Rione Guarna: in attesa dell'anfiteatro, va in scena la malapolitica
Un paio di decenni e anche più, ma il tempo, per il Rione Guarna, come in mille altri luoghi della città, procede sospeso tra immancabili promesse elettorali e squallide immagini direttamente provenienti dalla realtà, ostinatamente imprigionata nell'immobilismo. Nulla è cambiato e chissà per quanti anni ancora niente sarà modificato per sottrarre all'indegnità un angolo di Reggio Calabria travolto da degrado e sporcizia, incuria ed abusivismo, illegalità e indifferenza istituzionale. Uno stallo che appone i sigilli al fallimento della Politica, ormai incapace, in riva allo Stretto come a Roma, a Bruxelles come a Washington, di incidere in maniera efficace sulla vita quotidiana delle persone e delle comunità. Quando le parole, relative al recupero di quella zona, hanno cominciato il loro viaggio verso il nulla, la città era amministrata da Italo Falcomatà e, senza che il destino mutasse verso, hanno preso il sopravvento anche nel corso dello "scopellitismo" fino a sbarcare sulla riva, fragile e malmessa, dell'era di Falcomatà junior. Centrosinistra, centrodestra, e ancora centrosinistra si sono succeduti in un'alternanza di cui gli abitanti del Rione Guarna non hanno avuto contezza, costretti a sopportare, oltre che le conseguenze visibili agli occhi, anche quelle connesse all'olfatto, vista la presenza, per lunghi periodi, di una fogna a cielo aperto. Farebbe sorridere, se non fosse un monumento all'incapacità, l'idea che proprio lì, dal millennio scorso, si blatera della realizzazione di un anfiteatro. Probabilmente confusi dal vagare, sul palcoscenico allestito dall'incompetenza, delle specie più varie di animali (topi i protagonisti principali), gli amministratori di Palazzo San Giorgio si saranno convinti che, in realtà, l'opera prevista in origine sia stata già progettata, costruita e completata. Lamiere, erbacce, rifiuti, in una terra di nessuno che rappresenta al meglio lo stato di abbandono in cui versano i beni comuni di una città in bianco e nero a cui, giorno dopo giorno, vengono sottratti i colori tipicamente luminosi. Al netto dei consueti, quanto sterili, sopralluoghi, doverosamente accompagnati da languidi book fotografici, non uno scatto di orgoglio, un'indolente apatia che si accoppia contro natura con un amore sbandierato a chiacchiere ed impossibile da coltivare per chi non ne ha il talento. Non si spiegherebbe altrimenti come, nel Rione Guarna, nel centro di Reggio Calabria, sia tollerabile che la vista e l'olfatto debbano essere sacrificati sull'altare dell'inciviltà. Strutture diroccate cadute a pezzi nel vuoto d'interesse da parte degli amministratori che, se impotenti anche di fronte a situazioni così palesi, non hanno alibi cui appigliarsi per difendere il proprio presunto operato. Mattoni in bella vista secondo il tipico stile architettonico reggino, l'apoteosi della bruttezza che pare essere oggetto di intoccabile culto in riva allo Stretto. Un'educazione alla sciatteria alla quale sono costretti i residenti nella zona: cittadini che nel Terzo Millennio si affacciano ogni mattina su uno scempio incorniciato da baracche, per oscenità il miglior biglietto da visita per chi gestisce con spudoratezza la Cosa Pubblica. Ma giorno verrà in cui sarà comprensibile il motivo per il quale, in attesa della chimerica riqualificazione, non si provveda a rendere decorosa un'area, peraltro ricadente in un quartiere popoloso come Sbarre, ripulendola dal sudiciume che la deturpa e liberandola da abusi ed anarchia. Di fronte a questa continua rappresentazione dell'inefficienza resta ancora da capire come il mare che bagna la città non abbia ancora deciso, dall'alto della sua maestosa sontuosità, di ritrarsi per la vergogna, lasciando al proprio destino un lembo di mondo che senza quella paradisiaca "meraviglia blu" si ridurrebbe ad essere un Purgatorio talmente invivibile da rendere desiderabile persino il traghettamento verso l'Inferno.