Pericoloso in Calabria, innocuo in Emilia Romagna: il doppio volto del coronavirus
Non c’è il coronavirus, ci sono i coronavirus, più o meno pericolosi, a seconda della latitudine.
In Calabria, ad esempio, il covid, nonostante i pochi casi registrati, dev’essere come i calabresi: maledettamente cattivo.
Il governo, infatti, con tempestiva solerzia, è intervenuto per bloccare l’ordinanza, emessa il 29 aprile scorso, con la quale il presidente della Regione, Jole Santelli, avrebbe voluto anticipare di qualche giorno la Fase2.
La vicenda è addirittura assurta agli onori delle cronache nazionali, con la misura bollata come “prematura”, “avventata”, ai limiti del “criminale”.
Alla fine, giustamente, le ragioni di salute pubblica hanno avuto la meglio e i giudici amministrativi hanno calato il sipario sulla vicenda.
Meno pericoloso, forse perché nutrito a Lambrusco e tigelle, dev’essere il coronavirus emiliano romagnolo.
Il dubbio sorge leggendo il portale della Regione Emilia Romagna, sul quale si apprende che è stato anticipato “a sabato 23 maggio l’avvio ufficiale della stagione balneare in riviera. Inizialmente previsto per lunedì 25”.
Che sia un virus più bonario rispetto a quello calabro lo s’intuisce dal generale silenzio seguito alla decisione.
Il governo, ad esempio, si è ben guardato dal diffidare il presidente Bonaccini.
Pertanto, da sabato, addirittura in anticipo sulla data inizialmente prevista, tutti al mare.
Grazie al suo virus gentile, l’Emilia Romagna, che con 27.417 positivi e 4.025 morti, è, ancora oggi, la terza area del Paese più colpita dal covid, potrà finalmente riaprire le sue spiagge.
La Regione e il governo non sono affatto preoccupati dall’esercito (sono 4.926) di persone tuttora contagiate.
Che la decisione sia sacrosanta e non presenti insidie lo dimostrano anche i 53 nuovi positivi e i 17 morti delle ultime ventiquattr’ore o i 188 nuovi casi e i 52 decessi registrati durante la settimana in corso.
Nonostante i dati che, ad un profano, farebbero venire il dubbio che l’Emilia Romagna potrebbe ancora essere in piena emergenza, ci si potrà beatamente stendere sulla sdraio per sorseggiare un aperitivo in spiaggia, in barba al coronavirus.
Se, con gli stessi numeri, la Calabria, con il suo pericolosissimo virus, avesse autorizzato l’apertura di un tavolino da pic-nic, molto probabilmente, il governo avrebbe schierato l’esercito a tutela della salute pubblica.
Ma siccome si tratta dell’Emilia Romagna, non è educato obiettare, infatti, non si registrano reazioni di sorta o richiami alla responsabilità.
Il ministro Boccia, più muto del Pilade di Sofocle, ha evidentemente esaurito tutta la verve nella calabra contesa e non ha, quindi, più nulla da dire .
Che la decisione di Bonaccini sia corretta lo dimostra, infine, il silenzio di osservatori, esperti, virologi e compagnia cantante: tutti più muti dei film dei fratelli Lumière.
Cosa ci sarà dietro cotanta omertà? Ma è ovvio, la bellezza delle spiagge romagnole sulle quali, da sempre, splende l’abbacinante “Sol dell’avvenire”.
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