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Ora lo spirito della Grecia può invadere la Calabria

Il popolo greco si è ribellato al “rigore” europeo, alla democrazia della finanza e alle decisioni che partono dall’alto esprimendo il suo dissenso rispetto alla politica del tirare la cinghia fino a rimanere soffocati. Gli ellenici sono diventati così un simbolo per tutti quei cittadini che vivono i disagi causati da una opprimente crisi economica e sociale. Da ieri sera è un po' più facile opporsi ai potenti facendo valere le proprie ragioni, anche se è necessario fare i conti con le conseguenze degli atti coraggiosi. Dire no non basta, occorre un piano per uscire dai guai nei quali ci si è cacciati, calcolando quei sacrifici che potrebbero rivelarsi inevitabili. Il referendum greco è stato vissuto in Calabria quasi con la stessa ansia di una finale mondiale dei campionati di calcio, probabilmente perché la spinta emotiva era così forte e coinvolgente da risvegliare passioni sopite. Anche nella Punta dello Stivale c’è voglia di ribellarsi a qualcosa: ai tagli alla Sanità, alle chiusure degli Enti pubblici, ad una viabilità che non esiste, agli eccessi di una politica disastrata in cui ormai è più facile attaccare i compagni di coalizione che non gli avversari. La Calabria è però terra di briganti, non di rivoluzioni (con l’esclusione dei moti di Reggio e di qualche altro episodio): serve un movimento coordinato, in cui non ci siano troppi aspiranti leader logorati dall’invidia reciproca, per dire stop a ciò che non va. E bisogna essere consapevoli che le privazioni a cui si ricorre con troppa semplicità, da Roma o da Catanzaro,  affondano le loro radici negli sprechi delle precedenti generazioni che hanno “consumato” un po' del nostro futuro. Ma la scintilla volata dall’altra parte dello Jonio può dare una vera scossa. Può aiutare a dire no ad una politica ancora una volta commissariata dai salotti romani che vedono nella Calabria una terra di conquista, un boccone con il quale placare le loro fameliche fauci, salvo poi additarla come emblema di sperperi e cattiva gestione. Oliverio si travesta da Tsipras e si opponga ai diktat renziani, faccia una giunta che sia di alto profilo, non che sia presentata come tale giusto per autoconvincersi di aver intrapreso la strada giusta. I calabresi lottino per i loro diritti, ma con le armi della legalità di cui dispongono e non unicamente con i commenti sui social network. È indispensabile uno scatto d’orgoglio: l’esempio ce lo ha dato quella civiltà che è stata la patria del pensiero filosofico.

Quei valori persi dalla politica e dalla società

La fattispecie per cui  un consigliere regionale possa aver consumato un pasto, brindando con champagne, a Montecarlo chiedendo e ottenendo poi il rimborso è una di quelle tante gocce che hanno fatto traboccare il vaso della fiducia dei cittadini nella classe politica che li rappresenta. C’è ormai una cesura netta fra elettori ed eletti che impedisce il sereno dialogo e, dunque, l’esposizione dei problemi che devono essere risolti. Si è creato un circuito perverso: rappresentati e rappresentanti non si confrontano e, in tal modo, i secondi si distaccano ancor di più  dalla realtà dei primi non comprendendone le esigenze e lo stato d’animo. La situazione, in sostanza, peggiora perchè parliamo di due mondi differenti: quello di chi è abituato a stentare e quello di chi è abituato al vestito di lusso o alla cena al ristorante e, di conseguenza, non sa il prezzo di mezzo chilo di pasta o di un litro di latte. Come può allora conoscere le sofferenze di quelle persone di cui ci si ricorda solo al momento di chiedere la preferenza? Si dice che la politica sia sempre stata così, travolta da quelle “consuetudini” in cui è rimasta impigliata. In realtà, una più attenta riflessione può farci scorgere aspetti che la foga rischia di offuscare. I famosi autori del debito pubblico che oggi ci ritroviamo a dover pagare hanno fatto un danno alla nostra generazione, hanno sprecato, hanno mal gestito. Ma almeno hanno investito. Soprattutto hanno creduto davvero in qualche ideale, anche se  a volte  lo hanno piegato ai bisogni delle proprie carriere. Coscienti che “ordine” e “gerarchia” sono stati motivi di ispirazione di chi sta a destra e “uguaglianza” e “redistribuzione” di chi sta a sinistra. Oggi non c’è nemmeno la simbologia a cui era legato chi amava quel determinato partito e i valori che esso incarnava, c’è solo l’interesse del proprio portafogli e poco cambia se per riempirlo occorre mettere la casacca rossa o quella azzurra. O prima l’una e poi l’altra, e poi di nuovo viceversa. Tanto quei colori sono sbiaditi fino a diventare simili. Non c’è De Gasperi, non c’è Almirante, non c’è Berlinguer. Il dibattito non verte su opposte rappresentazioni del vivere civile, si arrovella piuttosto su quali servizi togliere ai cittadini o su come risolvere la problematica che limita l’azione politica di questo o di quel soggetto. Leggi ad personam o provvedimenti per eliminare leggi contra personam prima volute e ora ripudiate perché producono imbarazzi alla propria coalizione. Ma se il livello politico è questo i motivi vanno ricercati nel decadimento morale di una società sempre più materiale, concentrata su beni voluttuari ed avvelenata dall’egoismo e dall’individualità esasperata. Perdono rilevanza i  rapporti umani, il comune sentire collettivo e il senso di appartenenza: la comunità non è più tale, ma è la somma di singoli, sempre più soli e incapaci di andare oltre la valutazione di effimere convenienze. Da questo contesto non può che nascere una classe dirigente autoreferenziale, talvolta spregiudicata e decisa a conquistare piaceri, denaro e potere. Certamente da condannare, ma solo dopo essersi guardati bene allo specchio e non aver scorto false giornate agricole, fatture non rilasciate o incentivi e premi incassati senza averne diritto. Il punto  è che la politica è malata perchè la società è malata. Serve un’opera di purificazione. Per tutti e non solo per gli altri.

Serra, ok al recupero del disavanzo generato dal riaccertamento residui

È tempo di porre riparo alla mole debitoria generata nei lustri passati per il Comune. Il civico consesso (assenti Adriano Tassone, Carmine Franzè, Giuseppe Raffele e Raffaele Lo Iacono) ha infatti approvato con i voti della maggioranza il punto all’ordine del giorno “Art. 3, comma 16, del Decreto Legislativo n. 118/2011. Modalità di recupero del disavanzo di natura tecnica generato dalla deliberazione di riaccertamento straordinario dei residui - anno 2015”. Dopo il disco verde al verbale della seduta precedente, si è entrati nel vivo della discussione vertente sulla copertura del disavanzo che dovrebbe avvenire per effetto di minori spese per 100mila euro e maggiori entrate per 43mila euro. Esclusa, al momento, la possibilità di ricorrere all’alienazione dei beni comunali, visto che non ci sarebbero certezze su questo tipo di operazione. Lamentata la mancanza di una relazione esplicativa del sindaco o di qualche assessore sull’argomento, Mirko Tassone ha evidenziato che il processo di adeguamento poteva iniziare prima, considerando i 4 milioni e 200 mila euro di residui straordinari come “una cifra rilevante che incide sulle esigenze future in termini di cassa”. L’esponente dell’opposizione, ribaditi i suoi avvertimenti precedenti, ha specificato di essere di fronte ad “un disavanzo vero e proprio e non tecnico” rimproverando la controparte per l’assenza di “una ricognizione dei settori su cui intervenire”. “La politica – ha poi puntualizzato – ha anche il compito di individuare le responsabilità” anche perché le azioni di recupero “ricadranno sulle tasche dei cittadini. La colpa dell’amministrazione comunale – ha aggiunto – è di non aver fatto, all’atto dell’insediamento, un’operazione verità”. Su questo il sindaco Bruno Rosi ha sostenuto di “non andare alla ricerca dei colpevoli” poiché “la gente ha coscienza di chi ha amministrato”. Il capo dell’esecutivo ha infine risposto positivamente all’invito del consigliere di minoranza Rosanna Federico di prendere un “impegno pubblico” per “individuare entro il 31 luglio i locali ed il personale” necessari per il mantenimento dell’ufficio del giudice di pace.

Inps, Rosi fa chiarezza: “Messi a disposizione due locali”

Arrivano novità circa la permanenza degli uffici dell’Inps nella cittadina della Certosa. Nel corso del consiglio comunale odierno, il sindaco Bruno Rosi, su invito dell’esponente della minoranza Mirko Tassone, ha operato alcuni chiarimenti. “Ci siamo già adoperati – ha affermato il primo cittadino – e abbiamo avuto degli incontri, anche alla presenza dei sindacati, con la responsabile dell’Inps di Vibo. Il Comune ha messo a disposizione due locali: l’ex scuola elementare di Spinetto e gli ex uffici dell’anagrafe. In quest’ultimo caso stiamo lavorando per rendere agibile il locale. Lunedì è previsto inoltre un nuovo appuntamento”. Quanto ad un eventuale trasferimento a Spadola, Rosi, premesso l’auspicio di “remare tutti dalla stessa parte senza distinzioni politiche”, ha lamentato “la mancanza di rispetto di chi va a trattare anticipatamente e autonomamente con l’Inps”. Sulla generale situazione delle razionalizzazioni, Tassone, dopo aver spiegato di non volersi prestare a strumentalizzazioni e aver condannato chi si candida a rappresentare i serresi senza soffermarsi sugli interessi degli stessi, ha chiesto la convocazione di un consiglio comunale ad hoc per discutere sui provvedimenti da prendere contro quello che ha definito una sorta di “pizzo di Stato”. Invocata la presenza dei rappresentanti nazionali affinchè facciano luce “su ciò che stanno facendo”, Tassone ha sottolineato l’esigenza di una “soluzione globale e non contingente”.

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