'Ndrangheta, undicenne collabora con la giustizia: "Mio padre braccio destro del boss"
La giustizia si sta avvalendo della collaborazione di un bambino di undici anni, mai era capitato nella storia della guerra alla 'ndrangheta che i magistrati potessero sfruttare i racconti di un testimone in così tenera età. La storia, raccontata da "Repubblica, ruota attorno alla figura del figlio di uno dei soggetti sospettati di essere al vertice di una potente cosca gravitante nella Piana di Gioia Tauro. A raccogliere le sue dichiarazioni è Giulia Pantano, sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria al quale il ragazzino fornisce dettagli e particolari di ciò che avrebbe visto nel corso degli anni. Con lui la mamma, pure lei determinata nel collocarsi dalla parte giusta delle barricata per impedire che i suoi eredi vivano in contesti scellerati. L'uomo che lei ha sposato è finito in galera undici mesi fa, catturato nel contesto dell'indagine "Eclissi" condotta dai Carabinieri. Gli inquirenti, inoltre, sono in possesso, di una sim che è stata loro consegnata dal giovanissimo collaboratore, il quale ha spiegato che in numerose circostanze il padre se ne è servito per comunicare con uno fra i capi del clan rosarnese dei Bellocco, anch'esso con base nella stessa zona del Reggino. "Mio papà - è scritto in uno dei verbali - faceva parte di questa cosca. Papà faceva quello che voleva all'interno della cosca, era il braccio destro del capo". "Li ho visti fare tutto, tutto quello...so tutto quello che avete trovato armi. Ho visto la droga, le armi, pistole più che altro, fucili mai...la droga l'ho vista sempre nel garage, in giro non l'ho mai vista". A maggio, al pari della mamma e dei due fratellini, è stato trasferito in un luogo segreto.
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