Operazione “Defender”: favorirono la latitanza di Giuseppe Pelle, 8 arresti
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E’ scattata all’alba di oggi l’operazione denominata “Defender”, durante la quale la Squadra mobile di Reggio Calabria, con il coordinamento della locale Direzione distrettuale antimafia, ha tratto in arresto otto persone in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale reggino. Agli indagati vengono contestati, allo stato del procedimento in fase di indagini preliminari, i reati di procurata inosservanza di pena e favoreggiamento personale, aggravati dalla circostanza mafiosa ed in particolare di aver favorito e coperto la latitanza del 62enne Giuseppe Pelle, alias “Gambazza”, di San Luca (Rc), catturato il 6 aprile 2018 a Condofuri dagli investigatori della Squadra mobile di Reggio Calabria e del Servizio centrale operativo della polizia di Stato.
Le persone tratte in arresto sono: la moglie di Pelle, Marianna Barbaro, 55 anni, di Platì; i figli Antonio (35), Francesco (31) ed Elisa (35); il genero, Giuseppe Barbaro (36) e il nipote Antonio Pelle (36). Misura cautelare anche per Giuseppe Morabito (61) di Condofuri e Girolamo Romeo (43), di Melito di Porto Salvo.
Il provvedimento cautelare scaturisce dalle risultanze investigative connesse alla ricerca di Giuseppe Pelle, ritenuto esponente dell’omonima cosca di ‘ndrangheta di San Luca (già capeggiata dal defunto padre Antonio), che nel mese di aprile 2016 si era sottratto all’esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dalla Procura generale di Reggio Calabria, in virtù del quale doveva scontare una pena residua a oltre due anni di reclusione, per associazione mafiosa (operazione “Reale”). Durante la latitanza Pelle venne raggiunto da un decreto di fermo di indiziato di delitto, poi tramutato in ordinanza di custodia cautelare in carcere, per i reati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, turbata libertà degli incanti ed illecita concorrenza aggravati dal metodo mafioso (operazione “Mandamento Ionico”). In relazione a tali vicende Pelle, è stato condannato, in primo grado, alla pena di 18 anni e 6 mesi di reclusione. Nel medesimo procedimento risulta coinvolto anche il figlio Antonio, anche lui condannato in primo grado a 14 anni e 8 mesi per il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Protetto da una rete di fiancheggiatori prevalentemente a carattere familiare, Giuseppe Pelle venne catturato, dopo due anni di latitanza, in un appartamento di contrada Pistaria del comune di Condofuri (Rc).
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