Torture e lesioni in carcere: manette per 6 agenti penitenziari

Questa mattina la polizia di Stato, su delega della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, ha dato esecuzione a un’ordinanza di misure cautelari, disposta dal gip del Tribunale reggino, a carico di 8 appartenenti alla polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale “G. Panzera” di Reggio Calabria. 7

In particolare, sei sono finiti agli arresti domiciliari, mentre a carico degli altri due è stata disposta la sospensione dall’esercizio di pubblico ufficio.

Agli indagati sono contestati i reati di tortura e lesioni personali aggravate ai danni di un detenuto. Al comamdante del Reparto, che figura tra gli indagati ed al quale è stata applicata la misura degli arresti domiciliari, vengono contestati anche i reati di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico, di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico per induzione, di omissione d’atti d’ufficio, di calunnia e tentata concussione.

Oltre ai destinatari delle misure cautelari, sono sottoposti ad indagine altri 4 poliziotti penitenziari, ai quali viene contestato il reato di tortura e lesioni personali in concorso, per i quali il gip si è riservato di valutare la richiesta di applicazione della misura cautelare interdittiva formulata dalla Procura all’esito dell’interrogatorio, ed il medico dell’istituto penitenziario, indagato per il reato di depistaggio, per aver reso false dichiarazioni al pubblico ministero, per il quale il gip valuterà la richiesta di applicazione della misura della sospensione dalla professione medica.

I fatti contestati agli indagati risalgono al 22 gennaio scorso e vedono come parte offesa un solo detenuto, che aveva messo in atto una protesta, rifiutandosi di far rientro nella cella dopo aver usufruito del previsto passeggio esterno.  In risposta a tale condotta, secondo il provvisorio capo di imputazione, gli indagati “conducevano illegittimamente il detenuto in una cella di isolamento, senza alcuna preventiva decisione del Consiglio di disciplina ovvero senza alcuna previa decisione adottata in via cautelare dal Direttore, serbando gratuite condotte di violenza e di sopraffazione fisica che cagionavano al detenuto acute sofferenze fisiche mediante più condotte e sottoponendolo ad un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona”.

In particolare,  secondo la ricostruzione operata allo stato degli atti e fatti salvi i necessari successivi accertamenti  di merito,  le condotte si sostanziavano nel colpire ripetutamente il detenuto con i manganelli in dotazione, ma anche con dei pugni, facendolo spogliare e lasciandolo semi nudo per oltre due ore.

Per coprire tali condotte, ed evitare conseguenze per una eventuale denuncia da parte del detenuto, il comandante del Reparto, avrebbe poi redatto una serie di atti, in relazione ai quali gli vengono contestati i delitti di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico, di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico per induzione, di omissione d’atti d’ufficio e di calunnia.

Nei giorni successivi lo stesso ufficiale avrebbe tentato di costringere, illegittimamente, un suo sottoposto a mostrargli delle relazioni di servizio relative alla sorveglianza dello stesso detenuto, e per tale motivo è stata formulata a suo carico anche l’ipotesi di reato di tentata concussione.

Le indagini, affidate dalla Procura di Reggio Calabria, alla Squadra mobile, sono state avviate dopo la denuncia sporta dai familiari di alcuni detenuti, tutti di origine campana, a cui le persone recluse, nel corso di colloqui telefonici, avevano riferito di essere state malmenate all’interno del carcere.

I successivi approfondimenti investigativi, anche attraverso l’escussione dei reclusi da parte del pubblico ministero titolare delle indagini, avevano permesso già in una prima fase di circoscrivere ad un solo detenuto le condotte violente, così come poi confermato dalla visione e analisi delle telecamere interne dell’istituto di pena.  

Va segnalato che le gravi condotte contestate sono ascrivibili alla responsabilità personale solo di alcuni appartenenti alla polizia penitenziaria, che presta servizio all’interno della struttura penitenziaria in questione con abnegazione, sacrificio e senso del dovere, e con pieno rispetto  dei diritti e della dignità dei detenuti.

In auto con mezzo chilo di cocaina, agente della polizia penitenziaria finisce nei guai

Un agente della polizia penitenziaria, G.F., 37 anni di Lamezia Terme, in servizio alla casa circondariale di Reggio Calabria “Arghillà”, è stato arrestato poiché sorpreso a trasportare cocaina.

Inoltre, a casa dell'uomo sono stati trovati cannabis sativa e materiale per il confezionamento.

L'arresto è stato effettuato dai poliziotti dei Commissariato di Gioia Tauro che, durante un servizio di controllo, hanno fermato un’auto guidata dall'arrestato.

È seguita quindi una perquisizione, nel corso della quale, sotto il sedile del conducente è stata rinvenuta una busta con 500 grammi di cocaina.

Nella tasca del giubbotto di G.F. sono stati trovati altri 2 involucri con la stessa sostanza.

Il controllo è stato esteso anche nella casa lametina dell'uomo, dove sono stati rinvenuti 21 grammi di cannabis sativa, un bilancino di precisione e materiale per il confezionamento.

Dopo aver sequestrato lo stupefacente, i poliziotti hanno arrestato G.F., con l'accusa di detenzione e trasporto di sostanza stupefacente ai fini di spaccio.

 

Ferro (FdI): " Governo e Parlamento assicurino alla Polizia Penitenziaria il potenziamento degli organici"

Nel 201mo anniversario della fondazione del Corpo di Polizia Penitenziaria, Fratelli d’Italia rinnova l’impegno a favore degli uomini e delle donne in divisa che ogni giorno compiono il proprio dovere tra mille difficoltà e a spesso a costo di grandi sacrifici personali”.

È quanto afferma il deputato di Fdi Wanda Ferro, che spiega: “E’ necessario che Governo e Parlamento assicurino alla Polizia Penitenziaria il potenziamento degli organici e adeguati strumenti per operare, ma soprattutto garantiscano la dignità del loro lavoro e la sicurezza interna alle carceri. Per questo ci impegneremo a rivedere molti aspetti della riforma del sistema carcerario voluta dal centrosinistra, affinché venga assicurata la certezza della pena e non vengano garantite scappatoie per i delinquenti, ma soprattutto perché venga data priorità alla sicurezza degli operatori, sempre più spesso vittime di violente aggressioni. Inoltre ci opporremo alla norma che impone di redigere un verbale ogni volta che viene effettuata una perquisizione personale: un aggravio del carico di lavoro - conclude Wanda Ferro - che trova il suo fondamento solo nel pregiudizio di natura ideologica di chi vede nell’agente della Polizia penitenziaria un possibile aguzzino."

Vibo Valentia, continua la protesta del Sappe

Riceviamo e pubblichiamo

"Dopo la massiccia astensione del personale (con l’adesione di oltre il 98%) dalla mensa obbligatoria di servizio dello scorso 26 luglio, non si ferma l’iniziativa del Sappe e del suo segretario provinciale Francesco Ciccone, che oggi (9 agosto 2017), promuove la seconda giornata di astensione che conferma la quasi totalità di adesione, ciò a significare che la strada intrapresa dal Sappe è quella giusta.

Nei giorni scorsi il Sappe aveva chiesto l’intervento di S.E. il Prefetto di Vibo Valentia in quanto è innegabile come la carenza di personale influisca oltre che sulla gestione del carcere anche sul territorio. Il signor Prefetto che ha gentilmente convocato il segretario provinciale, ha promesso un suo fattivo interessamento per perorare la causa della polizia penitenziaria di Vibo Valentia.

Tuttavia nonostante l’impressionante astensione del personale dalla mensa di obbligatoria di servizio ed il gentile interessamento dell’ufficio territoriale del governo ad oggi non sono pervenute risposte da parte dei superiori uffici ed addirittura si continua a gravare sul personale di Vibo Valentia anche per servizi extra, disposti dal provveditorato regionale.  Addirittura il 26 luglio, giorno dell’astensione dalla mensa sono stati assegnati a Vibo Valentia altri 20 detenuti appartenente al circuito alta sicurezza! Forse non hanno capito che il Sappe richiede l’assegnazione di nuovi agenti e  non detenuti! Il vero problema è la carenza organica (con il D.M. del 2001 era di 202 unità, quella attuale, del D.M. 2013, ne prevede sole 140) ben 60 unità in meno, addirittura nell’Istituto, inaugurato nel 1997, svolgevano servizio ben 257 unità di Polizia Penitenziaria.

I dati oggettivi che esponiamo ci dicono che a Vibo Valentia su oltre 420 detenuti presenti, dei quali circa 230 appartenenti alla criminalità organizzata, operano solo 137 unità Polizia Penitenziaria.

Il rapporto è di 1 Agente per 3 detenuti con una percentuale di circa il 33%;

A livello regionale i detenuti presenti al 30 giugno scorso erano 2.713 mentre la pianta organica del citato D.M. prevede complessivamente per tutti i ruoli 1.478, con una percentuale dello 0,54;

 Infine il dato nazionale dice che rispetto ai 56.919 detenuti presenti al 30 giugno scorso, il rapporto è n.01 Agente per meno di due detenuti, con una percentuale   dello 0,75 circa.

Ne consegue, che l’Istituto Vibonese dovrebbe avere in pianta organica e disponibile con circa 250 unità quindi oggi mancano un centinaio di unità.

 Si tratta di numeri che non ammettono smentita! Ciò provoca un ripetersi di eventi critici anche a danno del personale di Polizia Penitenziaria ed in una situazione in cui la sicurezza  sembra un lontano miraggio certamente qualcuno dovrà risponderne!!

 Il Sappe chiederà una ispezione della Commissione Piante Organiche  al fine di verificare quanto in questi giorni denunciato, e comunque per il prossimo 23 settembre promuoverà un sit in fuori dall’Istituto alla presenza di testate giornalistiche, tv politici ecc…".

Francesco Ciccone - Segretario provinciale Sappe - Vibo Valenti

Tenta suicidio nel carcere di Vibo, salvato grazie all'intervento della polizia penitenziaria

Riceviamo e pubblichiamo

"Nella serata di ieri un detenuto calabrese F. B. di Lamezia Terme di 43 anni, definitivo con una pena residua di un anno circa per reati a sfondo sessuale, ha tentato il suicidio all’interno della sua cella del Carcere Vibonese,  utilizzando una maglietta legata al collo e alle inferriate della cella e si è lasciato andare. E’ solo grazie al tempestivo intervento del personale di Polizia Penitenziaria e del personale medico che è stato strappato alla morte, trasportato d’urgenza in Ospedale dal personale medico del 118 in codice rosso in gravissime condizione se la caverà.

Un ringraziamento di tutta la Segreteria del Sappe va al personale che ha salvato la vita al detenuto, personale che giornalmente svolge il proprio compito svolgendo turni di 8 ore in sfregio a qualsiasi normativa a seguito del taglio in pianta organica di ben 60 unità di polizia penitenziaria ad oggi a svolgere servizio poco meno di 130 agenti a fronte dei 250 del 1997 anno in cui l’Istituto veniva inaugurato.

Auspichiamo che l’Amministrazione prenda atto del gesto eroico posto in essere dal personale e segnali ai Superiori Uffici Dipartimentali la possibilità di riconoscere al personale i giusti meriti per aver salvato una vita umana".

Francesco Ciccone - Segreteria regionale Sindacato autonomo polizia penitenziaria

 

Un detenuto ha tentato di uccidersi nella cella di un carcere calabrese

Sono stati gli agenti di Polizia penitenziaria prontamente intervenuti ad evitare che giovedì sera un detenuto si togliesse la vita. A tentare il suicidio è stato un uomo dietro le sbarre nel carcere "Panzeri" a Reggio Calabria. L'episodio è stato reso di pubblico dominio da Damiano Bellucci e Giovanni Battista Durante, rispettivamente Segretario nazionale e Segretario generale aggiunto del Sindacato autonomo di Polizia penitenziaria (Sappe). "In questi giorni – affermano i due rappresentanti sindacali - la situazione dell'organico del Panzeri è  peggiorata a causa dell'invio di agenti, sovrintendenti ed ispettori ad Arghillà. Scelta questa - a parere dei sindacalisti - inopportuna e inadeguata da parte dei vertici locali e regionali. Già questa mattina abbiamo segnalato la questione ai vertici del Dipartimento, a Roma, e aspettiamo risposte adeguate, altrimenti metteremo in atto ogni utile forma di protesta. E' stato anche spostato - rivelano Bellucci e Durante - un dirigente sindacale del SAPPE, senza il preventivo nulla osta, contravvenendo a norme contrattuali specifiche".

 

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Aggredito in Calabria un agente di Polizia Penitenziaria

"Nella giornata di lunedi 13 giugno un detenuto musulmano radicalizzato all'Islam ha aggredito un poliziotto penitenziario. L'episodio è stato reso noto dalla Segreteria di Palmi del Sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria. "L''agente - ricostruisce l'organizzazione sindacale - mentre entrava nella cella del recluso per effettuare un controllo di routine che riguarda la prevenzione e la  sicurezza è stato aggredito violentemente dal ristretto.  E' successo nel carcere di Palmi.  L'assistente Capo, pur se colpito, è riuscito a contenere la violenza del detenuto coadiuvato da altri colleghi che si trovavano sul posto evitando nuove violenze. L'agente di Polizia Penitenziaria e' stato, quindi, soccorso dal personale medico dell'istituto e gli è stata refertata una prognosi di alcuni giorni". "Le tensioni nel carcere di Palmi - denuncia il Sappe - crescono non più di giorno in giorno, ma di ora in ora: bisogna intervenire tempestivamente per garantire adeguata sicurezza agli agenti e alle strutture ed impedire l'esplosione del sistema. La situazione è ben oltre il limite della tolleranza". "Si precisa che il detenuto estremista islamico - rileva la rappresentanz adel sindacato - è ristretto nel reparto detto accettazione il quale ha la funzione di ospitare detenuti di transito non pericolosi, è palese la  responsabiltà dell'amministrazione che da tanto tempo ospita tale soggetto in un reparto non idoneo a discapito dell'incolumità degli operatori penitenziari, bisogna che tale soggetti vengano sistemati circuiti penitenziari idonei".

 

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Carceri, primo prelievo in Calabria di Dna per la Banca Dati nazionale

In data odierna per la prima volta in Calabria e con tutta probabilità in tutto il territorio nazionale, un detenuto italiano (calabrese) è stato oggetto del primo prelievo di DNA per la Banca Dati nazionale del DNA e del Laboratorio Centrale ai sensi dell'art. 85 del 2009, infatti proprio oggi in tutta Italia è entrato in vigore detto regolamento. Soddisfazione per l'operazione è stata espressa dal Comandante della Polizia Penitenziaria Commissario Domenico Montauro, dal Responsabile dell'Ufficio Matricola Ispettore Capo Giuseppe Ramondino e da tutto il personale di Polizia Penitenziaria. Un giorno storico per il Corpo e per il Reparto di Polizia Penitenziaria operante all'interno della Casa Circondariale Vibonese, anche perchè il personale è stato chiamato ad attrezzarsi in tempi record per permettere la concreta attuazione di questa specialità del Corpo che di recente ha visto concretizzata l'assunzione, a tal proposito, di  tecnici specializzati che sono confluiti all'interno del Ruolo Tecnico del Corpo di Polizia Penitenziaria. A darne notizia è stato il Sappe - Segreteria Provinciale per il tramite di Saverio Ditto che ha manifestato “soddisfazione per l'ottimo lavoro svolto con alta professionalità dal personale di Polizia Penitenziria che oltre a svolgere i compiti Istituzionale con gravissime problematiche di carenza organica, riesce ad andare oltre realizzando progetti che portano lustro a tutto il Corpo”.

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