Arresti per assassinio del piccolo Cocò: Regione Parte Civile nel processo

"Finalmente i presunti responsabili del triplice delitto mafioso avvenuto a Cassano allo Jonio il 16 gennaio dell’anno scorso che determinò la morte del piccolo Cocò, di suo nonno Giuseppe Iannicelli e della sua convivente marocchina, sono stati individuati - ha dichiarato in giornata il presidente della Regione Mario Oliverio - e assicurati alla giustizia grazie alla costanza e alla determinazione dei Carabinieri del Comando provinciale di Cosenza e dei Ros, coordinati dalla Dda di Catanzaro, a cui rivolgiamo il nostro doveroso apprezzamento. Aver appreso dalle agenzie di stampa che il piccolo Cocò veniva usato dal nonno come "scudo umano", per proteggere la propria vita, conferma l’altissimo grado di efferatezza e di ferocia cui è giunta una criminalità senza scrupoli che, al contrario del passato, non esita ad uccidere le donne e i bambini e a darne i loro corpi alle fiamme, pur di affermare il proprio potere di vita e di morte.  Uomini tanto spregiudicati e feroci costituiscono una minaccia e un pericolo per tutti. Siamo certi che ben presto anche gli altri responsabili di questo terribile delitto verranno individuati e assicurati alla giustizia. Per quanto ci riguarda continueremo a lavorare con i mezzi e gli strumenti a nostra disposizione per debellare definitivamente un fenomeno che infanga la nostra terra ostacolandone la crescita e offendendo la generosità, l’onestà e la laboriosità della nostra gente". Nel ringraziare ancora una volta quanti si impegnano e lottano quotidianamente per affermare legalità, trasparenza e rispetto delle regole su tutto il nostro territorio regionale, annunciamo sin da ora - fa sapere Oliverio - che la Giunta regionale della Calabria si costituirà Parte Civile nel processo che scaturirà dalle indagini contro gli assassini del piccolo Cocò".

Arresti per assassinio del piccolo Cocò: "Restituita giustizia ad una comunità duramente colpita"

"Sono molto contenta della svolta delle indagini e della rapidità con cui sono state eseguite, come risposta al triplice omicidio avvenuto il 16 gennaio 2014 che ha visto coinvolto anche il piccolo Coco' di appena 3 anni. Un omicidio che ancora oggi si ricorda per l'atrocità della sua esecuzione." Lo dichiara Jole Santelli, coordinatore regionale Forza Italia Calabria. "Oggi il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti - continua Santelli - ha dichiarato che non solo si è fatto luce sull'iter dell'omicidio che ha sconvolto non solo la comunità di Cassano ma un'intera Regione, ma che in futuro potrebbero aprirsi  nuovi scenari che ovviamente visto la complessità delle indagini andranno verificati. Il punto di svolta di oggi, a mio avviso, è importante come risposta ad un delitto atroce, e per questo - conclude - ringrazio gli organi inquirenti e le forze dell'ordine che con il loro lavoro hanno restituito giustizia ad una comunità così duramente colpita". 

 

Arresto dei presunti assassini del piccolo Cocò: il commento di Renzi

L'individuazione e l'arresto dei sicari che uccisero brutalmente Nicola "Cocò" Campolongo, il bambino di tre anni ucciso e bruciato insieme al nonno ed alla compagna il 16 gennaio dello scorso anno a Cassano allo Ionio, sono stati salutati con legittima soddisfazione da Matteo Renzi. Il presidente del Consiglio ha pubblicamente ringraziato gli investigatori che hanno lavorato al caso arrivando all'esecuzione dei provvedimenti restittivi compiuti stamane.  In un post su Facebook ha scritto: "Vorrei esprimere la gratitudine mia e del governo agli inquirenti, alle forze dell’ordine e a tutti i servitori dello Stato che hanno raccolto gravi indizi su killer e mandanti del terribile omicidio del piccolo Cocò, il bimbo di 3 anni ucciso e poi bruciato a Cassano allo Jonio. Niente potrà sanare il dolore per l’accaduto, ma sono e siamo orgogliosi delle italiane e degli italiani che ogni giorno combattono contro la criminalità e per la giustizia: Grazie".

'Ndrangheta, arrestati i presunti killer dell'omicidio del piccolo Cocò

Ventuno mesi dopo i Carabinieri hanno stretto il cerchio attorno ai presunti responsabili della strage di Cassano allo Ionio che commosse tutta l'Italia. Era il 16 gennaio dello scorso anno quando, con modalità tipicamente mafiose, furono trucidate a colpi di pistola tre persone: fra loro anche il piccolo Nicola 'Cocò' Campolongo di appena tre anni. I corpi del bimbo, insieme a quelli del nonno, il 52enne Giuseppe Iannicelli e della sua convivente, la 27enne Ibtissam Touss, furono successivamente dati alle fiamme. Ciò che restava delle membra straziate fu scoperto nell'abitacolo di un'automobile devastata dal fuoco Un crimine efferato che gettò nello sconforto anche Papa Francesco dal quale dieci giorni dopo la scoperta dei cadaveri arrivarono parole intrise di commozione durante il tradizionale Angelus domenicale. Qualche mese più tardi il Santo Padre ebbe un incontro con il papà del bambino, nella prigione di Castrovillari. Le indagini che sono sfociate nell'individuazione dei presunti autori del triplice omicidio sono state condotte e completate dai Carabinieri del Comando provinciale di Cosenza, insieme ai colleghi del Raggruppamento operativo speciale (Ros).  Destinatari dei provvedimenti restrittivi Faustino Campilongo e Cosimo Donato, considerati appartenenti alla 'ndrangheta operante nella Sibaritide. Entrambi originari di Firmo, nei pressi di Castrovillari, sono sospettati di essere affiliati al clan Iannicelli. I due hanno ricevuto l'ordinanza di custodia cautelare dietro le sbarre. Reclusi presso la casa circondariale di Castrovillari perché già coinvolti in una presunta organizzazione di trafficanti di droga smascherata nell'ambito di un'inchiesta che nel 2014 mise nel mirino il cosiddetto clan degli zingari. Il nonno, quando usciva, era solito farsi accompagnare dal nipotino perché si illudeva che la presenza di Cocò lo proteggesse da eventuali azioni criminose ai suoi danni. Sulla scorta di quanto ricostruito nel corso dell'attività investigativa, l'episodio è direttamente connesso alla guerra per il controllo dello spaccio di sostanze stupefacenti nella zona. Gli inquirenti, infatti, sono convinti che Giuseppe Iannicelli sia stato punito per il suo tentativo di affrancarsi dalla cosca degli zingari per assumere una dimensione di autonomia nella gestione del traffico illecito di droga. 

 

 

 

 

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