Vogliono scavare un canale tra lo Ionio e il Tirreno, al modico prezzo di otto (8) miliardi di dollari; dollari, dicono, che sarebbero un sette miliardi di euro, poco meno di quattordicimila (14.000) miliardi di lire. E vai! Rinuncio a commentare, e nella più totale certezza che da molti non verrà colta l’ironia, ma ci provo, vi racconto i precedenti remoti, assai remoti. Sentite cosa racconta Strabone, geografo del I secolo dC, a proposito delle grandi idee di Dionisio il Vecchio dopo che, nel 386, concluse la distruzione di Caulonia, Ipponio e Reggio; e assegnò a Locri il territorio di Scillezio: “voleva anche tracciare una cinta muraria lungo l’Istmo, con il pretesto di garantire la sicurezza dai barbari agli abitanti, di fatto per impedire un’intesa tra quelli e i Greci: lo impedirono a lui con un’incursione quelli di fuori”. Calza meglio alla nostra fantasiosa estate una notizia di Plinio il Vecchio: “Dionisio il Vecchio volle tagliare la penisola e aggiungerla alla Sicilia”, dunque scavare un canale, e magari lanciare anche un ponte sullo Stretto. Racconta Plutarco che 71 a.C. Crasso contro Spartaco scavò un fossato da mare a mare, e vi pose sopra un muro, per un totale di 300 stadi, quasi 56 km; ma i ribelli, in una notte di tempesta, colmarono “parte non grande” dell’ostacolo con legname e detriti; e passarono, per essere sconfitti in Campania. Che fine fecero, il fossato e il muro? Ci aiuta, in mancanza di tracce archeologiche, la toponomastica: Settingiano è un “praedium Septiminanum”, Gimigliano un “praedium Geminianum” o “Gemilianum”, e assieme a Gagliano (“Gallianum”) e toponimi come Miglierina e Migliuso, e forse Marcellinara, attestano una via romana tra Ionio e Tirreno, quel tratto di cui Plinio scrive “nusquam angustiore Italia”, in nessun luogo l’Italia è più stretta. Questi sono gli antichissimi precedenti dei progetti circa l’Istmo. Quanto al futuro, esso è sulle ginocchia degli dei.