Intervista esclusiva all'ex Ministro Lanzetta
- Written by Bruno Vellone e Mirko Tassone
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E’ un fiume in piena l’ex Ministro Maria Carmela Lanzetta nell’intervista rilasciata in esclusiva al Redattore. Non usa giri di parole o mezzi termini, si esprime con la schiettezza tipica dei calabresi che non hanno padroni né “padrini”. Ma non è un attacco a testa bassa o un rancoroso atto d’accusa. Si tratta, al contrario, di un’analisi tanto lucida quanto diretta.
Dottoressa Lanzetta, in meno di 48 ore si è ritrovata catapultata dal Ministero di via della Stamperia a Roma, al suo lavoro di farmacista a Monasterace, passando per un Assessorato regionale svanito ancor prima di nascere. I malevoli dicono sia stata sacrificata per favorire il rimpasto di Governo. Ci può spiegare cos’è successo?
Nessun “sacrificio”. Avevo preso un impegno con Renzi. La decisione di non entrare in Giunta è solo mia.
La presenza di De Gaetano nella Giunta regionale "confliggerebbe" a tal punto con la lotta alla ‘ndrangheta da imporle un passo indietro?
“Confligge” nella misura in cui la lotta alla ‘ndrangheta non è fatta solo di azioni di polizia e magistratura, ma anche di scelte personali e quotidiane, dalle più piccole alle più grandi. Troppo facile delegare solo allo Stato la lotta alla mafia. Lo Stato siamo noi. Altrimenti si rischia, come fanno in tanti, di sottovalutare la “questione” soprattutto quando è in ballo una poltrona del potere con tutti i vantaggi conseguenti.
Com’è potuto accadere che nel proporle l’assessorato non l’abbiano informata su chi fossero gli altri componenti della giunta?
Avevamo tutti la massima fiducia in Oliverio. L’ho accompagnato nella campagna elettorale dopo aver vinto le primarie, e mai potevamo pensare che un ex consigliere, non più candidato alle elezioni regionali, tra l’altro citato nelle informative della guardia di finanza, dei carabinieri e della polizia, potesse poi essere ripescato per fare l’assessore. Ecco perché la maggioranza della società civile calabrese si chiede se dietro questa nomina si nasconda qualcosa che per adesso non riusciamo a decifrare.
Dopo aver osservato un breve silenzio, ha rilasciato una dichiarazione nella quale ha citato Pasolini: "la mia indipendenza, che è la mia forza, implica la solitudine, che è la mia debolezza". Cosa significa? Dopo l’implicito sostegno espresso nel noto comunicato di Palazzo Chigi si è sentita abbandonata?
La “solitudine” è uno stato d’animo che avvolge chi non si è mai piegato al potere e/o chi ha portato e porta avanti istanze e idee che spesso confliggono con la scelta di comodo dei soliti gattopardi. Premesso che il sostegno di Palazzo Chigi non è mai venuto meno, nemmeno un istante, se la “solitudine” la vivi in senso positivo, ti consente quella “indipendenza provocatoria” che ti dà la forza di continuare per portare avanti le tue idee.
Nella replica al suo intervento, i segretari provinciali del Pd calabrese hanno affermato che “la composizione della sua giunta comunale non le consente assolutamente di dare lezioni di moralità a chicchessia”. Un’affermazione mutuata da un articolo pubblicato dal settimanale “Panorama” l’anno scorso dal titolo: “I misteri del ministro Lanzetta”. Non le fa specie che i suoi compagni di partito usino gli stessi argomenti dei vostri avversari politici?
I segretari provinciali si sono costituiti in “branco” politico per replicare al mio scritto. Dico “branco” perché ai tre non dimissionari, si sono uniti i due mancanti di Cosenza e Crotone mai citati. L’hanno fatto, tra l’altro, con frasi dal tono intimidatorio che la dice lunga sulla loro debolezza umana e politica, che tentano di occultare attraverso la conservazione –contro le regole dello Statuto - delle poltrone di segretario, probabilmente per determinare il presente dei circoli e quant’altro con fini elettorali, senza la reazione degli iscritti, a parte, poche eccezioni. A questo proposito, citando Martin Luther King, dico che non mi fanno paura le mancate dimissioni dei tre segretari provinciali, ma il silenzio degli iscritti al PD. Sarebbe questo il rinnovamento auspicato? A che serve uno Statuto non rispettato e non fatto rispettare?
Posto che la questione morale, in Calabria, sembra riguardare anche il Pd, come si pone rispetto all’atteggiamento schizofrenico di un partito che, da una parte, la elegge ad eroina antimafia e dall’altra le dice che non può dare lezioni di moralità?
La “questione morale” l’aveva posta Enrico Berlinguer, ma, a quanto pare, senza grandi risultati, visto che la corruzione in Italia dilaga ogni giorno. A una parte del PD può essere applicato il concetto sociologico di “familismo amorale” di Edward Banfield. Pur ritenuto assolutamente insufficiente nelle descrizioni e molto debole nell'analisi per quanto riguarda il Mezzogiorno, ritengo che una delle conclusioni a cui è pervenuto Banfield, secondo cui “ nessuno perseguirà l'interesse comune, salvo quando ne trarrà un vantaggio proprio”, non sia molto lontana della realtà politica di molti piddini e non solo.
Secondo lei, a distanza di quasi tre mesi dalle elezioni regionali la circostanza che la Giunta sia, ancora, monca e lo sarà fino al cambiamento dello Statuto, non rischia di rivelarsi una falsa partenza per il presidente Oliverio?
Purtroppo è così.
Chi saranno i nemici e gli avversari del presidente Oliverio?
Lo stesso Oliverio.
Il Ministro per gli Affari regionali, normalmente non ha grande visibilità, tuttavia, alcuni suoi predecessori, come Fitto e Delrio hanno svolto un ruolo particolarmente apprezzato nei rapporti tra il Governo, le Regioni e gli Enti locali. Com’è stato fare il ministro in una fase in cui oltre al pasticcio sulle Province si sta procedendo alla riforma del titolo V della Costituzione che mira a contenere le competenze delle Regioni, riaccentrando la titolarità di molte politiche?
Fitto ha fatto soprattutto politica, essendo anche parlamentare. Delrio ha fatto una legge di cui si parlava da anni. Criticare dopo è sempre facile. Io ho avuto l’onore e l’onere di gestire l’applicazione di questa legge e posso dire che da qui a qualche anno sarà concluso l’iter, a cominciare dalle le linee guida in materia di personale circa il riordino delle Province e delle Città metropolitane, pubblicate il 29 gennaio 2015 con firma mia e della ministra Madia. Le Regioni, dopo 40 anni dalla loro nascita, vanno ripensate dal punto di vista del loro ruolo. Lo Stato deve riappropriarsi di molte politiche, perché devono essere presentate con intenti unitari. Tra l’altro è necessario anche costituire le macroregioni in modo da ottimizzare molti dei loro servizi. Ed è per questo che, pochi giorni prima delle mie dimissioni, ho costituito una commissione guidata dalla professoressa Lida Viganoni, geografa di fama ed ex rettore dell'Orientale di Napoli, affinché venga valutata la possibilità di un nuovo profilo per le Regioni italiane. La Commissione ha due mesi di tempo per formulare una base tecnica di discussione che consenta alle varie scuole di pensiero di confrontarsi su una piattaforma comune. Poi sarà la politica a decidere il da farsi. Il lavoro della Commissione si innesta su un dibattito già aperto proprio dai presidenti delle Regioni. Il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, ha rilanciato la sua idea di una riforma radicale con Regioni che andrebbero riportate alla "semplice" pianificazione del territorio senza compiti di gestione”. Tesi meno radicali ma non meno "pesanti" sono sostenute dal presidente del Lazio, Nicola Zingaretti, e soprattutto da quello del Piemonte, Sergio Chiamparino, che è anche presidente della Conferenza delle Regioni. Sia Chiamparino che Zingaretti sembrano concordare sull'analisi poiché sostengono che le Regioni cosi come sono non funzionano più e rischiano di vivere non per produrre servizi, ma solo per spalare la montagna di debiti che sta per seppellirle”.
Una volta completata la riforma del Titolo V, ci sarà ancora la necessità di mantenere il dicastero di cui è stata ministro?
Penso che non ci sarà più la necessità di mantenere il Ministero per gli affari Regionali soprattutto dopo l’attuazione del Senato delle Regioni.
Anche la sua recente audizione davanti alla Commissione antimafia è stata seguita da alcune polemiche, possiamo chiederle com’è andata?
Non voglio essere polemica e dirò che la mia convocazione è frutto di un equivoco nato con l’on. Bindi, la quale si è ritenuta soddisfatta per le conclusioni. Niente di più perché la seduta è stata secretata per mia volontà.