L'esercito dei calabresi nell'Italia degli imboscati
Non poteva mancare la Calabria. Su Repubblica in edicola oggi, un’inchiesta firmata dal giornalista Marco Ruffolo, svela alcune delle più clamorose zone grigie presenti nel variegato arcipelago degli “imboscati”.
Un arcipelago popolato da migliaia di “fannulloni” che usano il pubblico impiego, non per servire la collettività, ma per strappare privilegi ammantati di diritti.
Nella “Italia degli imboscati”, la Calabria conquista il proscenio fin dalle prime battute. Nell’incipit al pezzo si legge, infatti: “Cosa dobbiamo pensare quando a Palermo 270 netturbini hanno potuto esibire un certificato medico che vieta loro di spazzare le strade; quando in Calabria oltre la metà del personale sanitario riesce a farsi trasferire dietro una scrivania e il 50 per cento dei dipendenti della protezione civile lavora al centralino; quando a Como gli operai assunti dal Comune diventano di colpo impiegati; quando a Pescara 50 infermieri e operatori socio-sanitari svolgono mansioni solo amministrative; quando a Firenze il 40 per cento dei vigili urbani passa più tempo in ufficio che in strada?”.
L’esercito dei calabresi che diserta gli uffici è talmente numeroso da meritare quasi un intero paragrafo.
“ E' soprattutto al Sud – scrive Ruffolo - che l'esercito degli "inidonei" si infittisce in misura anomala. Nell'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, su 1.178 dipendenti, 652 (oltre la metà) lavorano a regime ridotto. Ottanta psicologi della sanità regionale - come più volte denunciato dal commissario straordinario Massimo Scura, invece di aiutare i pazienti, sono finiti negli uffici amministrativi. Tutto in Calabria sembra funzionare al contrario: più di cento medici lavorano nel reparto prevenzione, dove ne servirebbero meno della metà, e rimangono invece scoperti screening oncologici e assistenza domiciliare. Ma gli imboscati non sono solo nella sanità”.
Imboscati che, una volta trasformati i diritti in privilegi, hanno costituito, in Calabria come altrove, una vera e propria casta di nullafacenti. Una casta la cui esistenza rappresenta un schiaffo assestato in piena faccia a quanti vivono una vita di stenti, in attesa di un lavoro che, per loro, non arriva mai.
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