Il ponte dell'Unical arriva in Qatar

NanoSiliCal Devices: Il “ponte” UniCal arriva in Qatar. E’ il titolo, suggestivo, dato all’evento che  si terrà venerdì 7 aprile nella Sala Stampa del Centro Congressi "Beniamino Andreatta”. 

L’appuntamento siglerà l’inizio di una collaborazione fra la NanoSiliCal Devices Srl, Spin off dell’Università della Calabria fondato nel 2014 e specializzato nella progettazione di Nanosistemi “intelligenti” a base di silice mesoporosa di potenziale impiego nella veicolazione mirata dei farmaci antineoplastici (http://www.nanosilicaldevices.com/), e Mohammed A. Al Emadi, membro di una delle più accreditate famiglie di imprenditori qatarioti che opera sin dagli inizi del secolo scorso nel mercato del Qatar in differenti aree, che spaziano dal settore manifatturiero a quello delle biotecnologie. La famiglia Al Emadi gestisce, inoltre, la Qatar International Islamic Bank (QIIB, quarta banca al mondo in termini di rilevanza) e la Qatar Islamic Insurance Company (QIIC).

Una collaborazione prestigiosa, indicativa della qualità e dell’appeal della ricerca “made in Unical” 

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Gli amici dell’Europa che odiano l’Occidente

“Dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io”. Un adagio particolarmente calzante per alcune imbarazzanti amicizie coltivate da Europa e Stati Uniti. Nella lista degli alleati dell’Occidente figurano, infatti, Paesi cui starebbe bene la definizione di “Stati canaglia”, coniata dai politologi anglosassoni per indicare le nazioni pericolose per la democrazia.  Si tratta di nazioni con cui il Vecchio continente e gli Usa fanno affari ed alle quali vendono armi ultramoderne.

Paesi retti da sistemi dispotici, nei cui confronti vige la consegna del silenzio. La stampa Occidentale, italiana in particolare, sempre attenta a cavalcare il destriero del politicamente corretto, non ne parla, quasi mai.

Le tiranniche petro-teocrazie del Golfo, dall’Arabia Saudita, al Qatar, assai di rado sono oggetto di dibattito.  Sono esenti da qualunque discussione relativa alla violazione dei diritti delle donne, degli immigrati, delle libertà più elementari. I loro abusi non vengono mai contestati. Così, come non vengono denunciati, i crimini di guerra che i sauditi compiono ogni giorno in Yemen.

L’ipocrisia dell’Occidente, più che assurda, è sconcertante. Tanto più che non è un mistero che dietro il terrorismo internazionale di matrice islamica ci siano proprio loro. Eppure, Europa ed Usa fingono di non sapere.

Prendiamo ad esempio il Qatar che continua, indisturbato, a fare shopping in Italia e in Europa nonostante le decine di rapporti che ne denunciano le connessioni con le centrali che alimentano il terrore. E’ ormai acclarato, infatti, che nel processo di destabilizzazione del Mediterraneo, i proventi del petrolio abbiano giocando un ruolo determinante, dalla Siria alla Libia.

Del resto, la strategia di divulgare l’islam oltranzista di matrice salafita è arcinota. Una strategia che prevede una progressiva penetrazione in Europa dove, ogni anno, vengono inviate decine di predicatori radicali. Nel Vecchio Continente, gli emiri finanziano moschee e centri di cultura con lo scopo di diffondere il verbo dell’intransigenza religiosa.

Un verbo, portato sulle coste del nord Africa dagli Ak47 dei miliziani del Califfato.  Il tutto, nel più assoluto silenzio dei media nostrani.

Un silenzio complice, criminale, comprato a suon di petrodollari

Nei giorni scorsi, un quotidiano tunisino ha pubblicato un rapporto segreto in cui si parla di un campo d’addestramento allestito dal Qatar nella città di Beja, in Tunisia.  Secondo le indiscrezioni fatte trapelare dall’organo d’informazione, i qatarioti vi avrebbero fatto confluire decine di miliziani algerini reduci dai campi di battaglia di Iraq e Siria.

Il rapporto ha rivelato che l’addestramento dei terroristi, ha lo scopo di destabilizzare l’Algeria. Il progetto, coordinato dagli agenti di Doha, si articolerebbe in tre fasi. Completato l’addestramento, i circa 800 miliziani affiliati all’Isis, dovrebbero entrare clandestinamente in Algeria dove dovrebbero creare basi logistiche in aree poco popolate. Da qui, dovrebbe partire la terza fase, quella destinata a far entrare in azione i terroristi nei grandi centri urbani.

Un scenario che l’Algeria ha già conosciuto negli anni Novanta, quando il Paese venne sconvolto dalla sanguinosa guerra civile alimentata dal braccio armato del Fronte islamico di salvezza.

Se ciò accadesse, la situazione sarebbe esplosiva. L’Italia si troverebbe, ancora una volta,  a pagare il prezzo di una crisi dalle conseguenze incalcolabili.

Per prevenire il rischio che incombe, gli algerini stanno presidiando il loro permeabile confine con la Tunisia. Da una parte, stanno alzando una barriera di sabbia,  dall’altra, stanno intensificando i controlli. Nelle scorse settimane, le forze di sicurezza di Algeri hanno scoperto una decina di tunnel destinati a far passare uomini ed armi.

Mentre tutto ciò accade, sulla porta di casa, l’Italia e l’Europa continuano a crogiolarsi nel loro pusillanime immobilismo. Un immobilismo che alla lunga si rivelerà fatale.

Articolo pubblicato su mirkotassone.it

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