Per dirla con il sempre attuale Ennio Flaiano “La situazione è grave, ma non è seria”.
Non lo è al centro, figurarsi in periferia.
Al centro, come in periferia, sembra, infatti, mancare una visione strategica, un piano capace di dare le coordinate per riuscire a sconfiggere il nemico che ci assedia.
Se a Roma la situazione è caotica, in Calabria è catatonica e tra un proclama e un’ordinanza l’emergenza rischia di sfuggire di mano.
Quanto accaduto ieri all’ospedale di Serra San Bruno è paradigmatico di uno stato confusionale che rende più grave un quadro già sufficientemente desolante.
La decisione di ridurre ulteriormente l’operatività del "San Bruno", in un momento cruciale, rischia infatti di avere ripercussioni devastanti.
Una decisione incomprensibile per tante ragioni.
Innanzitutto, perché segue di un giorno l’ordinanza con la quale la presidente della Regione ha decretato la chiusura di Serra San Bruno, dopo che il “Dipartimento di prevenzione della Asp di Vibo Valentia” ha comunicato “che nel Comune di Serra San Bruno(VV), risultano in atto n. 4 cittadini contagiati Covid-19, dato che rappresenta un’incidenza significativa in rapporto al numero dei tamponi eseguiti”.
Come se non bastasse, “lo stesso Dipartimento di Prevenzione”, non altri, ha evidenziato "le difficoltà riscontrate in fase di attività di indagine epidemiologica che non hanno consentito di individuare la fonte di contagio e, pertanto, non può escludersi che il dato dei contagiati sia suscettibile di considerevole incremento”.
Inoltre, si legge ancora nell’ordinanza: “al 22 marzo 2020 risultano in isolamento domiciliare n.40soggetti, di cui 4 sintomatici, che per come rappresentato dal Dipartimento di Prevenzione dell’ASP impone l’assunzione immediata di ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica, individuando idonee precauzioni ed indirizzi operativi univoci per fronteggiare adeguatamente possibili situazioni di pregiudizio per la collettività”.
Pertanto, alla luce delle funeree premesse, il primo avamposto per affrontare l’imminente emergenza, avrebbe dovuto essere l’ospedale di Serra San Bruno.
Sarebbe stato normale, quindi, veder arrivare medici, attrezzature e strumenti destinati a rafforzare la prima linea.
Questo in un mondo normale.
Nella nostra martoriata Calabria, dove tutte le ruote girano al contrario, è accaduto esattamente l’opposto.
Così, con cinica disinvoltura, si è deciso di sguarnire quello che avrebbe dovuto essere il primo avamposto contro il contagio.
Le “idonee precauzioni ed indirizzi operativi” per “fronteggiare adeguatamente possibili situazioni di pregiudizio per la collettività”, si sono quindi concretizzate nel trasferimento degli anestesisti e nella trasformazione del pronto soccorso, in una sala d’aspetto per ambulanza.
Il potenziale fronte caldo dell’emergenza, è dunque rimasto senza un’efficace copertura sanitaria.
Peraltro, Serra, fino a prova contraria, è l’unico centro del Vibonese oggetto di un’ordinanza regionale.
A ciò si aggiunga che, allo stato, all’ospedale di Vibo Valentia non risulta una quantità di casi, tali da giustificare il trasferimento del personale serrese.
Sarebbe, inoltre, interessante comprendere la “ratio” del provvedimento, per capire, ad esempio, la ragione per la quale analoga misura non abbia interessato l’ospedale di Tropea. Per quale motivo non sia stato trasferito un anestesista da Serra ed uno da Tropea, in modo tale da garantire la gestione delle emergenze in entrambi i nosocomi.
I cittadini del comprensorio serrese hanno, inoltre, il diritto di sapere cosa sia cambiato, rispetto a due settimane fa, quando è stato presentato il Piano regionale d’emergenza che assegnava al “San Bruno”, cinque posti di terapia sub intensiva. Se la loro mancata attivazione e la contestuale chiusura del pronto soccorso sono da mettere in relazione con una carenza di personale, viene da chiedersi con quale criterio sia stato preparato il piano destinato ad affrontare un’emergenza che mette a rischio la vita di centinaia di essere umani.
Ma, come in una scena del teatro dell’assurdo, i vertici dell’Asp, forse non senza una buona dose di sarcasmo, parlano di futuro.
Nella nota con la quale è stata comunicata la decisione, scrivono, infatti che la “disposizione ha carattere temporaneo” e sarà attiva “per il tempo strettamente necessario alla risoluzione delle gravi problematiche connesse all’emergenza pandemica Covid 19”.
Come dire: tranquilli, vi restituiremo l’ombrello non appena smetterà di piovere.
In attesa del futuro, alle genti delle Serre non rimane che organizzarsi, cercando magari di star male una persona per volta.
Nel caso di due emergenze contestuali, infatti, complice la malmessa viabilità provinciale, l’unica ambulanza in servizio potrebbe far meno di poco, ovvero nulla.
Quello che rischia di configurarsi è uno scenario assurdo, almeno quanto il provvedimento che ha privato i cittadini di un intero comprensorio del fondamentale diritto alla salute.
Dio non voglia che la situazione precipiti, ma se dovesse accadere, con una sola ambulanza, senza pronto soccorso e senza anestesisti, alla gente delle Serre non rimarrà che chiedere l’intervento del San Bruno, non dell’ospedale, della Certosa.