Serra San Bruno e la fiera di Santo Stefano
La fiera di Santo Stefano, unitamente a quelle di Ferragosto e Ognissanti, rappresenta per Serra San Bruno un vecchio retaggio le cui radici affondano nel passato, quando il borgo della Certosa era il centro di un fiorente artigianato. La fiera rappresentava, quindi, un’occasione importante per incrementare gli scambi commerciali, sia in entrata che in uscita.
Protagonisti indiscussi erano gli artigiani serresi che esponevano i loro manufatti a beneficio degli abitanti dei paesi limitrofi.
Chi arrivava da fuori, il più delle volte al termine di un lungo viaggio a piedi iniziato prima dell’alba, sapeva che non sarebbe ritornato a casa a mani vuote e che avrebbe trovato tutto ciò di cui aveva bisogno. Il ricco catalogo di prodotti messi in vendita grazie al genio serrese riusciva a soddisfare le esigenze più diverse.
Ovviamente si trattava, prevalentemente, di esigenze legate al mondo del lavoro. I rinomati fabbri esponevano asce, zappe, vanghe, così come i falegnami mettevano in bella mostra madie, cassapanche, pale da forno ed ogni altro genere di utensile necessario nelle attività produttive o domestiche.
Nei giorni della fiera, però, non arrivavano solo acquirenti. Molti erano, infatti, i commercianti che portavano a Serra bestiame e prodotti, generalmente, alimentari.
Del resto, i serresi non si sono mai dimostrati particolarmente versati per i mestieri agro-pastorali. La fiera rappresentava, quindi, l’occasione per comprare, ad esempio, generi alimentari che, oggi, chiameremmo a lunga conservazione.
La gran parte delle donne coglieva, infatti, l’occasione per mettere da parte qualche provvista con la quale superare l’inverno. In tempi in cui i prodotti destinati all'alimentazione non arrivavano, certo, dall’altra parte del pianeta, ogni buona massaia, che poteva permetterselo, acquistava gli alimenti più adatti ad essere serbati.
Si compravano, così, prodotti come le sarde in salamoia, le aringhe, il formaggio stagionato o i legumi secchi.
I mutamenti economici e quelli sociali intervenuti nel corso degli anni sono più che evidenti. Quella odierna non possiede più l’atmosfera della fiera descritta ne “Il borghese”, da Werner Sombart, tuttavia riesce ancora a richiamare un pubblico composito che, in barba alla crisi economica, affolla le numerose bancarelle.
Rispetto al passato è cambiato tutto, anche il rapporto con le cose e gli oggetti. Anziché i prodotti necessari ed indispensabili che si acquistavano un tempo, in molti casi, oggi si compra, infatti, paccottiglia cinese, utile solo a proiettare un'effimera allucinazione di benessere. Un’allucinazione indispensabile perché, come scriveva d’Annunzio in una favola di Natale, “il tesoro dei poveri è l’illusione”.
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