetraro, nel Cosentino, a gestire il commercio di sostanze stupefacenti che inondavano le strade di Pollica. I particolari sono stati svelati nel corso dell'incontro con i giornalisti  svoltosi a Cosenza per rendere noti i dettagli dell'indagine. "Pensiamo - sono state le parole di Nicola Gratteri, Procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro - di avere toccato i vertici della 'ndrangheta nel territorio dell'alto tirreno cosentino. E quindi, se la gente vuole, adesso può anche ribellarsi per evitare che i pescatori vengano vessati con ulteriori richieste estorsive".

   

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'Ndrangheta. Operazione "Frontiera": 58 arresti in un maxi blitz all'alba

Sono 58 i destinatari di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere che, su istanza della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, ha portato all'esecuzione di un maxi blitz fra il Cosentino, la zona del Salernitano e varie altre località della Penisola. All'alba sono entrati in azione i Carabinieri del Raggruppamento operativo speciale che hanno colpito al cuore il clan della 'ndrangheta Muto, tra i più sanguinari e capeggiato dal "re del pesce", Francesco Muto, di Cetraro.  Associazione di tipo mafioso, estorsione, rapina e traffico di droga i reati contestati nell'ambito dell'inchiesta ribattezzata "Frontiera". Sulla base di quanto ricostruito nel corso delle indagini, la cosca, fin dalla prima metà degli anni '80, ha egemonizzato l'ambiente economico della zona, in particolare dominando il mercato del commercio del pesce, il servizio delle lavanderie industriali di alberghi e villaggi turistici, la gestione della sicurezza nelle discoteche. Il territorio sotto scacco sarebbe quello che corre lungo la costa del Tirreno ed il Basso Cilento. L'attività investigativa, inoltre, ha consentito di scoprire che gli affiliati all'organizzazione criminale facente capo ai Muto gestiva lo smercio di cocaina, hashish e marijuana a Diamante, Praia a Mare, Scalea. I militari dell'Arma hanno posto sotto sequestro un patrimonio il cui valore ammonta complessivamente ad una cifra vicina ai 7 milioni di euro. 

 

 

 

La 'ndrangheta "ripulisce" i soldi della droga nel mercato della frutta: 4 arresti

La Guardia di Finanza, sotto la direzione del Procuratore Aggiunto della DDA Giovanni Bombrdieri e del Sostituto Procuratore Antimafia Pierpaolo Bruni, ha proceduto oggi al fermo di: Michele Iannelli, 40enne di Cetraro; Fabrizio Iannelli, 38enne di Cetraro; Christian Onorato, 27enne di Cetaro; Pierangelo Iacovo, 26enne di Cetraro, soggetti sospettati di essere legati alla cosca Muto ed accusati di aver dato vita ad un imponente traffico di stupefacenti. Ma non solo: con le attività di ieri si conclude un’indagine durata più di un anno, che ha consentito di smantellare il presunto sodalizio e di disvelare, secondo gli inquirenti, come la 'ndrangheta cetrarese impiega i capitali provento della vendita di droga. Contestualmente ai fermi, infatti, i Finanzieri di Cosenza hanno sequestrato un ingrosso e due punti vendita al dettaglio di frutta e verdura fittiziamente intestati ad alcuni prestanome ma, a parere degli investigatori, di fatto gestiti dal pluripregiudicato Michele Iannelli alias "Tavolone". Dopo un anno di intense attività, la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, partendo dagli elementi emersi nel corso delle indagini, ha emesso i quattro provvedimenti restrittivi volti ad evitare che gli indagati potessero darsi alla fuga e tre decreti di sequestro d’urgenza delle ditte, con lo scopo di porre fine ad un’attività di riciclaggio che, oltre a ripulire i soldi della droga, garantiva, sostengono le Fiamme Gialle, ulteriori introiti alla consorteria, condizionando il mercato ortofrutticolo di una vasta area della provincia. L’indagine ha inizio circa un anno fa, quando i Finanzieri scoprivano una vera e propria raffineria di droga sulle alture di Cetraro: un’imponente centrale adibita allo stoccaggio, confezionamento e distribuzione di grosse partite di marijuana e cocaina gestita dalla 'ndrangheta cetrarese. Migliaia di piante, di cui oltre tremila in fase di essiccazione e altre sessanta pronte per il travaso nonché circa due quintali di "erba" stipati in cinquanta balle, ciascuna contenente un quantitativo di stupefacente variabile tra i due e i cinque chilogrammi e migliaia di semi di pregiata qualità provenienti probabilmente dal mercato olandese. Avanzatissimo il sistema utilizzato per la produzione dello stupefacente: un impianto "industriale" di essiccazione intensiva, completo di apparato di areazione perfettamente funzionante nonché di un sistema di illuminazione, capace di sfruttare al meglio anche la luce naturale – per mezzo appositi pannelli trasparenti installati al soffitto – integrato da lampade alogene oltre ad un impianto di irrigazione e di riscaldamento. Ma non solo marijuana. Quattrocento grammi di cocaina, conservata sottovuoto, pronta per essere spacciata e sostanza in polvere utilizzata per il "taglio"; strumenti e contenitori necessari per il confezionamento dello stupefacente e tre ciclomotori di provenienza furtiva. A protezione della "preziosa merce" e della intera area utilizzata per l’illecita produzione i sospetti malviventi avevano installato un sofisticato impianto di videosorveglianza attraverso il quale riuscivano a controllare tutti i "movimenti" che, però, nulla ha potuto nei confronti della destrezza e tenacia posta in campo dai finanzieri. Le Fiamme Gialle ritengono di essere penetrate nel punto più segreto per ogni narcos: dove conserva il suo "tesoro". Un tesoro da circa 10 milioni di euro che i presunti affiliati alla cosca Muto intendevano, riferiscono i finanzieri, difendere con ogni mezzo. I militari della GdF, infatti, nel corso delle perquisizioni hanno rinvenuto  due pistole, un fucile a pompa, due carabine e migliaia di munizioni. Sin dai primi momenti i militari si rendevano conto che dietro una produzione tanto imponente non poteva che esserci la lunga mano dei potenti clan cetraresi. È così che, sotto l’egida della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, i finanzieri hanno cercato ogni singolo elemento utile per risalire la filiera e rintracciare i responsabili del traffico di droga. Oltre alle armi e alla droga i finanzieri hanno scoperto quello che si è rivelato essere il "libro mastro" del clan: vendite di grosse partite di stupefacenti, acquisti di materiale utile per la coltivazione e lo stoccaggio della marijuana e per il taglio della cocaina e, soprattutto, la spartizione dei proventi tra i quattro fermati che compaiono sistematicamente in ogni appunto dove si procede alla spartizione degli "utili". Mesi di lavoro hanno portato gli investigatori a decriptare cifre e sigle, riuscendo a dare un nome ed un volto ai presunti componenti del sodalizio e riuscendo a ricostruire un volume d’affari di enormi proporzioni. Come dimostrato, Michele Iannelli, considerato il leader della consorteria, riciclava, a giudizio delle Fiamme Gialle, gli ingenti proventi in una serie di attività commerciali dalle lecite parvenze, punti vendita di prodotti ortofrutticoli che il pluripregiudicato, già colpito da misure cautelari reali per essere stato coinvolto in altre inchieste della DDA di Catanzaro, aveva intestato ad una serie di prestanome tra cui lo stesso Onorato. Era infatti Michele Iannelli, è la conclusione degli investigatori, ad occuparsi della gestione dei tre esercizi commerciali, pretendendo dai suoi collaboratori ordine e disciplina, rimproverandoli per i ritardi nelle consegne o per le mancate riscossioni dei crediti. Quando i vari attendenti si dimostravano incapaci nel farsi pagare dai clienti era lo stesso "Tavolone" a farsi avanti per risolvere le "pendenze" sfruttando "fama" e stazza fisica. Nei confronti delle teste di legno, a loro volta denunciati per la normativa antimafia in materia di intestazioni fittizie, sono state estese le attività di perquisizione che hanno consentito il sequestro di altra documentazione che potrebbe rivelarsi utile per consolidare le posizioni dei fermati. Gli inquirenti sono convinti di aver così scoperto e represso uno dei canali attraverso il quale la 'ndrangheta cetrarese ripulisce i soldi della droga, distorce il mercato lecito, emargina gli onesti contribuenti e crea un nuovo monopolio di illegalità.

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