Dal Sol Invictus, al Natale di Cristo. La lunga storia di una festa senza tempo
La ricorrenza più importante della cristianità, quella che celebra la nascita di Cristo, ha origini antiche.
La storia rimanda ad un tempo remoto che precede l’avvento del cristianesimo. Una festa periodica di rinnovamento, celebrata a tutte le latitudini per simboleggiare la chiusura di un ciclo annuale e l’inaugurazione di quello successivo.
Una tradizione diffusa presso molti popoli pagani faceva coincidere, infatti, con il periodo compreso tra il 15 ed il 25 dicembre il momento più significativo dell’anno.
I Romani, ad esempio, tra il 17 ed il 25 celebravano i Saturanalia, i giorni di festa legati all’agricoltura e dedicati al dio Saturno. I Saturnalia precedevano il momento di passaggio e di rinnovamento che culminava nel solstizio d’inverno. La nascita del nuovo sole rappresentava una tradizione particolarmente diffusa nel nord Europa, dove la celebrazione era legata all’abete, l’albero sempreverde nel quale rifulgono i raggi del sole appena nato.
La festività romana che però presenta maggiori affinità con il Natale cristiano e quella del “Sol Invictus” in onore di Mytra, la divinità alla quale, secondo alcuni studiosi, la tradizione cattolica sarebbe particolarmente debitrice per la filiazione di tutta una serie di riti ed apparati liturgici.
La ricorrenza del Natale entra quindi lentamente nella tradizione religiosa cristiana. Una festività che nello spirito di una religione universalista come quella cattolica, con il trascorrere del tempo e la diffusione del verbo di Cristo in tutto il mondo, si arricchisce di nuovi apparati sincretici che racchiudono spesso tradizioni pre cristiane di chiara derivazione pagana.
L’agrifoglio, ad esempio, con il quale vengono spesso decorate le abitazioni, rappresenta un’antichissima usanza legata alla credenza secondo la quale le foglie acuminate avevano il potere di scacciare gli spiriti maligni.
Legata alla cultura celtica è invece l’usanza di appendere il vischio sull’uscio di casa. I Druidi, i sacerdoti celtici, oltre ad attribuirgli, poteri magici e curativi, sostenevano che i nemici che s’incontravano sotto una pianta di vischio dovessero deporre le armi. Per tale motivo, si è diffusa la credenza che la sua esposizione garantisca pace e serenità.
Molto più recente, invece, il ricorso alla stella di Natale, introdotta negli Stati Uniti e successivamente in Europa, dal Messico, nel 1825, dall’ambasciatore Joel Robert Poinsett.
Tutta italiana, la tradizione del presepe, la cui origine è attribuita a San Francesco d’Assisi che, nel 1223, nel convento di Greccio, fece celebrare la messa su una mangiatoia adibita ad altare, tra un asino ed un bue vivi al cospetto della gente del villaggio. In seguito, i francescani ed i domenicani promossero la costituzione di presepi che lentamente si diffusero in tutt’Italia. Il più antico presepe risale al 1280 ed è quello scolpito da Arnolfo di Cambio e custodito oggi nella basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma. E però tra il Sei ed il Settecento che il presepe diventa un’autentica forma d’arte arricchendosi di personaggi, angeli e gente comune. Tuttavia, anche il presepe non è immune da un retaggio molto più antico. Secondo la tradizione etrusca e latina, gli antenati defunti venivano rappresentati da statuette di terracotta, i lari, cui veniva assegnata la funzione di vegliare sul buon andamento della famiglia. Intorno al IV secolo, il rito venne mutuato dai cristiani che alle immagini dei lari sostituirono quelle dei componenti della Sacra Famiglia.
Una festa ricca di simboli e significati, elaborati da culture diverse, che sopravvivono, ancora oggi, nel tempo degli “dei falsi e bugiardi” del consumismo e del relativismo.
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