La prima Commissione consiliare, 'Affari istituzionali, affari generali, riforme e decentramento', presieduta dal consigliere Franco Sergio (Oliverio Presidente) ha approvato una proposta normativa di iniziativa della Giunta regionale che modifica la legge 54/2013 con cui la Regione aveva definito i procedimenti agevolativi in favore delle imprese e del mondo produttivo. "La proposta in esame – ha detto il presidente Sergio a conclusione dei lavori - introduce modifiche alla legge regionale del 18 dicembre 2014 con cui il legislatore regionale ha inteso recepire l’art. 29 del decreto legge 22 giugno 2012 n. 83 recante “Misure urgenti per la crescita del Paese". "L’articolo del decreto richiamato, in particolare, in considerazione della particolare gravità della crisi economica che ha colpito l’intero settore produttivo, ha inteso esonerare dagli obblighi connessi al rispetto degli indicatori utilizzati per la formazione delle graduatorie, quelle imprese che abbiano beneficiato di agevolazioni regionali e comunitarie. La norma, in chiusura, fa salvi, però, i provvedimenti già adottati nei confronti delle imprese beneficiarie, escludendo, quindi, sostanzialmente, da tale aiuto quelle imprese che abbiano subito provvedimenti di revoca delle agevolazioni stesse. La legge regionale, al contrario, nella propria norma di recepimento (art. 1, comma 2, L.R. 54/2013) contemplava tale esonero "anche in presenza di provvedimenti già adottati”, consentendo, dunque, l'applicazione del beneficio anche in favore di quelle imprese che abbiano, invece, subito revoche delle agevolazioni". "L’art. 3, comma 1, della L.R. 54/2013, prevede, poi, ulteriori benefici a favore delle imprese richiamate ma, analogamente all’art. 1, comma 2, ancora una volta inserisce l’inciso “anche in presenza di provvedimenti già adottati". Risulta, quindi, manifesto, come ampiamente evidenzia la relazione illustrativa del disegno di legge in esame, che l’inserimento dell’inciso “anche in presenza di provvedimenti già adottati” nella legge da emendare non solo si pone in contrasto con l’intento del legislatore statale, ma comporta, vieppiù, violazione di principi costituzionali circostanze, queste, che rendono ineludibilmente la legge regionale passibile di impugnazione dinanzi la Consulta sotto plurimi aspetti. Più che opportuno, dunque, appare l’intervento modificativo proposto dalla Giunta regionale – ha concluso Franco Sergio - su cui non si rilevano criticità di sorta sia in ordine al contenuto, sia per ciò che concerne la qualità di redazione". Successivamente, la Commissione ha incardinato una proposta di legge di iniziativa del segretario-questore del Consiglio regionale, Giuseppe Graziano (Casa delle Libertà) concernente la “disciplina sulla trasparenza dell’attività politica e amministrativa della Regione e dei suoi enti strumentali e sull’attività di rappresentanza di interessi particolari”, su cui si è sviluppato un ampio ed approfondito dibattito, con interventi dei consiglieri Arturo Bova e Sinibaldo Esposito. "L'attività di rappresentanza di interessi particolari (in gergo "lobby”) – ha spiegato il segretario-questore Giuseppe Graziano - ha dei connotati ben più ampi di quelli che appaiono a prima vista, dal momento che, in via generale, null'altro esprime se non un metodo di gestione delle relazioni tra soggetti, ossia una strategia dei rapporti. Essa, infatti, viene attuata da un soggetto, che agisce per conto proprio o di terzi, ma che è pur sempre portatore di un interesse particolare, vuoi di questa o quella associazione, società, ente, o altro, e viene attuata su qualsiasi soggetto che sia in grado di influenzare, in un senso o in un altro, una decisione pubblica (il cosiddetto. decisore pubblico)". "In Italia il lobbismo e la rappresentanza degli interessi organizzati – ha proseguito Graziano - hanno assunto uno sviluppo limitato a causa di alcuni fattori legati al sistema politico. Secondo alcuni studiosi, ‘le principali caratteristiche del lobbismo italiano possono essere così sintetizzate: è un tipo di rappresentanza non regolamentata dal punto di vista normativo; è un esempio di pressione dei gruppi particolarmente condizionato dalla cultura politica nazionale; è un modello di illazione istituzionale più orientato all'esercizio dell'influenza come relazione sociale che alla comunicazione come processo; è un sistema basato sui rapporti diretti e immediati tra lobbista e decisore piuttosto che su forme indirette di pressione'. "Inoltre, è stato evidenziato come la capacità dei partiti politici di fungere da aggregatori di interessi, il neo-corporativismo e la concertazione che hanno favorito sindacati e gruppi di datori di lavoro nella partecipazione alle politiche pubbliche, la presenza di importanti corpi sociali intermedi come la Chiesa cattolica, l'assenza di una legge nazionale in materia di lobby, siano tutti fattori che hanno determinato il peculiare assetto del lobbying nel sistema italiano". "Una premessa però appare opportuna: le lobbies costituiscono una delle «ruote del sistema» che va inquadrata all'interno della dimensione pubblica istituzionalizzata. Alla luce di tale premessa – continua Graziano - sono opportune alcune precisazioni, necessarie per evitare inopportuni fraintendimenti: il meccanismo del lobbying non è, di per sé, illecito; la rappresentanza di interessi particolari è essenziale nel processo di formazione delle decisioni pubbliche; portatori di interessi particolari non possono non esistere, perché la società tutta è realizzata dalla presenza di una miriade di interessi particolari; nell'ambito delle decisioni pubbliche è proprio il democratico, legittimo e corretto bilanciamento degli interessi particolari che costituisce quello che, comunemente, chiamiamo come "interesse generale". "Non a caso l’art. 1 della presente proposta di legge finalizza la stessa ad implementare i processi pubblici nell’ottica della democraticità e della trasparenza. Se, dunque, i meccanismi di rappresentanza degli interessi privati sono sempre esistiti e sempre esisteranno, perché connaturati alla società, il compito di una società matura (e, per essa, del legislatore) è quello di dare una regolamentazione trasparente, democratica, oggettiva, ossia di dare delle regole al fenomeno”. “Le regole, infatti, sono essenziali per evitare che il (legittimo e lecito) fenomeno di rappresentanza di interessi particolari si tramuti in qualcosa di opaco, impalpabile e, dunque, tendenzialmente illecito e pericoloso per il rispetto dei principi democratici e di legalità; la regolamentazione legislativa appare, inoltre, necessaria per distinguere attività legittime e lecite da meccanismi illeciti, che possono dar luogo anche a conseguenze penali. Sotto questo ultimo aspetto, anzi, è proprio la recente riforma del sistema dei reati contro la pubblica amministrazione (si pensi al reato di traffico di influenze illecite, recentemente introdotto dal legislatore) che rende necessario un intervento legislativo che discrimini il lecito dall'illecito. Tale intervento, dunque, dovrebbe essere interesse di tutti, dal decisore pubblico - che vuole legittimamente tenere conto degli interessi particolari ma alla luce del sole, di modo che non appaia il dubbio di dinamiche "improprie" che lo guidano - al titolare di un interesse particolare (o al suo rappresentante), che viene così legittimato a svolgere, in piena regola, un'attività di per sé lecita, purché avvenga nel rispetto della legge e dei principi ai quali si informano le decisioni dei pubblici poteri". Ai lavori della Commissione hanno contribuito i consiglieri Bova, Esposito e Mirabello. Erano presenti i dirigenti della Giunta regionale Felice Iracà e Luigi Bulotta.