Calabria, Generazione Famiglia contro la legge regionale sul gender
«Il consigliere Giudiceandrea, capogruppo della lista Democratici Progressisti, vuole che la Regione Calabria adesso si metta a discutere sul sesso degli angeli e la cosa stupisce perché in questa bellissima terra le problematiche che vivono i cittadini sono ben altre e sicuramente più urgenti».
Lo denuncia il presidente nazionale di Generazione famiglia, Jacopo Coghe, scagliandosi contro l’approvazione della proposta di legge regionale n. 317-10 dal titolo “Disposizioni per il superamento delle discriminazioni basate sull’identità di genere e l’orientamento sessuale ipotizzando in pratica un terzo sesso”.
Proprio in questi giorni la proposta ha trovato l’ok in Commissione cultura dell’ente regionale.
Nel testo si può leggere come “la percezione e la consapevolezza che le persone hanno di sè non si identificano necessariamente nè con il genere femminile, nè maschile”.
«Insomma, con la solita scusa di prevenire giustamente discriminazioni e violenze, si vuole introdurre nella società calabrese la cultura gender che anche Papa Francesco ha definito, condannandola, una colonizzazione ideologica», ha continuato Coghe.
In conclusione, si chiede il presidente di Generazione Famiglia, «quale giovamento possa portare questo tema in una Calabria che fra le ultime Regioni d’Europa per vivibilità, Pil e reddito pro-capite, Pil e reddito pro-capite».
E promette: «Scenderemo in campo contro chi vuole ideologizzare le menti e lo faremo in tutti i modi possibili e leciti: la Regione Calabria sentirà risuonare la nostra voce». Gli fa eco Francesco Marrara – portavoce del circolo reggino di ‘Generazione famiglia’ – il quale dichiara di sentirsi «rammaricato per la mancata presa di posizione da parte di tutte le opposizioni in merito a questa proposta di legge che di fatto apre all’ideologia gender», e Marrara continua dicendo che «questo silenzio pesa, sicuramente ce ne ricorderemo fra qualche mese in occasione delle prossime elezioni regionali. Intanto siamo pronti a chiamare la piazza».
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