Le Fiamme Gialle hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal giudice delle indagini preliminari Tribunale - su richiesta della Procura della Repubblica - nei confronti di 11 sanitari operanti o già in servizio presso i reparti di Ostetricia e Ginecologia, di Neonatologia e di Anestesia del Presidio ospedaliero "Bianchi-Melacrino-Morelli" di Reggio Calabria per i reati di falso ideologico e materiale, di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri nonché di interruzione della gravidanza senza consenso della donna. Si tratta, in particolare, di 4 misure cautelari degli arresti domiciliari nei confronti di medici e di 7 misure interdittive della sospensione dell’esercizio della professione (medica e/o sanitaria) per la durata di 12 mesi a carico di 6 medici e di un'ostetrica. Tale provvedimento rappresenta l’epilogo dell’attività investigativa svolta dal Nucleo di Polizia Tributaria - G.I.C.O. di Reggio Calabria, che ha permesso, secondo gli inquirenti, di acclarare l’esistenza, in quei reparti del Presidio ospedaliero, di un sistema di copertura illecito, condiviso dall’intero apparato sanitario, che sarebbe stato attuato tutte le volte in cui "le cose non sono andate come dovevano andare" nell’esecuzione dell’intervento sulle singoli gestanti o pazienti, onde evitare di incorrere nelle conseguenti responsabilità soprattutto giudiziarie. L' operazione odierna prende le mosse dalla captazione di alcune telefonate intercettate nell’ambito di un procedimento penale, pendente presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, riguardante una serie di soggetti a vario titolo gravitanti nell’orbita della cosca reggina di 'ndrangheta De Setefano. Nello specifico, dalle intercettazioni attivate su un’utenza intestata alla citata Azienda Ospedaliera e in uso al dottor Alessandro Tripodi, medico ginecologo presso il reparto Ginecologia e Ostetricia, nonché nipote di Giorgio De Stefano, cugino 68enne dei capi storici della medesima cosca di ’ndrangheta) sarebbe emersa, a parere degli investigatori, la consumazione di numerosi episodi di malasanità afferenti a presunti reati di colpa medica e di falsità in atto pubblico da parte del personale dipendente. Questi elementi sono stati successivamente approfonditi in un altro procedimento incardinato presso la Procura Ordinaria nell’ambito del quale si è proceduto ad una ulteriore attività di intercettazione telefonica, a raccogliere le dichiarazioni delle pazienti/degenti, all’acquisizione della documentazione sanitaria (in particolare, delle cartelle cliniche) e all’esecuzione di consulenze tecniche. In tale contesto investigativo il contenuto delle conversazioni intercettate ha assunto un’importanza decisiva e dirimente nella misura in cui la falsità in atto pubblico contestata sarebbe emersa, sostengono i titolari dell'indagine, con evidenza nel rapporto e nella discrasia esistente tra ciò che sarebbe stato (rispetto al singolo caso in argomento) attestato (fittiziamente) in cartella e ciò che, di contro, il personale sanitario coinvolto avrebbe realmente visto e compiuto durante la fase del parto e/o della degenza e/o dell’intervento chirurgico cesareo svoltosi presso il reparto di Ostetricia e Ginecologia degli Ospedali Riuniti. In particolare, i sospetti episodi di malasanità hanno riguardato il decesso (in due distinti casi) di due bimbi appena nati, le irreversibili lesioni di un altro bimbo dichiarato invalido al 100%, i traumi e le crisi epilettiche e miocloniche di una partoriente, il procurato aborto di una donna non consenziente nonché le lacerazioni strutturali ed endemiche di parti intime e connotative di altre pazienti. In tale quadro, per coprire le responsabilità derivanti dagli errori medici commessi, il personale sanitario avrebbe proceduto, con varie modalità e sempre d’intesa, a "manipolare" e a falsificare la relativa cartella clinica. Così, secondo il caso trattato e il bisogno necessario, ora "la si chiuderà e poserà nell’armadio", ora si provvederà ad alterarla "con bianchetto", ora si inciderà sulla stessa "con una striatura", ora si provvederà a introdurre nella stessa falsi documenti sanitari, ora a sopprimerne "parti" all’occorrenza, ora si provvederà a confezionarla ad arte, ora infine si ometterà deliberatamente di attestare ciò che si è visto e compiuto durante l’intervento. Sotto il coordinamento della locale Procura, la complessa attività investigativa svolta dalle Fiamme Gialle di Reggio Calabria ha, quindi, posto in luce - mutuando un passaggio dell’ordinanza - "l’esistenza di una serie di gravi negligenze professionali e di «assoluta freddezza e indifferenza» verso il bene della vita che di contro dovrebbero essere sempre abiurate dalla nobile e primaria funzione medica chiamata «a salvare gli altri» e non se stessi". Nello specifico - in esecuzione della stessa ordinanza emessa dal giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria si è proceduto ad applicare la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di Pasquale Vadalà, 68 anni, quale Dirigente Medico di II° livello, ex Primario responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia fino all'1 ottobre 2014, per le fattispecie di reato di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici e di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri; di Alessandro Tripodi 47 anni, quale Dirigente Medico di I° livello, attuale Primario responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia, per le fattispecie di reato di interruzione della gravidanza senza il consenso della donna, di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici e di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri; Daniela Manunzio, 50 anni, quale Dirigente Medico di I° livello presso l’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia, per le fattispecie di reato di interruzione della gravidanza senza il consenso della donna e di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici; Filippo Luigi Saccà, 62 anni, quale Dirigente Medico di I° livello presso l’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia nonché Responsabile Struttura Semplice "Diagnosi e Terapia Prenatale", per le fattispecie di reato di interruzione della gravidanza e di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici; la misura interdittiva della sospensione dell’esercizio della professione (medica e/o sanitaria) per la durata di dodici mesi nei confronti di Salvatore Timpano, 68 anni, quale Dirigente Medico di I° livello presso l’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia fino al 28 febbraio 2015, per le fattispecie di reato di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici; Francesca Stiriti, 57 anni, quale Dirigente Medico di I° livello presso l’Unità Operativa Complessa di Ostetricia, per le fattispecie di reato di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici; Pina Grazia Gangemi, 46 anni, quale Ostetrica presso l’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia, per la fattispecie di reato di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici; Maria Concetta Maio, 64 anni, quale Responsabile di Alta Specialità "Ambulatorio di Neonatologia" presso l’Unità Operativa Complessa di Neonatologia, per la fattispecie di reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici; Antonella Musella, 58 anni, quale Dirigente Medico I° livello presso l’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia, per le fattispecie di reato di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici; Luigi Grasso, 64 anni, quale medico anestesista presso l’Unità Operativa di Anestesia fino al 31 dicembre 2012, per le fattispecie di reato di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici; Annibale Maria Musitano, 69 anni, quale Direttore dell’Unità Operativa di Anestesia fino al 30 giugno 2013, per le fattispecie di reato di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Conclusivamente, personale del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria ha eseguito 4 misure cautelari degli arresti domiciliari nei confronti di medici e 7 misure interdittive della sospensione dell’esercizio della professione (medica e/o sanitaria) per la durata di 12 mesi a carico di 6 medici e di un'ostetrica.