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Maria Boccuzzi era una bambina calabrese come tante. Come le molte bimbe meridionali venute al mondo in una famiglia spoglia di ricchezze e di memoria, in un posto senza tempo e con un futuro senz’avvenire.
Era nata a Radicena (Taurianova) l’8 ottobre 1920 e con la famiglia si era trasferita nel ricco Nord in cerca di un lavoro, di una opportunità e nella speranza d’imboccare quell’incrocio ‘anomalo’ del destino che si chiama fortuna.
Nel 1953 il futuro cantautore genovese, Fabrizio De Andrè, aveva 13 anni ed era solito trascorrere, nell’astigiano, periodi di svago lontano dalla scuola dei Gesuiti dell’Istituto Arecco che frequentava insieme ai rampolli della ‘Genova-bene’.
Era il periodo in cui ascoltava il cantautore francese, George Brassens, e si sentiva fortemente attratto dai personaggi che popolavano le sue canzoni che, spesso, riusciva a ritrovare nei fatti di cronaca nera narrati tra le pieghe dei giornali locali.
Nacque da una di queste ‘letture’ il suo incontro con la ‘Marinella’ di origini calabresi, brutalmente uccisa a 33 anni dalle ‘carezze di un animale’ e successivamente scaraventata nel fiume Olona.
È grazie al volume ‘Il libro del mondo’ di Walter Pistarini, in cui è ricostruita la vicenda, che è possibile dare un nome alla protagonista dell’episodio di cronaca realmente accaduto, amata dal ‘re senza corona e senza scorta’ cantata nella canzone che determinò la sorte artistica del cantautore genovese.
“Se una voce miracolosa – era solito dire il cantautore - non avesse interpretato nel 1967 ‘La canzone di Marinella’, con tutta probabilità avrei terminato gli studi in legge per dedicarmi all’avvocatura. Ringrazio Mina per aver truccato le carte a mio favore e soprattutto a vantaggio dei miei virtuali assistiti”.
Lo stesso Fabrizio De Andrè raccontava di essersi ispirato ad una notizia di cronaca nera che aveva letto su un giornale locale quando era ragazzo e che lo aveva particolarmente colpito. La ricostruzione nel libro di Walter Pistarini si basa su una ricerca condotta dallo psicologo Roberto Argenta - cui aveva pubblicato un primo resoconto su ‘La Stampa’ (nelle pagine di Asti) del 13 gennaio 2007 - fatta di ore di lavoro in biblioteca.
Dalla tenacia del ricercatore era emerso un primo indizio sul fatto di sangue a cui il celebre cantautore si era ispirato per la sua canzone. Si tratta, appunto, della storia di Maria Boccuzzi, una prostituta di 33 anni che venne ritrovata morta nel 1953 nell’Olona alla periferia di Milano. La notizia portava il seguente titolo ‘Carica di vistosi gioielli all’appuntamento con la morte’ ma fin qui la fonte era frammentaria e narrava di una prostituta che dopo aver tentato la carriera di ballerina con il nome d’arte di Mary Pirimpò, si era innamorata di un personaggio equivoco ed aveva cominciato a prostituirsi.
Questa storia ha trovato successivamente un riscontro in un articolo de ‘La Nuova Stampa’ del 30 gennaio 1953 - giorno successivo a quello del rinvenimento del corpo - intitolato ‘La mondana trovata uccisa nell’Olona’, che narra la vicenda cosi: “Quella di Maria Boccuzzi…è la storia di una vita torbida troppo presto conclusasi. Venuta a Milano con i genitori dal piccolo centro calabrese di Radicena, dov’era nata l’8 ottobre 1920, Maria Boccuzzi abbandonava la famiglia e il modesto lavoro di operaia alla nostra Manifattura tabacchi, per inseguire la chimera dell’arte scenica. Ma cadde sempre più in basso, fino ad essere fermata una notte dalla squadra buoncostume”. Altri dettagli sull’omicidio raccontano: “sei ferite d’arma da fuoco inducono a ritenere che l’assassino abbia anche infierito sulla disgraziata e, deciso a rendere quanto più perfetto il delitto, abbia provveduto a cancellare ogni possibile traccia del suo crimine…s’impadronì di tutti i suoi documenti, tra cui doveva esserci…una polizza di assicurazione sulla vita che garantiva un capitale di 300.000 lire a beneficio degli eredi eventuali”.
Dalle notizie emerse dalle indagini fatte all’epoca pare che la donna avesse manifestato al suo amante, un ballerino sospettato dell’omicidio, di voler abbandonare quella vita disordinata.
A proposito di questa storia, in una intervista a Vincenzo Mollica Fabrizio De Andrè disse che l’ispirazione per ‘La canzone di Marinella’ gliela aveva fornita “un fatto di cronaca nera che avevo letto a quindici anni su un giornale di provincia. La storia di quella ragazza mi aveva talmente emozionato che ho cercato di reinventarle una vita e di addolcirle la morte”.