Confiscati beni per 740 mila euro riconducibili alla cosca Giampà

 

I finanzieri del nucleo di Polizia Tributaria – G.I.C.O. - di Catanzaro, coordinati dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, dott. Nicola Gratteri, dal °_Procuratore Aggiunto, dott. Giovanni Bombardieri, e dal Sostituto Procuratore, dott. Elio Romano, questa mattina hanno dato esecuzione a una confisca di beni per un valore di oltre 740 mila euro, in esecuzione di un provvedimento richiesto dalla Procura della Repubblica – D.D.A. e disposto dalla sezione seconda penale del tribunale di Catanzaro.

Destinatario della misura patrimoniale è Trovato Franco, condannato in primo grado come concorrente esterno della cosca di ‘ndrangheta Giampà di Lamezia Terme e per omicidio. Lo stesso, inoltre, è stato condannato in via definitiva per reati in materia di stupefacenti e violazione alla legge sulle armi, nonché condannato - in primo grado - alla pena di anni dodici di reclusione perché ritenuto colpevole di associazione mafiosa e associazione finalizzata alla commissione di truffe assicurative.

Le indagini patrimoniali condotte dalle Fiamme Gialle, che hanno consentito l’emanazione del provvedimento di confisca, hanno evidenziato una netta sproporzione tra i beni risultati nell’effettiva disponibilità del soggetto ed il suo tenore di vita, rispetto ai redditi leciti dichiarati.

I beni oggetto di confisca, in via preliminare, già lo scorso mese di giugno 2016, erano stati cautelati con un provvedimento di sequestro emesso nell’ambito del medesimo procedimento di prevenzione; la successiva mancata giustificazione della loro legittima provenienza da parte di Trovato Franco ha indotto il tribunale di Catanzaro a disporne la confisca. Il patrimonio complessivamente confiscato comprende dieci fabbricati, cinque terreni, quote societarie, una ditta individuale e diversi rapporti bancari, il tutto per un valore stimato di oltre 740 mila euro.

 

Operazione Filo rosso contro la 'ndrangheta, arrestate 9 persone

Estorsioni, intimidazioni con bombe molotov fatte ritrovare nei pressi delle attività commerciali e veri e propri danneggiamenti compiuti con ordigni esplosivi.

Sono queste le modalità con le quali alcune persone, ritenute organiche alla cosca Giampà di Lamezia Terme, avrebbero cercato di riaffermare la loro influenza criminale dopo gli arresti subiti nell’ambito delle operazioni “Medusa” e “Perseo.

Una volta lasciato il carcere, il gruppo si sarebbe immediatamente rimesso in "attività" mettendo in atto una strategia finalizzata ad estorecere denaro agli operatori economici del lametino.

A mettere fine al clima d’intimidazione e terrore, l’operazione “Filo Rosso” con la quale, questa mattina, gli agenti del commissariato di Lamezia Terme e gli uomini dell Squadra Mobile del capoluogo hanno eseguito nove fermi nei confronti di altrettante persone accusate di associazione mafiosa.

In alcuni casi è stato contestano anche il reato di spaccio di sostanze stupefacenti.

Le indagini, condotte con l’aiuto del Servizio centrale operativo, sono state coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro.

In manette sono finiti: Gianluca Giovanni Notarianni, detto “Luca”, 24 anni; Saverio Giampà, 30 anni; Pasquale Notarianni, 31 anni; Luigi Leone, 33 anni; Giuseppe Cappello, detto “Cutulicchio”, 33 anni; Michele Bentornato, detto “U Grassu”, 32 anni; Fabio Vescio, 20 anni; Alessandra Folino, 31 anni, tutti di Lamezia Terme, mentre a Pizzo Calabro è stato tratto in arresto Michael Mercuri, di 28 anni.

I particolari dell'operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà, alle 11 di oggi, a Catanzaro nel Complesso polifunzionale della Polizia di Stato, con la partecipazione del Procuratore Gratteri.

Operazione "Perseo": arrestati 7 esponenti della cosca Giampà

Sette persone appartenenti alla cosca di 'ndrangheta Giampà di Lamezia Terme sono state arrestate, questa mattina, dagli uomini della Polizia di stato. Gli arresti sono stati compiuti in esecuzione di un provvedimento emesso dalla corte di Assise di Appello che ha fatto propria l’istanza di applicazione della misura cautelare avanzata dalla Procura Generale presso la Corte d’Appello. Tutte e 7 le persone interessate dal provvedimento erano state coinvolte nell'operazione Perseo, condotta, nel luglio 2013, dagli uomini della Squadra Mobile di Catanzaro. Assolti in primo grado, gli arrestati sono stati successivamente condannati nel giudizio di Appello con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Secondo l'accusa, uno degli arrestati pur non essendo organico alla 'ndrina Giampa, occultava in locali di sua proprietà i mezzi usati dalla cosca per compiere azioni criminali. Altri due uomini, C.M.N. e A.M., devono rispondere di una serie di episodi estorsivi a carico di imprenditori che gestivano esercizi commerciali a Lamezia Terme, tutti aggravati dal metodo mafioso. In manette anche un altro uomo per il ruolo avuto nel duplice omicidio di Vincenzo Spena e Domenico Vaccaro, uccisi a Lamezia Terme nell'ottobre del 2006. A stringere le manette ai polsi sono stati i poliziotti della Squadra Mobile di Catanzaro e del Commissariato di Lamezia Terme, coadiuvati da equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine di Vibo Valentia. Espletate le formalità di rito, i 7 sono stati associati alla Casa Circondariale di Catanzaro.

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Commerciante chiede aiuto alla 'ndrangheta ed estorce 140000 euro ad un suo fornitore

La Guardia di Finanza ha notificato un avviso di conclusione indagini preliminari con contestuale avviso di garanzia, emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro a carico di un presunto elemento di spicco della cosca Giampà di Lamezia Terme e di un commerciante lametino. Entrambi i soggetti sono indagati per estorsione aggravata dal metodo mafioso. La vicenda non riguarda il classico “pizzo” imposto dalle cosche agli operatori economici, ma al contrario evidenzia, secondo quanto sostenuto dagli inquirenti, come, in alcuni casi, quella che dovrebbe essere la parte sana della società chiede aiuto alla ‘ndrangheta per il raggiungimento di scopi illeciti. Infatti, dalle indagini svolte dalle Fiamme Gialle del Gruppo di Lamezia Terme, dirette dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, è emerso che un commerciante lametino, titolare di un’azienda di vendita all’ingrosso di abbigliamento che nel 2008 era sottoposta a procedura fallimentare, avrebbe chiesto ed ottenuto l’intervento di un esponente di vertice della cosca Giampà, al fine di far recedere coattivamente un creditore dall’azione legittimamente intrapresa. Quest’ultimo, intimorito da tale intervento, effettivamente avrebbe rinunciato a proseguire nell’azione legale per evitare di subire atti ritorsivi, rimettendo forzatamente un credito presso il commerciante indagato, pari a 140.000 euro, importo costituente illecito profitto conseguito a seguito della estorsione commessa. Oltre a tale somma, la vittima, come accertato dai finanzieri, avrebbe conseguito ulteriori danni pari a 40.000 euro per la mancata detrazione fiscale e 11.200 euro relativi a somme di interesse precedentemente corrisposte ad una banca a causa del mancato pagamento di merce del commerciante indagato. Il reato di estorsione è stato contestato con l'aggravante mafiosa.

'Ndrangheta: confiscato il patrimonio di un imprenditore

E' stato confiscato in queste ore il patrimonio di un imprenditore edile che gli inquirenti considerano vicino alla 'ndrangheta. In particolare, il personale della Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro ha messo nel mirino i beni appartenenti a Francesco Cianflone, di Lamezia Terme, sospettato di essere organico al clan Giampà. Tratto in arresto tre anni fa nel contesto dell'inchiesta denominata "Piana", perché accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso, rientrò nel calderone di un'indagine focalizzata sui presunti legami fra diversi titolari di attività economiche e le cosche attive nella zona. Altri tre furono gli imprenditori catturati nell'ambito della medesima operazione. L'attività investigativa trasse spunto dai racconti forniti da vari collaboratori di giustizia, già affiliati al clan Giampà, e finiti in manette. Il valore dei beni oggetto del provvedimento ammonta a 7 milioni di euro.

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'Ndrangheta, processo "Perseo": condannati tutti gli imputati

Sono stati tutti riconosciuti colpevoli: è questo il verdetto emesso dal Collegio Giudicante del Tribunale di Lamezia Terme al termine del processo scaturito dalla nota operazione denominata "Perseo" che aveva smantellato la cosca Giampà. Sessantasette furono gli arresti eseguiti la mattina del 26 luglio di due anni fa al culmine di un'indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. Queste, nel dettaglio, le condanne inflitte agli imputati: Vincenzo Arcieri 12 anni,  Carmen Bonafè 5 anni, Giancarlo Chirumbolo 6 anni, Andrea Crapella 9 anni, Antonio Curcio 16 anni, Domenico Curcio 6 anni, Carlo Curcio Petronio 4 anni, Antonio De Vito 15 anni, Antonio Donato 10 anni, Davide Giampà 7 anni, Giuseppe Grutteria 13 anni, Fausto Gullo 8 anni, Michele Muraca 6 anni e 6 mesi, Antonio Notarianni 7 anni, Giuseppe Notarianni 9 anni, Vincenzo Perri 9 anni, Pino Scalise 4 anni, Giovanni Scaramuzzino 3 anni, oltre a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici; Franco Trovato 12 anni; Antonio Voci 10 anni; Eric Voci 7 anni. I reati contestati, a vario titolo, ai soggetti coinvolti nell'inchiesta andavano dall'associazione mafiosa all'estorsione, dal reimpiego di fondi di provenienza illecita alla truffa alle assicurazioni aggravate dal metodo mafioso. 

Processo "Piana": in appello condannati due imprenditori

A due imprenditori è stata inflitta una condanna nel contesto del processo d'appello celebrato con rito abbreviato e derivante dall'inchiesta "Piana" che due anni fa aveva messo nel mirino le attività illecite del clan lametino Giampà. Le indagini erano state condotte dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e da personale della Direzione investigativa antimafia del capoluogo.  Nello specifico, Davide Orlando è stato condannato a 4 anni e 8 mesi di carcere, mentre a Roberto Piacente il giudice ha comminato una pena di 3 anni e 2 mesi.  Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l'operazione era riuscita a spezzare il filo diretto fra gli affiliati alla cosca Giampà ed i titolari di attività imprenditoriali. Un'intesa in grado di generare, a parere della tesi accusatoria, benefici di natura economica sia all'una che all'altra parte. Il verdetto, in ogni caso, ha confermato l'insussistenza dell'ipotesi di reato di associazione mafiosa. 

Processo "Perseo": disposta la scarcerazione di Francesco Renda

Il giudice delle indagini preliminari, accogliendo favorevolmente la richiesta inoltrata dall'avvocato difensore, ha disposto la scarcerazione di Francesco Renda. Tratto in arresto due ani fa nell'ambito dell'inchiesta denominata "Perseo", che mise nel mirino il clan della 'ndrangheta lametino Giampà,, era detenuto nella casa di reclusione di Cosenza,. L'8 giugno, considerato responsabile di associazione mafiosa e truffa, gli era stata inflitta da parte del gip una condanna a cinque anni di carcere. Il processo era stato celebrato con rito abbreviato. 

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