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"Rimborsopoli": la Cassazione annulla le misure per Bilardi, De Gaetano e Fedele

I giudici della VI Sezione della Corte di Cassazione, accogliendo i ricorsi avanzati dai rispettivi avvocati, hanno disposto l'annullamento con rinvio del provvedimento cautelare della detenzione domiciliare che il Tribunale del Riesame aveva ordinato in merito alle posizioni degli ex assessori regionali Nino De Gaetano (PD), Luigi Fedele (FI) e del senatore Giovanni Bilardi (NCD). Si tratta di tre degli esponenti politici finiti nelle maglie dell'operazione "Erga omnes" che ha acceso i fari sulla gestione dei fondi riservati ai Gruppi consiliari di Palazzo Campanella. La decisione della Suprema Corte, tuttavia, non ha scalfito l'impianto dell'accusa, che continua ad essere sufficientemente solido. Il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria ha richiesto il rito immediato nei confronti di De Gaetano e Fedele e l'udienza potrebbe essere fissata rapidamente. Quanto al senatore Bilardi, come noto, si è ancora in attesa che si pronunci l'aula di Palazzo Madama in relazione alla richiesta di arresto, già accolta dalla Giunta per le immunità. 

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C'era una volta il Nuovo Centrodestra

Sono passati poco meno di due anni da quando, era il 15 novembre del 2013, veniva alla luce il Nuovo Centrodestra. Un arco di tempo così breve è stato, tuttavia, sufficiente, per metabolizzarne la sua intera parabola:  una virgola nella storia della politica italiana. Anche in Calabria, l'intero stuolo di "colonnelli" all'epoca in servizio permanente effettivo presso quella che appariva come l'"Armata invincibile" di Giuseppe Scopelliti seguì senza indugi il suo Generale, unico fra i big sparsi sul territorio ad abbracciare il progetto coltivato da Angelino Alfano di un centrodestra deberlusconizzato. Un partito che fosse capace di attrarre il naturale bacino elettorale dei moderati sottraendosi al ventennale dominio esercitato dall'ex Cavaliere. Per rendere possibile il progetto, secondo il leader Ncd, era necessario, rimanere ancorati al Governo di Matteo Renzi ed abbandonare al suo destino la barca che, tornata ad issare l'antico vessillo di Forza Italia, veleggiava ammaccata verso i lidi dell'opposizione all'Esecutivo. Poco importa, in questa sede, quali siano stati i motivi reali dell'implosione del PdL e, di conseguenza, delle ragioni che portarono alcuni ad intrupparsi con Alfano, altri a rimanere fedeli all'enclave "azzurra". Quel che conta è l'epilogo, tragicomico, di un'avventura dimenticabile, a Roma come in Calabria. La nostra regione, anzi, può ben assurgere al ruolo di rappresentazione plastica di ciò che è stato, o meglio, non è stato il Nuovo Centrodestra. Tralasciando le vicissitudini legate alla persona fisica Scopelliti, che, però, hanno determinato nelle lande a noi vicine un effetto a cascata tale da svuotare, di voti e di prospettive, il partito, è quel che sta succedendo in queste settimane, in questi giorni, in queste ore, a rendere bene l'idea di una morte annunciata. Un fuggi fuggi che non sta risparmiando nessuno, ma i rappresentanti calabresi, tradizionalmente lesti a cogliere la direzione delle correnti quando a scricchiolare sono i propri interessi particolaristici, si sono saputi muovere per tempo, provando ad occupare la pole position prima del via ufficiale al poco romantico "valzer dei voltagabbana". Della pattuglia di senatori inseriti nella lista PdL e spediti dalla Calabria a Roma per mezzo dell'immondo "Porcellum", quelli che hanno imboccato la strada del Nuovo Centrodestra o sono rimasti impigliati in storie e storiacce di natura giudiziarie: vedi Pietro Aiello. O si sono dovuto dimettere a furor di popolo per scandali scoppiati nella terra d'origine: è il caso di Antonio Gentile. Altri, come Giovanni Bilardi, eletto nella paccottiglia denominata "Grande Sud", ma andato ad infoltire il drappello alfaniano a Palazzo Madama, hanno le loro gatte da pelare a causa di richieste d'arresto pendenti per la tristemente celebre "Rimborsopoli", retaggio dell'esperienza vissuta sugli scranni di Palazzo Campanella. Un quarto esponente, Antonio Caridi, già nel dicembre dello scorso anno ha preso cappello e salutato la compagnia: è dato per imminente il suo trasferimento nelle fila di Forza Italia, dopo aver abitato in questo lasso di tempo il non meglio identificato mondo denominato "Grandi Autonomie e Libertà". Un paio di suoi colleghi che vantano le medesime origini calabresi sono, invece, in fibrillazione perché corteggiati con insistenza da Denis Verdini, regista e costruttore della stampella del Governo Renzi a cui ha dato il nome, assai poco affascinante, di Alleanza Liberalpopolare-Autonomie, trasformatosi in una naturale calamita per gli assidui frequentatori del sottobosco del potere politico, con annessi e connessi. Ma, sebbene il quadretto che emerge è molto poco edificante, è a Montecitorio che si rischia l'indigestione di emozioni assistendo alle appassionanti giravolte delle due campionesse di "salto della quaglia". Entrambe catapultate nell'aula della Camera dei Deputati agitando la bandiera del PdL, sono sul punto di staccare il tagliando di campionesse nel popolarissimo, fra gli inquilini dei Palazzi, salto della quaglia: trattasi delle due "damigelle" Dorina Bianchi e Rosanna Scopelliti. Quest'ultima, espressamente e fortemente voluta dall'ex presidente della Regione come fiore all'occhiello da esibire con orgoglio, si è talmente affrancata dalle sue origini che a breve si sistemerà davanti al confortevole focolare del Partito Democratico. Ai vertiginosi giri di giostra della Bianchi, invece, sia detto in tutta sincerità, non possiamo fare altro che inchinarci commossi: nessuna meglio di lei conosce a menadito l'intero arco costituzionale. Dal 2001 ad oggi ha già frantumato ogni record: eletta con il Ccd è confluita nell'Udc. Folgorata sulla via di Damasco, a legislatura corrente, indossa l'abito della festa e aderisce alla Margherita: dal centrodestra al centrosinistra, previo bagno purificatore nel salvifico Gruppo Misto. Rieletta nel 2006, l'anno successivo aderisce, insieme a quello che era il partito del momento, al PD. Nel 2008, altra competizione elettorale vincente, questa volta per il Senato. Neanche a dirlo, in corso d'opera, questioni di coscienza la "obbligano" nel 2009 a scappare dal PD per rimettersi sotto l'ombrello dell'Udc. Passano due anni ed il centrodestra la candida a sindaco della sua città, Crotone: un'esperienza poco felice, visto l'esito fallimentare, ma lei non molla di un centimetro e contestualmente si mette in tasca la tessera del PdL da cui il passo a Ncd si è rivelato, per una volta, semplice da compiere. Adesso, questione di poco, e complice l'amichevole frequentazione col ministro Maria Elena Boschi e l'evaporazione della creatura alfaniana, scenderà alla prossima fermata: voci insistenti riferiscono, infatti, che stia nuovamente scorgendo all'orizzonte il tram guidato da Renzi, quello che la potrebbe portarla dritta dritta al capolinea (almeno fino al prossimo viaggio) del ministero degli Affari regionali. Al cospetto di cotanta passione ideale non resta altro che arrendersi: chapeau.

 

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La Giunta per le immunità del Senato ha deciso: arresti domiciliari per Bilardi

C’è il sì della Giunta per le immunità del Senato agli arresti domiciliari per Giovanni Bilardi, l’esponente di Ncd finito nella bufera della “Rimborsopoli” calabrese. Favorevoli alla proposta della relatrice democrat Stefania Pezzopane il Pd e il Movimento Cinque Stelle; contrari FI, Area popolare ed il rappresentante del Psi Autonomie Enrico Buemi. Polemiche di fuoco, però, sul voto della grillina Serenella Fucksia che, ad avviso del fronte del no, avrebbe subito gravi pressioni dai colleghi del suo stesso gruppo. Quello di Fucksia è stato un voto decisivo, visto che l’esito finale è stato di 9-7. L’inchiesta “Erga omnes” concernente lo scandalo dei rimborsi ricevuti da diversi consiglieri regionali della scorsa legislatura produce dunque nuovi problemi: non è escluso infatti che il partito di Angelino Alfano, alla luce degli aggiornamenti odierni, muti atteggiamento nei confronti della compagine guidata da Matteo Renzi.

 

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Statuto regionale, Nicolò: "Forza Italia non accetta lezioni da Bilardi"

“A volte succede che in politica si pecchi di memoria corta o si cerchi di sparigliare le carte con dichiarazioni in contrasto con i fatti di cui si è stati protagonisti. Onestà intellettuale richiederebbe ben altro atteggiamento! Le affermazioni del senatore Bilardi ci lasciano perplessi e sorpresi". E' quanto dichiara Alessandro Nicolò, presidente del gruppo di Forza italia alla Regione. "Ricordo al senatore che il gruppo regionale dell’Ncd - così come può riscontrare dai verbali giacenti presso la Segreteria del Consiglio regionale - in Aula ha votato a favore sulla riforma dello Statuto, sia in prima che in seconda lettura, sostenendo le ragioni - rivendica Nicolò - della proposta formulata dalla maggioranza di centrosinistra presieduta da Oliverio. Dichiarazioni in piena contraddizione con quanto Bilardi ha affermato. Ancor più grave poi è sostenere di essersi astenuti in Consiglio regionale. Siamo dinanzi ad asserzioni che si commentano da sé e che attestano una linea politica assolutamente incomprensibile ed illogica". "Non accettiamo lezioni da nessuno - conclude perentorio l'esponente di Forza italia - né tantomeno da chi cerca strumentalmente, con artifizi e raggiri, di attaccare Forza Italia. Né accogliamo provocazioni da chi si diletta a dispensare suggerimenti inopportuni peraltro non richiesti”.

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