Il 9 ottobre 2011 il Papa Emerito in Certosa: riecco l'evento a 4 anni di distanza
- Written by Bruno Vellone
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(9.10.2011) - Quando Benedetto XVI varca la soglia del monastero bruniano, che separa i mille anni di contemplazione e preghiera della gente giusta dal resto del mondo, per i monaci, dalla vita trascorsa a imbrunire nel silenzio della Certosa, l’austerità dell’attesa si trasforma in gioia. Il Santo Padre è accolto dai certosini raccolti nella chiesa conventuale con un caloroso applauso che, per un breve attimo, rompe la quiete dell’eremo voluto da Bruno di Colonia. Dopo essersi inginocchiato innanzi l’altare centrale sul quale vi è la statua cinquecentesca che raffigura il fondatore dell’Ordine Certosino e che ne contiene le reliquie, Benedetto XVI viene accompagnato in sagrestia a indossare i Paramenti Sacri e la Mitra Papale per la celebrazione dei Vespri, prendendo quindi posto a lato sinistro del’altare. A rompere il silenzio calato in concomitanza all’inizio della cerimonia è la voce di Jacques Dupont che legge il messaggio di benvenuto con il quale definisce la Visita del Santo Padre «un dono di grazia» che la comunità certosina «accoglie nella sua povertà». Le parole del Padre Priore, riecheggiando nel profondo silenzio della chiesa illuminata dall’inconsueta luce dei riflettori, sottolineano come la vita dei certosini sia «una preghiera incessante e tutti condividiamo la stessa vocazione consacrati al servizio di Dio. I certosini sono qui - dice Dupont con tono emozionato - per un disegno particolare di Dio che ci ha chiamati e il nostro cuore si è infiammato», inginocchiandosi quindi innanzi al Santo Padre per dimostrare «la nostra devota sottomissione». Ad accogliere il Papa insieme all’arcivescovo di Catanzaro-Squillace Vincenzo Bertolone vi sono, oltre al Padre Priore della Certosa dom Jacques Dupont, anche porporati già noti come Antonio Ciliberti e Antonio Cantisani che nel 1984 accolse Giovanni Paolo II, anch’egli in visita al millenario monastero di clausura. Il Papa prende successivamente posto innanzi all’altare per leggere l’omelia che succede all’inno e ai quattro salmi che costituiscono la prima parte dei Vespri. «Rendo grazie al Signore che mi ha condotto in questo luogo di fede e di preghiera, la Certosa di Serra San Bruno». Con queste parole Benedetto XVI saluta la comunità certosina a cui si rivolge «con grande affetto» definendo la sua visita «in continuità con alcuni segni di forte comunione tra la Sede Apostolica e l’Ordine Certosino, avvenuti nel corso del secolo scorso» e mettendo in risalto il «legame profondo che esiste tra Pietro e Bruno». “Fugitiva relinquere et aeterna captare” «abbandonare le realtà fuggevoli e cercare di afferrare l’eterno». In questa espressione della lettera «che il vostro fondatore indirizzò al Prevosto di Reims, Rodolfo» è racchiuso, secondo il Santo Padre «il nucleo» della spiritualità certosina. La Certosa, sottolinea Ratzinger nel più completo silenzio, «è un’oasi speciale, dove il silenzio e la solitudine sono custoditi con particolare cura, secondo la forma di vita iniziata da san Bruno e rimasta immutata nel corso dei secoli. “Abito nel deserto con dei fratelli”, è la frase sintetica che scriveva il vostro fondatore (Lettera a Rodolfo, 4). La visita del Successore di Pietro in questa storica Certosa intende confermare non solo voi, che qui vivete, ma l’intero Ordine nella sua missione, quanto mai attuale e significativa nel mondo di oggi». Dopo il discorso di Benedetto XVI torna a riecheggiare il coro dei monaci in gregoriano che prosegue la celebrazione dei Vespri con il Cantico della Beata Vergine e quindi con il Magnificat a cui fanno seguito l’Intercessione e la Benedizione impartita dal Papa. E’ il momento finale della celebrazione, che non ha il sapore di un addio ma quello di un arrivederci, quando i monaci in fila indiana salutano il Pontefice e gli consegnano i loro doni tra cui un Calice e un Liuto fatto a mano da un monaco certosino. Quando il Papa abbandona la chiesa conventuale, la celata emozione dei monaci si manifesta per un attimo in un inconsueto brusio di voci che presto però, quando ogni monaco fa rientro nella propria cella, restituisce all’abbraccio del silenzio l’antico monastero.