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Roma Capitale, caso Casamonica: i prefetti non sono tutti uguali

Il prefetto di Perugia è stato destituito per aver detto un po’ troppo alla paesana quello che pensiamo tutti ed è ovvio: se un ragazzo si droga o altro, c’è una colpa della famiglia. Insomma, non è stato politicamente corretto.  Il prefetto di Roma, Gabrielli, ha dichiarato di non aver saputo che un pregiudicato defunto sarebbe stato onorato di esequie, e fin qui nulla di strano, e, dopo il rito, sarebbe stato caricato sopra una carrozza a tre coppie di cavalli, con banda al seguito (nel senso di banda musicale), e banda in tutti gli altri i sensi, mentre un elicottero lanciava nuvole di fiori sopra il feretro. Di questa bazzecola non si erano accorti sindaco, vigili, polizie varie, comandi, questore, e, per tutti, il prefetto, il quale è nella provincia il supremo rappresentante dello Stato e responsabile dell’ordine pubblico; e non in una provincia sperduta, ma nella capitale. Capitale che dall’altro ieri fa ridere tutti i principali giornali del mondo civile.  Non credo che ci sia alcun dolo; c’è di peggio, c’è inettitudine; e un inetto è ancora più pericoloso. Attenzione, inetto dal latino ineptus, derivato da un “in” negativo, e “aptus”: dunque, non adatto alla funzione che esercita. Quello che ha fatto il Gabrielli, anzi, che non ha fatto, è mille volte più grave di una frase in mezzo napoletano: è non aver saputo che una banda musicale e una banda di zingari occupavano il bel mezzo dell’Urbe; o, avendolo saputo, non averlo impedito. In uno Stato serio, sarebbe già in viaggio il più lontano possibile da Roma e dalla sua provincia: destituito. Evidente è che nemmeno i prefetti sono tutti uguali.

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