“Le verità televisive su Catanzaro e il mutismo dei big della politica”. Lettera aperta alla stampa di Francesco Chirillo (Confesercenti Catanzaro)

Riceviamo e pubblichiamo

"I fatti sono noti a tutti: prima Canale 5 e poi La7, nell'ambito di due seguitissime trasmissioni televisive, hanno consegnato al Paese una immagine della città di Catanzaro di cui tutti avremmo, volentieri, fatto a meno. Un tessuto urbano insicuro e degradato, dove interi quartieri sono in mano alla delinquenza Rom. Un capoluogo che esprime il peggio della politica politicante, dove l'occupazione principale è la corsa al gettone, più che il pensiero di ben governare la cosa pubblica. Tanti, tantissimi cittadini di Catanzaro hanno, giustamente, replicato con sdegno: questa non è la nostra città, che sa esprimere ben altri valori umani, culturali, civili. C'è chi, sui social, ha gridato, più o meno comprensibilmente, allo sciacallaggio da parte dei media nazionali, pronti a fare scoop anche lì dove non ce ne sono. Eppure, a questa reazione d'orgoglio, è seguito un sostanziale e pesantissimo mutismo della classe dirigente locale nei suoi livelli più alti. Nessuno dei nostri cari e amati big della politica cittadina ha scritto una riga, rilasciato una dichiarazione, preso un impegno. E' sembrato un po' come dire: calati juncu ca passa la china. Insomma, come recita l'antico proverbio, aspettiamo che passi l'onda di piena... tanto poi tutto tornerà come prima. Una impressione che aggrava il senso di quelle immagini rilanciate da Canale 5 e La7. Se possibile, le rende ancora più sgradevoli. Perché l'idea che sembra trasparire è quella di una classe dirigente indifferente persino agli scandali. Stavolta, invece, sarebbe servita una voce forte, magari anche corale, di difesa della nostra città, ma senza ipocrisie, senza nascondere le imbarazzanti verità-vere messe a nudo dalla televisione. Sarebbe servita e non c'è stata. Segnale preoccupante di stagnazione totale, in una città che si bea del suo ruolo di capoluogo di regione senza incarnarne prestigio e dignità". Francesco Chirillo, presidente di Confesercenti Catanzaro

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Toglie una multa al figlio del presunto boss: maresciallo arrestato dalla Polizia

Alle prime ore della mattinata odierna, a conclusione di complesse e articolate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, gli investigatori della locale Squadra Mobile e della Capitaneria di Porto di Reggio Calabria, hanno eseguito 3 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di Francesco Chilà, 48 anni, Roberto Franco, 56 anni e Francesco Franco, 24 anni. Nel dettaglio Chilà, colpito dalla misura cautelare degli arresti domiciliari, nell’esercizio delle sue funzioni quale sottufficiale in servizio presso la Capitaneria di Porto-Guardia Costiera di Reggio Calabria, in concorso con Roberto Franco, sottoposto alla misura della custodia in carcere e già detenuto presso il carcere di Voghera, in provincia di Pavia, in quanto colpito da altra ordinanza di custodia cautelare lo scorso 15 marzo nell'ambito dell'operazione "Sistema Reggio" e con il figlio Francesco Franco, anch’esso colpito dalla misura cautelare degli arresti domiciliari, secondo la ricostruzione degli inquirenti avrebbero sottratto, distrutto o occultato atti facenti parte del processo verbale di accertamento e contestazione d’infrazione amministrativa, contestato a Francesco Franco, il quale nell’occasione (luglio 2014) aveva violato un’ordinanza della Capitaneria in quanto a bordo del suo acquascooter aveva navigato senza il previsto caschetto protettivo nella rada di Scilla. L'8 luglio 2014, nell’ambito dell’attività di intercettazione telefonica eseguita sull’utenza in uso all’indagato Roberto Franco e nel corso delle indagini che hanno poi portato all’emissione da parte dell’Autorità Giudiziaria di un'ordinanza di custodia cautelare nel corso dell’operazione denominata "Sistema Reggio" lo scorso 15 marzo, è stata intercettata una conversazione intercorsa tra Roberto Franco ed il figlio Francesco nel corso della quale domandava al figlio "come si chiama quello che ti ha fermato della capitaneria?" ed, avuto il nominativo, tratto dal verbale elevatogli, il figlio ha chiesto se il padre fosse con il Comandante, "ma c’è quello là…il Comandante?", e ricevuta conferma, "Sì", aggiungeva “e digli che voglio parlare io però!...domani", al che il presunto boss avrebbe rassicurato il figlio, "sì, poi parli tu con lui", ma prima di congedarlo si è udito in sottofondo, affermano gli investigatori, Franco ripetere alla persona a lui vicina l’intenzione del figlio, "digli che voglio parlare io con il comandante", riportandola con tono ironico dal momento che il sospetto boss si era già personalmente attivato per il verbale contestato al figlio dai due appartenenti alla locale Capitaneria di Porto. Per come ritenuto dagli investigatori, il "Comandante" così definito da Franco nel corso delle sue interlocuzioni, era proprio il maresciallo Chilà. In coincidenza con l’esecuzione della misura custodiale emessa nell’ambito dell’operazione "Sistema Reggio" nei confronti, tra gli altri, di Roberto Franco, – al fine di chiarire come si fosse concretamente evoluta la vicenda connessa al verbale di infrazione contestato a Francesco Franco dalla Capitaneria di Porto di Reggio Calabria, nonché al "sospetto" interessamento da parte di Roberto Franco (su sollecitazione del figlio) dell’amico maresciallo Francesco Chilà (non a caso pubblico ufficiale in servizio presso il citato ufficio)  –  la Procura della Repubblica ha delegato personale di Polizia Giudiziaria della Capitaneria di Porto di Reggio Calabria per il compimento di opportune indagini finalizzate a ricostruire la vicenda, consentendo alla stessa struttura di porre in essere tutti gli approfondimenti necessari. E' stato, quindi, accertato, a parere degli inquirenti, che il 6 luglio 2014 (ovvero due giorni prima della conversazione telefonica) Francesco Franco era stato sanzionato per l’importo di 172 euro dalla Capitaneria di Porto di Reggio Calabria per aver navigato in acquascooter senza indossare il prescritto casco protettivo e gli era stato notificato un verbale. Il verbale risultava mai pagato e non in possesso agli atti dell’Ufficio Contenzioso Amministrativo della capitaneria di Porto di Reggio Calabria, circostanza che ha determinato la configurazione del reato di falsità in atto pubblico per soppressione.  Al termine delle formalità di rito, i soggetti colpiti dai provvedimenti restrittivi sono stati posti a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

 

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