Il serrese Daniele Tassone illustrerà “L’altra faccia della montagna” al Club alpino italiano di Vasto

Il serrese Daniele Tassone sarà il protagonista della conferenza “L’altra faccia della montagna”, in programma alle 18 di dopodomani presso il Club alpino italiano di Vasto (Ch).

Il tema, suggestivo e accattivante, offrirà ai partecipanti l’opportunità di scoprire gli aspetti nascosti, talvolta onirici, che la montagna riesce a regalare solo a chi sa viverla con passione e rispetto.

Per sviluppare un argomento così complesso e affascinante, il Cai ha scelto un professionista di comprovate esperienze e capacità.

Daniele Tassone, infatti, la montagna l’ha sempre amata e frequentata non solo per ragioni professionali. Operatore delle forze speciali con il grado di maresciallo ordinario, Tassone è in forze al 185° reggimento Ricognizione acquisizione obiettivi “Folgore”, nell’ambito del quale ha conseguito le qualifiche di istruttore di alpinismo e sci. Tra i tanti corsi frequentati, quelli per mountain warfare, osservatore nivo-meterologico, esperto neve e valanghe.

Parallelamente alle competenze professionali, Tassone ha sviluppato esperienze significative in ambito civile. Nel 2010, ad esempio, al ritorno da una missione di lunga durata in Afganistan, si è cimentato con successo in una spedizione solitaria che lo ha portato a conquistare la vetta del monte Elbrus (5426 slm), in Russia.

Non contento, nel 2013, ha compiuto un’altra impresa straordinaria scalando in una sola giornata  - in solitaria e con gli sci d’alpinismo – Capanna Margherita (4556 slm),  Punta Zimsten (4.563 sml) e Punta Giordani (4.046 sml), sul  massiccio del Monte Rosa.  Infine, nel 2017 è partito per  Chamonix e dopo aver raggiunto Aiguille du Midi, ha scalato la Via Rebuffat, superando una difficoltà  6B, ovvero un livello accessibile solo agli esperti.

Tali esperienze saranno pertanto al centro della relazione, durante la quale Daniele Tassone illustrerà “L’altra faccia della montagna”: quella nascosta tra le vette innevate, lì dove si può accarezzare il cielo.

Senza montagna la Calabria non ha storia nè futuro

Fino agli anni passati ed ancora oggi fare turismo in Calabria significava e significa solo mare. Sulle coste ioniche e tirreniche sono venuti a formarsi diversi poli urbani a forte concentrazione, prevalentemente balneare, fino a costituire conurbazione lineare: insomma la Calabria è diventata sinonimo di mare.

Si è trascurato il fatto che la nostra regione, al suo interno, è caratterizzata dalla montagna.

Ecco alcuni dati: la superficie totale è di km 15080 e ben il 42 per cento è occupata da territorio montano, il 49 per cento è collinare e solo il 9 per cento è costituito da pianura.

Inoltre ben 387 comuni, dei complessivi 409, hanno fatto la loro storia sugli altipiani collinari e montuosi.

È evidente che la Calabria è una regione montuosa, da sempre “gran bosco d’Italia”.

I Greci conoscevano la Sila e i Romani la chiamarono “silva” per non confonderla col “nemus” il sacro bosco delle divinità. Per Virgilio fu “magna” nelle Georgiche ed addirittura “ingens” nell’Eneide.

Fu menzionata dai più illustri geografi come Stradone, Plinio e Cicerone nel “Brutus” parla di “silva sila”.

Oggi le carte la distinguono in: greca, grande e piccola.

La Sila greca prende nome dagli insediamenti albanesi dei secoli XV e XVI, bastibpensare ai centri abitati di Rota Greca, Vaccarizzo Albanese, Spezzano Albanese, Lungo ed altri.

La Sila grande, che poi è il cuore di tutta la regione calabrese, è detta anche “badiale” dalle donazioni operate da Enrico VI a Gioacchino da Celico e soprattutto al suo Ordine Florense; è nomata anche “demaniale” grazie all’editto di Roberto d’Angiò che ne fissò i limiti con quella badiale.

E poi la Sila Piccola, ma piccola solo per altitudine, che comprende i territori ricadenti nella provincia madre di Catanzaro con i comuni di Taverna, Zagarise, Belcastro, Serrastretta e le località turistiche di Villaggio Mancuso e Villaggio Recise, e altri territori che appartengono oggi alla nuova provincia di Crotone come Savelli, Cotronei, e Villaggio Palumbo con Trepidò entrambi terre cotronellare.

Percorriamo insieme questo itinerario storico – naturalistico- culturale e turistico dal mare verso l’alta montagna. Oggi vi è la superstrada a scorrimento veloce che ci porta già a Camigliatello in poco meno di un’ora. È una strada – scrive A. Delfino – che “scorre superba sulle cime degli alberi, in arditi viadotti cancellando la tormentata orografia. Le strade costruite dai Borboni e poi imbellettate dal nuovo stato unitario, disegnate fra le groppe delle colline dirute, sembrano nastri sottili buttati alla rinfusa da un dispettoso folletto.”

Certo i disagi non erano pochi, fino a qualche anno fa, se si pensa che per raggiungere Cosenza dalla città di Pitagora si attraversava una miriade di paesi come San Mauro Marchesato, Scandale, Santa Severina, Cotronei ed altri ancora più all’interno. Insomma ci volevano ben due giorni di cammino e su vecchie corriere e traini. Arriviamo a San Giovanni in Fiore che deve la sua esistenza all’Abate Gioacchino nativo della vicina Celico, detto poi “da Fiore” fondatore dell’Ordine monastico florenze e dell’Abazia in località “Fiora” del capoluogo silano.

Più avanti continuando a salire tra fitte abetaie e pinete raggiungiamo Camigliatello Silano, tra le più importanti e attrezzate stazioni turistiche soprattutto per gli sport invernali e sede del Parco Letterario “Old Calabria” nella vecchia torre di Camigliati. Tra questa località, Silvana Manzio, Lorica, Moccone, il Gariglione, i grandi laghi Cecita, Arvo e Ampollino ed oltre ancora ci troviamo nel bel mezzo del grande Parco Nazionale della Calabria. Ci inoltriamo fino al bosco del Filastro, regno indiscusso del “re pino”.

Qui, infatti, c’è ancora un bel gruppo di pini, “i giganti della Sila” che si fanno risalire addirittura al 1430. Qui regna il famoso “pino laricio” o “loricato” che è un po’ quello che rimane della foresta primigenia. Il pino silano è una delle quattro razze che appartengono alla grande famiglia del pino nero, “pinus nigra” ed ha una vecchia storia che risale al terziario, insomma prima dell’uomo.
Il suo legno è servito agli indigeni bruzi per difendersi dalle intemperie e dal nemico; i colonizzatori magnogreci lo portavano fino a Crotone utilizzando la corrente del Neto e sul Tirreno attraverso la breve strada dell’istmo di Marcellinara; i Romani lo utilizzarono in abbondanza per costruirvi le galee; ed ancora è servito per le volte delle austere basiliche romane e per la Cappella Sistina e non ultimo fu utile per ricavare la resina.

Esemplari affini ai nostri pini li troviamo sull’Etna, in Corsica e nelle foreste iberiche.

E la Sila non è solo alberi e pini. È una sorta di pianeta ancora incontaminato: gigli rossi, bucaneve, giunchiglie, viole mammole, orchidee nane, narcisi, semi di anice e la belladonna e la genziana ed altre piante medicinali e le innumerevoli specie di funghi e poi quel verdeggiante ed odoroso muschio tanto caro a bambini ed adulti che lo apprezzano per abbellire i presepi fatti in casa.
E la Sila è anche il regno dell’acqua, data l’alta piovosità e l’innevamento. Qui nel 1927 si sono creati i tre citati bacini di Cecita, Arvo e Ampollino che fanno produrre tanta energia idroelettrica nelle grandi centrali in territorio di Cotronei e sono di grande richiamo per la pesca sportiva e per gli sport nautici.

E scendendo più a sud della regione, dopo aver attraversato il citato istmo di Marcellinara, ci inoltriamo nel gruppo montuoso delle Serre, oggi Parco regionale, dalle connotazioni ambientali non dissimili dalla Sila e coi tantissimi centri ricchi di storia quali Squillace, Torre Ruggiero, Soriano col famoso monastero domenicano, Vallelonga, la Mongiana delle Ferriere borboniche, Mangiatorella, Ferdinandea e Stilo. Di sicuro, però, il polo storico di questa parte della montagna calabrese è Serra San Bruno, terra della Certosa, quella detta nei secoli di Santo Stefano del Bosco, fondata san Brunone di Colonia nel 1084, come primo nucleo a Santa Maria, e nel 1091 dove oggi la possiamo ammirare nella sua austera solitudine. Questa Abbazia, la prima e unica fondata dal Santo in Italia e che custodisce le sue sacre spoglie, nel ‘500 assunse la forma rinascimentale con grandezze di forme artistiche ed architettoniche che, però, dopo secolari vicissitudini legate alla storia feudale, religiosa e artistica, è stata distrutta dal disastroso terremoto del 1783. Ci restano pochi ruderi: parte della facciata palladiana e del chiostro.

Dopo due secoli di abbandono dovuto anche alle conseguenze della famigerata Cassa Sacra, il nostro monastero bruniano è stato ricostruito nei primi anni del secolo scorso, così come oggi lo vediamo. Da ogni parte del mondo poeti, storici, scrittori, scienziati, teologi si sono avvicendati attorno alla storia di questo preziosissimo bene culturale che Serra custodisce gelosamente.
Ma Serra San Bruno non è solo Certosa: è la città dell’arte nel verde. È la città delle chiese: la Matrice, detta anche di San Biagio, del 1785; il tempietto dell’Addolorata di fine architettura barocca del 1721; la chiesa dell’Assunta di Terravecchia di origine ducentesca ma ricostruita nei primi anni dell’800 e quella dell’Assunta di Spinetto edificata nel nuovo rione dopo il citato terremoto. Serra è la terra anche dei nobiliari palazzi con portali artistici e soffitti riccamente lavorati, obelischi e tantissime altre opere d’arte e tutto, bisogna sottolinearlo, frutto di artisti locali figli di quella che per secoli fu detta “ la Maestranza di la Serra”.

Negli ultimi tempi, poi, e soprattutto dopo il boom economico degli anni ’60, è stata riscoperta la sua grande vocazione turistica e pertanto un pò tutta la montagna calabrese, compreso l’Aspromonte di Corrado Alvaro e del Santuario di Polsi della Madonna della montagna, ha bisogno di una giusta valorizzazione. Insomma è ora che la montagna calabra sia vista come risorsa primaria per l’economia e lo sviluppo dell’intera regione. La valorizzazione della nostra montagna, dopo anni di indifferenza, certamente comporta un processo da programmazione sapiente e non abbandonata ad improvvisazioni occasionali.

Oggi la sola natura, pur vergine ed incontaminata, non basta più ai turisti provenienti dai più qualificati villaggi residenziali delle coste ioniche e tirreniche, da Soverato a Tropea, da Capo Rizzuto a Diamante passando per Le Castella, Pizzo, Cirò Marina, Caulonia, Sibari, Capo Colonna ed altre belle località balneari. La montagna calabrese necessita di infrastrutture e di servizi moderni come risposta ad una richiesta d’utenza sempre più esigente e soprattutto abbisogna di professionalità tra gli operatori turistici. È urgente la funzionalità e l’efficienza di tutti i servizi di comunicazione per non rimanere isolati dal resto d’Italia e dell’Europa.

In Sila non si entra soltanto dalla superstrada Crotone – Cosenza –Paola, si entra anche dall’autostrada seppur questa rattoppata e da più svincoli e da questi in tutta la montagna, ma per raggiungere gli angoli più suggestivi e a più forte richiamo turistico si è costretti a fare autentiche gimkane su percorsi stradali per nulla modernizzati e mancanti di continue segnalazioni ed informazioni. Il servizio pubblico tra i singoli centri è inesistente. Roba da non provarci e chi ci tenta non lo ripeterà una seconda volta.

Altro che Mediterraneo da scoprire o Calabria in Europa. Così anche storia, cultura, costumi, arte e tradizioni che si sono consolidati per secoli, oggi rischiano di rimanere lontani.

 

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Il Parco delle Serre al convegno sulla Montagna e il mare della Calabria

Del sistema delle “Aree protette” con l’intento di focalizzarne  criticità e nel contempo prospettive di crescita, si discuterà a Reggio Calabria nell’Aula Giuditta Levato di Palazzo Campanella mercoledì 14 (con inizio alle ore 15) e giovedì 15 dicembre (inizio  9.30).

Al convegno (“La montagna e il mare della Calabria/Il Sistema delle Aree protette”), organizzato dall’Associazione ex Consiglieri regionali di concerto con la  Federparchi, parteciperanno politici, rettori e docenti universitari, responsabili di Parchi e di associazioni di comuni, esperti di flora e fauna e di Aree marine. 

Due le sezioni principali cui seguiranno altrettante tavole rotonde.

MERCOLEDì 14 DICEMBRE

Si discuterà del “Sistema delle aree protette nelle politiche di governo del territorio regionale”; introdurrà Stefano Arturo Priolo, presidente dell’Associazione ex consiglieri e concluderà il presidente della Giunta regionale Mario Oliverio.

Nella prima sezione, moderata dal capo ufficio stampa del Consiglio regionale Romano Pitaro relazioneranno: Giampiero Sammuri (Federparchi-Europarc), Giuseppe Bombino (Federparchi Calabria), Domenico Pappaterra (Parco nazionale del Pollino) e l’assessore all’Ambiente e Territorio della Regione Antonietta Rizzo.

GIOVEDì 15 DICEMBRE

 Oggetto del confronto sarà “Il Parco nazionale dell’Aspromonte nella città metropolitana di Reggio Calabria”: introdurrà il presidente del Parco Giuseppe Bombino e concluderà i lavori il sindaco Giuseppe Falcomatà. 

La seconda sezione, in programmata per giovedì 15, sarà moderata da Chiara Parisi del Parco nazionale dell’Aspromonte e vedrà gli interventi di Francesco Astone (Università di Messina), Giuseppe Fera e Francesco Saverio Nesci (Università Mediterranea), Battista Iacino (Associazione ex consiglieri).  La tavola rotonda (con inizio alle ore 17.00 di mercoledì 14) è intitolata “L’Appennino, l’Europa e il Mediterraneo: natura e cultura”. Moderata dalla giornalista Paola Militano, vi prenderanno parte: Sonia Ferrari (Parco nazionale della Sila), Francesco Pititto (Parco nazionale delle Serre), Simone Scalise (Area marina protetta di Isola Capo Rizzuto),  Agostino Brusco (Riserva Lago Tarsia-Foce Crati) e i rappresentanti di Legambiente, Cai e Wwf.

“Strategie di valorizzazione delle risorse naturali del territorio metropolitano”: è il tema della seconda tavola rotonda prevista per giovedì 15 alle ore 11. Moderata dal giornalista Giuseppe Meduri, interverranno: Sergio Tralongo (direttore Parco nazionale dell’Aspromonte), Giuseppe Zampogna (presidente Comunità del Parco dell’Aspromonte), Roberto Vizzari (presidente Associazione comuni Area dello Stretto), Santo Monorchio (presidente Associazione comuni area grecanica), Giorgio Imperitura ( presidente Associazione comuni della Locride) e Giovanni Piccolo (presidente Associazione città degli ulivi). 

I saluti istituzionali dell’importante iniziativa presieduta da Rosario Chiriano, vicepresidente dell’Associazione ex consiglieri, sono affidati al presidente del Consiglio regionale Nicola Irto, al rettore dell’Università Mediterranea di Reggio Pasquale Catanoso ed al rettore dell’Università per stranieri Dante Alighieri Salvatore Berlingò.

 

"La Regione è attenta ai bisogni della montagna calabrese"

"Ringrazio il presidente del Soccorso Alpino della Calabria, Luca Franzese, per il plauso che ha rivolto all’indomani della mia elezione a presidente della quarta Commissione consiliare. Ma soprattutto, mi sento di rassicurarlo sul fatto che le tante questioni aperte e le tante problematiche che riguardano la montagna calabrese avranno la massima attenzione da parte dell’organismo regionale che ho l’onore di presiedere". E’ quanto  afferma il presidente della quarta Commissione Domenico Bevacqua che aggiunge: "Accolgo, pertanto, le preoccupazioni e le sollecitazioni del presidente Franzese con quello spirito di confronto costruttivo che la politica e le Istituzioni non devono mai perdere di vista, operando per l’affermazione del bene comune e che mi avvicina a realtà, come quella del Soccorso Alpino, di fondamentale importanza nel rapporto con le esigenze ed emergenze del territorio e con la vita stessa dei cittadini. In questo contesto, la Commissione prenderà nella dovuta considerazione i provvedimenti di maggiore impatto sulla collettività, tra cui, la legge d’iniziativa del collega Giudiceandrea che prevede il potenziamento dei servizi di emergenza nelle aree montane e del Soccorso Alpino. Proposta che verrà inserita nell’agenda dei lavori partendo dell’audizione dei soggetti interessati, in modo da fornire una cornice normativa più completa  e rispondente ai bisogni attuali del territorio calabrese".

 

La Calabria, ovvero la montagna sospesa sul mare PARTE PRIMA

 Fino agli anni passati ed ancora oggi fare turismo in Calabria significava e significa solo mare. Sulle coste ioniche e tirreniche sono venuti a formarsi diversi poli urbani a forte concentrazione prevalentemente balneare fino a costituire conurbazione lineare: insomma la Calabria è diventata sinonimo di mare. Si è trascurato il fatto che la nostra regione al suo interno è caratterizzata dalla montagna. Ecco alcuni dati: la superficie totale è di km 15080 e ben il 42 % è occupata da territorio montano, il 49 % è collinare e solo il 9 % è costituito da pianura. Inoltre ben 387 comuni dei complessivi 409 hanno fatto la loro storia sugli altipiani collinari e montuosi. È evidente che la Calabria è una regione montuosa, da sempre “gran bosco d’Italia”. I Greci conoscevano la Sila e i Romani la chiamarono “silva” per non confonderla col “nemus” il sacro bosco delle divinità. Per Virgilio fu “magna” nelle Georgiche ed addirittura “ingens” nell’Eneide. Fu menzionata dai più illustri geografi come Strabone, Plinio e Cicerone nel “Brutus” parla di “silva sila”. Oggi le carte la distinguono in: greca, grande e piccola. La Sila greca prende nome dagli insediamenti albanesi dei secoli XV e XVI, basta pensare, per ciò, ai centri abitati di Rota Greca, Vaccarizzo Albanese, Spezzano Albanese, Lungro ed altri. La Sila grande, che poi è il cuore di tutta la regione calabrese, è detta anche “badiale” dalle donazioni operate da Enrico VI a Gioacchino da Celico e soprattutto al suo Ordine Florense; è nomata anche “demaniale” grazie all’editto di Roberto d’Angiò che ne fissò i limiti con quella badiale. E poi la Sila Piccola, ma piccola solo per altitudine, che comprende i territori ricadenti nella provincia madre di Catanzaro con i comuni di  Taverna, Zagarise, Belcastro, Serrastretta e le località turistiche di Villaggio Mancuso e Villaggio Recise, e altri territori che appartengono oggi alla nuova provincia di Crotone come Savelli, Cotronei, e Villaggio Palumbo con Trepidò entrambi terre cotronellare. Percorriamo insieme questo itinerario storico – naturalistico- culturale e turistico dal mare verso l’alta montagna. Oggi vi è la superstrada a scorrimento veloce che, da Crotone, ci porta già a Camigliatello in poco meno di un’ora. È una strada – scrive A. Delfino – che “scorre superba sulle cime degli alberi, in arditi viadotti cancellando la tormentata orografia. Le strade costruite dai Borboni e poi imbellettate dal nuovo stato unitario, disegnate fra le groppe delle colline dirute, sembrano nastri sottili buttati alla rinfusa da un dispettoso folletto.” Certo i disagi non erano pochi, fino a qualche anno fa, se si pensa che per raggiungere Cosenza dalla città di Pitagora si attraversava una miriade di paesi come San Mauro Marchesato, Scandale, Santa Severina, Cotronei ed altri ancora più all’interno. Insomma ci volevano ben due giorni di cammino e su vecchie corriere e traini. Arriviamo a San Giovanni in Fiore che deve la sua esistenza all’Abate Gioacchino nativo della vicina Celico, detto poi “da Fiore” fondatore dell’Ordine monastico florense. Più avanti continuando a salire tra fitte abetaie e pinete raggiungiamo Camigliatello Silano, tra le più importanti e attrezzate stazioni turistiche soprattutto per gli sports invernali e sede del Parco Letterario “Old Calabria” nella vecchia torre di Camigliati. Tra questa località, Silvana Manzio, Lorica, Moccone, il Gariglione, i grandi laghi Cecita, Arvo e Ampollino ed oltre ancora ci troviamo nel bel mezzo del grande Parco Nazionale della Calabria. Ci inoltriamo fino al bosco del Filastro, regno indiscusso del “re pino”. Qui, infatti, c’è ancora un bel gruppo di pini, “i giganti della Sila” che si fanno risalire addirittura al 1430. Qui regna il famoso “pino laricio” o “loricato” che è un po’ quello che rimane della foresta primigenia. Il pino silano è una delle quattro razze che appartengono alla grande famiglia del pino nero, “pinus nigra” ed ha una vecchia storia che risale al terziario, insomma prima dell’uomo. Il suo legno è servito agli indigeni bruzi per difendersi dalle intemperie e dal nemico; i colonizzatori magnogreci lo portavano fino a Crotone utilizzando la corrente del Neto e sul Tirreno attraverso la breve strada dell’istmo di Marcellinara; i Romani lo utilizzarono in abbondanza per costruirvi le galee; ed ancora è servito per le volte delle austere basiliche romane e per la Cappella Sistina e non ultimo fu utile per ricavare la resina. E la Sila non è solo alberi e pini. È una sorta di pianeta  ancora incontaminato: gigli rossi, bucaneve, giunchiglie, viole mammole, orchidee nane, narcisi, semi di anice e la belladonna e la genziana ed altre piante medicinali e le innumerevoli specie di funghi e poi quel verdeggiante ed odoroso muschio tanto caro a bambini ed adulti che lo apprezzano per abbellire i presepi. E la Sila è anche il regno dell’acqua, data l’alta piovosità e l’innevamento. Qui nel 1927 si sono creati  i tre citati bacini di Cecita, Arvo e Ampollino che fanno produrre tanta energia idroelettrica nelle grandi centrali in territorio di Cotronei e sono di grande richiamo per la pesca sportiva e per gli sports nautici.

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