Lupara bianca nel Vibonese, risolto il giallo della scomparsa di Francesco Covato
La Procura Distrettuale antimafia di Catanzaro ha fatto luce sull’omicidio del 21enne Francesco Covato, scomparso per “lupara bianca” a Vibo Marina, nel 1990.
In seguito alle indagini condotte dai Carbinieri del Nucleo investigativo di Vibo Valentia, il gip del Tribunale di Catanzaro ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, eseguita all’alba di oggi, nei confronti di Nazzareno Colace, 57 anni, ritenuto contiguo alla consorteria di ‘ndrangheta dei Tripodi-Marino di Porto Salvo (Vv), già tratto in arresto nel 2016 nell’ambito dell’operazione “Costa Pulita”.
Era la sera del 23 gennaio 1990 a Vibo Marina, quando Francesco Covato uscì di casa a bordo della sua autovettura, senza più fare ritorno. Le ricerche delle forze dell’ordine, avviate in seguito alla denuncia del padre della vittima, portarono solo al rinvenimento dell’automobile, trovata nel parcheggio del Stazione ferroviaria di Tropea. Da allora, nessuna traccia del ragazzo.
Il laborioso lavoro investigativo, ricostruito dalla Direzione distrettuale antimafia, nonostante il lungo arco di tempo trascorso dalla scomparsa, ha permesso di individuare il movente dell’efferato delitto. La sentenza di morte sarebbe, infatti, da ricondurre ad una vendetta personale maturata per riaffermare il potere criminale da parte della famiglia Tripodi, egemone del territorio di Vibo Marina-Porto Salvo.
Per gli investigatori, Colace avrebbe ucciso il giovane ed occultato il cadavere, per vendicarsi di un agguato subito da quest’ultimo nel 1987, allorquando era stato investito da una pioggia di proiettili mentre percorreva la Strada statale 522.
Inoltre, la cosca avrebbe voluto fermare definitivamente l’irruenza di Covato, ritenuto responsabile di avere commesso una serie di atti intimidatori e reati contro il patrimonio, senza il placet del gruppo criminale egemone sul territorio e incurante dei dettami imposti dai codici ‘ndraghetistici.
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