Renzi e le sue riforme: ancora colpi inferti alla scuola pubblica
- Written by Nicola Rombolà
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Forse l’immagine che più di ogni altra fotografa la condizione morale, civile ed esistenziale in cui versa questo Paese, è l’Urlo di Munch. Chi ha sperato che l’Italia fosse capace di aprire gli occhi della coscienza e guardare con più fiducia al proprio presente e futuro, sente l’urlo della disperazione appropriarsi in modo inesorabile e risuona potente l’eco delle parole di Corrado Alvaro: “la disperazione più grave è il dubbio che essere onesti sia inutile”. L’ultimo colpo inferto sul corpo agonizzante della Democrazia (dopo l’Italicum) nello sguardo incantato di chi continua a credere nei principi fondamentali sanciti nella Costituzione, ma anche nella capacità dello Spirito di potersi ergere dalla meschinità dei sentimenti e dei comportamenti, è il Disegno di legge sulla “Buona scuola”, riforma che presto approderà al Senato. Così come è stato concepito e per come è stato licenziato dalla Camera dei deputati, questo disegno può essere, senza ombra di dubbio, considerato come la riforma della “Buona - anzi - Ottima Distruzione della Scuola Pubblica”. La superfetazione dell’io del presidente del Consiglio Matteo Renzi (fate caso a quante volte ripete “io”), ha sacrificato sull’altare della patria (a 100 anni dalla Grande guerra e a 70 dalla Liberazione) la dignità degli insegnanti e di tutto il Paese. Un Governo non eletto, un parlamento di nominati, nella maggior parte interessati solo alla conservazione del proprio “vitalizio”, hanno sentenziato la morte della scuola pubblica. Quei Democratici, ispirati ai valori della sinistra, che hanno votato questo disegno, dovrebbero spiegare agli italiani e al mondo intero, come si può parlare di formazione delle coscienze etico-civili delle nuove generazioni, quando i docenti diventano dei nuovi vassalli, privi di diritti e di dignità. La Democrazia è stata barattata per 30 denari. Una scuola pubblica, in cui l’insegnamento non abbia l’imprimatur della “De hominis dignitate” (Pico della Mirandola), viene messa di fronte alla porta che reca scritto “Lasciate ogne speranza o voi ch’intrate” e traghettata “tra la perduta gente”. Dobbiamo riconoscere a Dante, in omaggio ai 750 anni dalla sua nascita, la straordinaria capacità profetica, come emerge nella terzina del VI canto del Purgatorio: “Ahi serva Italia, di dolore ostello,/ nave sanza nocchiere in gran tempesta,/non donna di province, ma bordello!”. Quale altra speranza che questa Italia possa avere cittadini con un pensiero critico e libero o persone in grado di affermare e far affermare i fondamentali principi umani, nel loro supremo valore etico e spirituale come “diritti inviolabili dell’uomo” (art. 2 della Costituzione, ribaditi nell’art. 3)! Si sente solo il De profundis. Ma è possibile che il “disegno strategico”, non più occulto, che si vuole perpetrare da un Governo non eletto, con un parlamento nominato con una legge dichiarata incostituzionale, è quello della distruzione di ogni principio democratico? Non è solo in gioco il destino della Scuola, ma di tutto il Paese, perché l’orologio della Storia lo si vuole far ritornare al feudalesimo, dove andrà in scena anche nella Scuola il rito dell’omaggio, del beneficio e dell’investitura. I nostri Padri, il sacrificio della loro vita, i massacri compiuti sul fronte della guerra, il sangue versato dai tanti che hanno creduto negli ideali di Libertà e di Giustizia, crollano miseramente sotto i colpi del novello principe Magnificus Homo Florenzis preconizzato da Machiavelli: il fine giustifica ogni mezzo, anche quello più subdolo e spietato, e in cui ogni principio etico e democratico, viene “compromesso”, pur di mantenere forte e saldo il vessillo della potente aquila imperiale. Questo Paese, nelle sue istituzioni più alte, dimostra di essere “merce” di scambio, perché ha perso ogni responsabilità e credibilità, perché è stato svuotata la partecipazione e la rappresentanza politico-democratica, e rimane solo l’involucro di un organismo divorato dalla corruzione e dalle ambizioni personalistiche, dove il culto della personalità, ha contaminato l’aria quanto l’inquinamento delle istituzioni. Questa è l’amara disperazione che tutti ci portiamo dentro il cuore e nell’anima. Tornano alla mente le Parole di Pasolini nel famigerato articolo pubblicato l’1 febbraio del 1975 sul Corriere della sera, passato alla storia della nostra cultura come “La scomparsa delle lucciole”, una lunga e lucida analisi sulla natura dei vecchi e dei nuovi fascismi e sul mutamento antropologico del potere. Pasolini ha ricostruito un preciso spaccato descrivendo il volto del nuovo potere di fronte alla natura incantata delle lucciole, tracciando una netta linea tra il tempo prima e post scomparsa, chiudendo questa illuminante e inquietante riflessione, in modo icastico e fantastico: “io darei l’intera Montedison per una lucciola”. Come non ricordare, a proposito di fascismo, il decreto con il quale si dava libertà ai presidi di nominare i loro docenti, naturalmente quelli allineati al regime (decreto del 2 giugno 1923 a firma di Benito Mussolini), a cui sembra essersi ispirato Renzi: “Le supplenze ai posti di ruolo e gli incarichi di insegnamento di qualunque specie sono scelti e conferiti dal preside”. I presidi quindi saranno i nuovi podestà. Chissà quanti Matteotti verranno sacrificati da questo nuovo regime scolastico! Ma tutti i deputati PD che hanno votato questo disegno di legge, e quelli complici che non sono stati presenti alla votazione, erano sotto effetto dell’ipnosi dei rai fulminei del Magnificus? Ci chiediamo sbalorditi, disperati e strabiliati. Questo è il grande dono a tutte le vittime della mafia, della Grande guerra e della follia nazifascista durante la seconda guerra mondiale, che i nostri illuminati rappresentanti istituzionali hanno partorito? Ma chi ha potuto concepire un simile “monstrum”? È l’ultimo disperato grido... “Dov'e' finito il bosco? E' scomparso. Dov'e' finita l'aquila? E' scomparsa. E' la fine della vita e l'inizio della sopravvivenza". Queste parole conclusive del discorso di Capo Seattle pronunciate nel 1854 all’indirizzo del grande Capo bianco, sembrano risuonare come un sinistro monito; e aggiungiamo alla luce del DDL: “Dove è finita la scuola pubblica? Scomparsa!” Dalla scomparsa delle lucciole di Pasolini alla definitiva scomparsa della Democrazia: inizia la sopravvivenza per le tante lucciole della scuola. “Ma oggi dove è finito il nostro sogno di un futuro libero, democratico, dove tutti dovevano essere rispettati? Io ho ormai novant’anni e questo non è più il mio mondo” è l’amara e sconfortata riflessione della partigiana ligure Adriana Colla in una lettera scritta tre anni fa a Carmine Fusca (partigiano vibonese) entrambi protagonisti nella lotta per la liberazione in Val di Susa.