"Nella sanità calabrese la confusione è alquanto alta. Se, poi, si aggiungono iniziative che da un lato non contribuiscono ad ottenere alcun risparmio, ma dall’altro hanno come effetto l’accentuazione dei disagi per i pazienti e per chi opera nella sanità privata, davvero si rischia di perdere il filo di ogni buon discorso volto a ridare efficacia ed efficienza al settore". E’ quanto sostiene il vicepresidente della Commissione Sanità del Consiglio regionale Baldo Esposito, in riferimento "alla circolare emessa dal Dipartimento Sanità della Regione il 30 dicembre scorso, con cui è stata sospesa la possibilità di utilizzo dei ricettari del Servizio sanitario nazionale a tutti i medici specialisti operanti nelle strutture private accreditate di ogni ordine e grado e precluso d'emblée, senza alcuna condivisione preventiva, un importante servizio di medicina sul territorio regionale ed un modello efficiente e coerente con gli standard di attesa e di qualità di cure territoriali dell’Europa più evoluta". Argomenta il consigliere regionale: "L’utilizzo del ricettario del Ssn in Calabria risale al 2005. E fu riconosciuto nell’ambito di un documento che individuava le norme generali di prescrizione e di utilizzo del ricettario a tutti i medici delle strutture private accreditate, ospedaliere ed ambulatoriali. La decisione non fu assunta dietro richiesta delle strutture, ma fu l’esito di una serie di incontri con le organizzazioni dei medici, soprattutto dei medici di medicina generale rappresentati dall’allora sezione regionale della Fimmg. I medici di famiglia segnalavano le difficoltà, di ordine deontologico ed operativo, che si avevano nella semplice trascrizione di prestazioni specialistiche: dalla ricetta su foglio bianco dello specialista accreditato sul ricettario 'rosso' Ssn. Difficoltà - spiega Esposito - derivanti da vari motivi: le prescrizioni specialistiche sono caratterizzate da nomi e codici di vario tipo, indicazioni specifiche, note di limitazione articolate e complesse e che costituiscono parte del bagaglio culturale ed operativo dello specialista stesso. I medici di base, in sostanza, chiedevano che senso avesse trascrivere semplicemente le prestazioni che lo specialista indica, non avendo loro la possibilità di verificarne la necessità e la corretta applicazione della norma. Ma segnalavano, altresì, l’anomalia derivante dal dovere condividere prescrizioni 'calate dall’alto' e non frutto della loro libera scelta professionale". Ancora Baldo Esposito: "Fino al 30 dicembre del 2015 si è dunque proceduto con speditezza, ma ora giunge una circolare che interrompe senza alcuna motivazione plausibile l’esercizio di queste modalità efficaci ed attualmente adottate in numerose regioni italiane: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Puglia. Per tutti questi anni, i pazienti si sono recati negli ambulatori con la richiesta di visita specialistica formulata dal proprio medico curante e quasi sempre con attese inferiori ai due giorni ed hanno potuto iniziare le cure di riabilitazione o di cardiologia, di otorino od oculistiche, odontoiatriche nel migliore dei modi. Si è trattato di un modello di sanità semplice, con risposta rapida alle esigenze del paziente, molto spesso appena dimesso dall’ospedale e reduce da interventi chirurgici o da traumi. Lo specialista accreditato prendeva in carico il paziente, effettuando direttamente tutte le prescrizioni necessarie durante il ciclo di cure, di tipo diagnostico o terapeutico. Se durante le cure riteneva necessario, ad esempio, prescrivere una radiografia piuttosto che una ecografia o un farmaco o una consulenza specialistica diversa, aveva il proprio ricettario e lo faceva direttamente, per cui il paziente rimaneva 'in carico' alla struttura per tutta la procedura di cura, non dovendo più tornare dal medico curante. Questa prassi di medicina del territorio, per una volta semplice ed immediata, adesso la si sta mandando a rotoli. Infatti - incalza Esposito - i pazienti che avevano facilità nell'accesso alle cure ed alle procedure diagnostiche, sono costretti ai giri ripetuti degli ambulatori”. Cosa accade oggi? "Con l’impegnativa di richiesta redatta dal proprio medico curante, il paziente si reca nella struttura specialistica laddove che gli vengono prescritte le cure (come prima del 2005) sul ricettario in bianco; poi debbono tornare dal medico curante che, giustamente spazientito per questo salto nel passato, deve trascrivere la prestazione 'calata dall’alto' sul proprio ricettario, per consentire al paziente di tornare al centro specialistico per l’inizio del ciclo di cure. Il che implica che il paziente debba attendere oltre una settimana per avere la prima risposta terapeutica, ma se poi, durante le cure, emerge la necessità per lo specialista di ulteriori approfondimenti diagnostici o di nuove prescrizioni, ricomincia il tour. Cosi, prestazioni sanitarie semplici sono state insensatamente complicate". Aggiunge il vicepresidente della Commissione Sanità: “Non si dica che la decisione è stata assunta per un contenimento della spesa, perché dal 2005 la spesa per la salute territoriale è stata progressivamente abbattuta a favore di quella ospedaliera. Le strutture accreditate avevano budget annuali molto più alti di adesso (almeno il doppio) e li utilizzavano completamente facendo ricorso al complesso meccanismo di nuovo ripristinato in questi ultimi giorni della prescrizione scritta e ritrascritta da specialista e curante. Oltre tutto, per norma, le strutture hanno un budget che debbono utilizzare durante tutti i 12 mesi dell’anno, dato che il contratto prevede che si possa procedere alla erogazione di prestazioni per il 90% del budget entro il 31 ottobre e poi del restante 10 nell'ultimo bimestre, in modo da poter coprire tutto l’anno". Conclude Baldo Esposito: "Non si capisce come strutture che 10 anni fa erogavano il doppio di oggi, possano ulteriormente risparmiare grazie alla reintroduzione delle stesse norme di prima. Inoltre, la scelta, per più versi incomprensibile, del ritiro dei ricettari non avrà alcuna influenza sul grosso della spesa per la specialistica che non è interessata dal problema. Il mio auspicio e quello della stessa Commissione Sanità, è che si torni sulla decisione quanto prima possibile. La Calabria ha bisogno di, seppure nel pieno rispetto della legislazione vigente e della piena trasparenza nell’utilizzo della spesa pubblica, semplificazione e sburocratizzazione, soprattutto quando c’è di messo il diritto alla salute dei cittadini".