Al nuovo turismo non piace la vecchia Calabria
Circola una battuta, attribuita a Briatore, che lamenta l’assenza, a Sud, di un turismo di lusso, quindi capace di attirare clientela facoltosa e capace e vogliosa di spendere. Sorvolo sulle reazioni demagogiche e buoniste e moralistiche bacchettone e di meridionalismo da Pulcinella, per domandarmi se è vero; ed è vero: il Meridione non offre questo tipo di turismo. Lo offriva, un tempo, secoli fa; quando a Napoli, in Sicilia venivano i nobili e dotti del grand tour in cerca di ricordi grecoromani o di emozioni contemporanee; e qualcuno capitava persino in Calabria. Più recentemente e modestamente, c’era turismo di alto livello a Sorrento, a Capri, a Taormina… A Soverato, sì, anche a Soverato, nel nostro piccolo. Chi ricorda la mitica via Marina degli anni 1950-60, sa che, secondo quei tempi, il turismo soveratese era di lusso. Il lusso di quei tempi, ovvio, quando bastava un albergo pulito e ospitale; una trattoria davvero tipica; e un mare dove non ci si annoiasse… Ma allora l’aria condizionata non l’avevano nemmeno i re per il fatto che non l’avevano ancora inventata. E credetemi sulla parola e per prova personale: negli anni 1960 la pizza si mangiava solo a Napoli e la piadina a Rimini e non viceversa. Secondo quei tempi, Soverato era turismo di lusso. Poi hanno costruito “pemmu l’affittamu a li bagnanti”, e i “bagnanti” sono arrivati, che sono la parodia del turista. Ricordate gli anni 1970, e gli appartamenti abitati da venti persone che dormivano a turno? Eccetera. Regola: il turismo cattivo scaccia quello buono. E così i turisti di lusso, o almeno medi, o almeno normali, se ne sono andati altrove. Attenzione: il lusso del 2016 non è il lusso del 1950; e il Meridione non lo avrà mai. Facciamo un esempio grazie a Dio teorico: il fasullo albergo a cinque stelle che volevano alzare al posto del Quarzo (ma erano “strutture ricettive”, cioè appartamenti). Ammesso fosse mai sorto, immaginate la scena di una nobildonna danarosa elegantissima e del sottoscritto che, abitando a cento metri, porta a spasso i suoi cani meravigliosi ma da stelle 0,1, e vestito di calzoncini e pianelle all’insegna della sprezzatura. Per un albergo a cinque stelle, servono, intorno, cani a cinque stelle e padroni che per passeggiarli indossino il frak! Tuttavia un’offerta turistica deve tenere conto di tutte le esigenze, anche di quelle dei ricconi, come di quelle dei medi e dei poveri. Esempio: da Monasterace a Roccella ci sono trenta chilometri di spiaggia bellissima e assolutamente deserta; l’ideale per un bel turismo balneare, se sindaci e popolazione la smettessero di girarsi i pollici e passare in televisione con le chiacchiere filosofiche. Ma la Calabria ha potenzialità di turismo religioso, culturale, termale, di salute, di riposo, di montagna, agriturismo… Basterebbero attrattive medie, decenti, interessanti. E non necessariamente limitate a Ferragosto. A Ferragosto, è facile: spiaggia, pizza, un letto, un grammofono spacciato per discoteca… Per destagionalizzare, occorre professionalità. Ci vuole una rivoluzione culturale: cioè tappare la bocca a quelli che sono rimasti ai Vitelloni, e pensano che il turista sia un decerebrato tipo Mi sono innamorato di Marina e jè jè. E affidare il turismo a chi ne ha contezza scientifica ed economica. A proposito, a Cosenza c’è un corso di laurea detto Scienze Turistiche: come mai i suoi professori sono tutti muti? Mai una volta che dicessero qualcosa di scientifico e di turistico!
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