Bisogna insegnare agli ignoranti, puché ammettano di essere ignoranti
Ai miei tempi, molto tempo fa, queste cose venivano insegnate al Catechismo; oggi non tanto o per niente, e perciò ha fatto bene il papa a ricordare che esistono, codificate, le Opere di misericordia spirituale e corporale.
Una di queste è “Insegnare agli ignoranti”. Ha ricordato, opportunamente, don Bosco; ma sarebbe lunghissimo l’elenco degli Ordini e Congregazioni che si dedicarono all’insegnamento; e comunque ogni parroco insegnava a tutti almeno la Dottrina.
Mi permetto però qualche considerazione:
- Io ho studiato dai Salesiani, i quali non prestavano attenzione a vere o presunte condizioni sociali o ambientali o familiari o personali; ma solo badavano a che l’allievo uscisse sapendo tutto quello che si doveva sapere in un Liceo Classico. Altrimenti, l’effetto sarebbe stato che il suddetto allievo sarebbe stato promosso a scuola e stroncato e dall’università e dalla vita.
- Don Bosco insegnava la religione, le buone maniere, un mestiere o professione: in quest’ordine.
- Logica elementare: se io vado a farmi insegnare qualcosa, vuol dire che non la so, e ammetto che non la so. E invece da mezzo secolo si sta spargendo la voce che tutti sanno tutto e possono parlare di tutto: e tutti sanno di letteratura, e fin qui poco male; ma anche di medicina. Ritenendosi istruiti, anzi filosofi, tutti restano nella loro presuntuosa ignoranza; e guai se tenti di farglielo notare: se ti va bene, ti ammoniscono ad essere umile, cioè a bersi sorridendo ogni bufala e fantasticheria.
- “Cave hominem unius libri”, affermò s. Tommaso d’Aquino. Chi ha letto un libro solo (o un solo giornale o sentita una sola tv), è come gli Esquimesi di un tempo, i quali pensavano che il mondo fosse tutto ghiaccio!
E allora, è misericordia insegnare agli ignoranti; ma prima, bisogna che agli ignoranti si renda noto che ignorano; e perciò, se qualcuno insegna qualcosa loro, dovrebbero essere grati. Se no, è tempo sprecato.
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