La rapida e insidiosa diffusione del coronavirus, nel volgere di una manciata di giorni, ha sconvolto la vita di milioni di persone che, dall’oggi al domani, hanno dovuto rimodellare la propria quotidianità, tenendo conto di piccole e grandi prescrizioni.
Il virus ha portato alla ribalta prodotti ed oggetti prima relegati ad ambiti professionali ben definiti.
Un posto d’onore l’ha, sicuramente, conquistato la mascherina, croce senza delizia degli italiani.
Il dispositivo che, con l’esplosione della pandemia, è diventato introvabile, poi venduto a costi accessibili al sultano del Brunei, infine distribuito a prezzo calmierato, ma solo nella fantasia del commissario Arcuri, è entrato, giocoforza, nella vita di ciascuno.
Oltre ad arginare, si spera, la diffusione del contagio, la mascherina ha permesso di rivelare l’esistenza di tre macroaree caratteriali in cui possono essere classificati gli italiani.
La prima, quella che potremmo definire anonima, usa la mascherina senza nessun tocco di fantasia, limitandosi banalmente a seguire le prescrizioni.
La seconda, quella ipocondriaca, di cui fanno parte quanti indossano la mascherina al mattino, quando entrano in doccia; continuano a portarla, forse nel timore che il contagio possa viaggiare sulle frequenze radiofoniche, anche quanto sono in auto in completa solitudine e non la leverebbero neppure se si perdessero nel deserto del Gobi.
Infine, la terza categoria, quella dei disinvolti, uomini e donne che, con tutta evidenza, hanno fatto dell’originalità il loro tratto distintivo e temono l’anonimato più del coronavirus. Se ci fosse, il premio fantasia, andrebbe a loro, perché sono riusciti a trasformare un banale dispositivo di protezione, in un vero e proprio accessorio, un oggetto cool destinato a sopravvivere all’emergenza. Costoro non riusciranno più a farne a meno, lo s’intuisce da come la ostentano. Li si incontra per strada, con la mascherina sulla testa, sul collo, attaccata al braccio, appesa ad un solo orecchio o tenuta in mano, quasi fosse una borsetta griffata.
Sono proprio loro, le persone à la page, con le loro mascherine inamidate che non hanno mai sfiorato un labbro, che restituiscono alle persone comuni la gioia di vivere e la certezza che, alla fine, andrà tutto bene.