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Il familismo amorale e il sottosviluppo della Calabria

Carenza di infrastrutture, tessuto produttivo asfittico, ‘ndrangheta. Sono le cause che, secondo l’ultimo studio Svimez, determinano e incancreniscono lo stato di arretratezza della Calabria. Ma vi sono motivi, che affondano le loro radici nella storia e nelle consuetudini, che spesso vengono affrontati solo en passant, come se si trattasse di aspetti secondari. E, invece, costituiscono le vere origini del gap socio-economico che separa la realtà in cui viviamo da quelle più avanzate. Da un’attenta analisi delle diverse aree territoriali italiane emerge una correlazione positiva tra  sviluppo economico e senso civico. Le regioni che attualmente presentano i tassi di crescita più elevati sono le stesse in cui le società di mutuo soccorso, le associazioni culturali o qualunque altra organizzazione basata sulla cooperazione sono più diffuse. Nel nostro Sud a prevalere non è mai stata la propensione verso la collaborazione, piuttosto si è diffusa l’idea del “bene limitato” riguardo all’approccio verso le risorse ed ha preso piede la regola del “massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare; supporre che tutti gli altri si comportino allo stesso modo”. Illuminante è la ricerca di Banfield (1976) che si soffermò su alcune “caratteristiche” della società meridionale, con particolare riferimento alla Lucania. Questa esperienza sul campo portò Banfield a considerare il Mezzogiorno come una società di familisti amorali, in cui “nessuno persegue l’interesse del gruppo o della comunità, a meno che ciò non torni a suo vantaggio” e dove “mancherà qualsiasi forma di controllo sull’attività dei pubblici ufficiali” e “sarà molto difficile dare vita e, mantenere in vita, forme di organizzazione”. “In una società di familisti amorali – rilevò - si agirà in violazione della legge ogni qualvolta non vi sia ragione di temere una punizione” e “il familista amorale, quando riveste una carica pubblica, accetterà buste e favorì, se riesce a farlo senza avere noie, ma in ogni caso, che egli lo faccia o no, la società di familisti amorali non ha dubbi sulla sua disonestà”. Inoltre “il familista amorale apprezza i vantaggi che possono derivare alla comunità, solo se egli stesso e si suoi ne abbiano parte diretta”. Da questo quadro emerge la mancanza delle condizioni morali della crescita economica. Anche perché abbinando a queste osservazioni le tesi di Fukuyama si deduce che “un necessario antecedente della fiducia, oltre all’onestà e alla lealtà, è il senso del dovere, ovvero la responsabilità verso il ruolo che si ricopre nella società… dal punto di vista economico questa mancanza di responsabilità (al Sud) è nociva perché determina un’allocazione delle risorse indipendentemente dalla loro produttività (merito), e dunque inefficiente”. In sostanza, se si danno per buone queste considerazioni, si arriva ad affermare che la politica è malata perché, ancora prima, la società è malata. In altre parole, i vertici sono marci perché è marcia la base. Concetto che può apparire provocatorio, ma che – al di là della volontà di riversare sugli altri la responsabilità dei propri fallimenti – dà una spiegazione logica a molte situazioni della vita quotidiana.

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"Stop ai pregiudizi verso il Sud: ritardi dovuti a scelte sbagliate non ad antropologia"

“Sta passando l’idea, nel dibattito pubblico nazionale grazie anche all’autorevolezza di alcuni commentatori sulle pagine dei grandi quotidiani, che i ritardi del Sud siano dovuti all’antropologia piuttosto che alle scellerate scelte di politica economica. Purtroppo, a questi pregiudizi e rappresentazioni parziali della realtà, dà un forte assist la tesi secondo cui a risolvere i problemi del Sud debbano essere altri: lo Stato, il Nord, l’Europa. E che, in sostanza, la politica possa fare a meno del protagonismo dei soggetti dello sviluppo presenti nelle regioni meridionali e sia irrilevante il coinvolgimento del partenariato pubblico e privato nelle scelte per il riscatto economico e sociale”.  L’ha sostenuto la consigliera regionale di “Calabria in Rete” Flora Sculco, ieri pomeriggio a Catanzaro nel corso di un incontro con numerosi sostenitori del suo movimento in vista dell’apertura di una sede nel capoluogo. “La somma di queste due pessime logiche - ha aggiunto - che sommano antropologia e sfiducia nelle istanze del territorio quando si discute dei ritardi del Sud, se la politica non recupera una visione d’insieme e le classi dirigenti del Sud non si attrezzano con una progettualità per lo  sviluppo capace di dialogare attivamente con le strategie economiche del Governo e dell’Europa, rischia di condannare il Mezzogiorno e le sue aree più svantaggiate come la Calabria ad un destino di emarginazione di sottosviluppo permanente”. Ad avviso di Flora Sculco: “Con il Masterplan per il rilancio del Sud il Governo Renzi dimostra di voler recuperare la sua funzione di coordinamento delle politiche economiche, necessaria anche per impedire che i fondi comunitari siano persi o dissipati in centinaia di rivoli di spesa ad impatto zero sulla qualità della vita dei meridionali. Il Masterplan, offre ed indica obiettivi e occasioni reali di crescita. Per questo è uno strumento e una opportunità che costituisce una novità dopo i tanti silenzi sul Mezzogiorno ed una cornice d’insieme (linee guida, modalità, tempi, risorse, grandi aziende di Stato) che però ha bisogno, per poter dare risultati, di uno scatto d’orgoglio e di un protagonismo progettuale da parte dei soggetti dello sviluppo delle regioni del Sud. Ecco perché stiamo insistendo sul “Patto per la Calabria”, quale strumento propositivo che mentre interpella le singole realtà e ogni attore dello sviluppo, affinché si dia una mossa elaborando progetti innovativi, sia in grado nel contempo di proporre ai calabresi ed al Paese una visione ed un’idea del futuro che vogliamo per la Calabria. Continuare, invece, nelle solite liturgie dei Patti per lo sviluppo elaborati senza entusiasmo, magari su questioni settoriali e addirittura e senza il coinvolgimento della società civile, significherebbe sprecare un’opportunità che ci viene data dal Governo in un frangente in cui la Calabria vive una crisi sociale drammatica fatta di spopolamento, diseguaglianze e povertà”.  Ha concluso la consigliera regionale: “E’ giusto segnalare l’urgenza di colmare lacune infrastrutturali ed i richiami del presidente di Ance-Calabria in polemica col ministro Delrio vanno presi in considerazione, com’è giusto insistere perché su tanti altri settori l’attenzione del Governo sia coerente e incisiva, ma in Calabria le classi dirigenti, se intendono recuperare credibilità sui tavoli romani ed europei, debbono  bloccare la tendenza alla frammentazione ed elaborare una progettualità d’insieme che sia affidabile, sia in termini di sviluppo compatibile con le risorse disponibili che di realizzazione nel breve tempo per dare risposte ai cittadini e speranza alle nuove generazioni”.

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