Protocollo d'Intesa tra Reggio e Messina: bivio tra bluff e Storia

Solo il tempo sarà giudice imparziale della reale consistenza dell'evento che sabato, nelle intenzioni degli amministratori dei Comuni dello Stretto, ha avuto il suo epilogo nella firma di un Protocollo d'Intesa pieno di buoni propositi a cui adesso servirà fornire contenuti adeguati. Per troppi decenni, del resto, si è discusso a vuoto di conurbazione tra le due sponde divise dal mare, per non conservare uno spesso velo di diffidenza di fronte alla presentazione di programmi anche minimi di collaborazione tra le aree che gravitano attorno ai capoluoghi di Reggio Calabria e Messina. Un lembo d'acqua che negli anni, invece di assottigliarsi, si è progressivamente allargato rispetto alla materiale distanza che nel suo tratto più breve si limita ad appena 3,4 chilometri. Le velleitarie  diatribe sulla costruzione del Ponte hanno storicamente distolto l'attenzione dai problemi concreti che quotidianamente assillano un territorio marchiato a fuoco dal gigantismo parolaio da un lato e dall'assenza di concretezza amministrativa dall'altro. Il documento siglato durante la traversata compiuta sulla nave "Messina" costituisce, negli auspici  degli ideatori, il momento formale di transizione ad una programmazione congiunta, in particolare, nel campo dei trasporti e del turismo. Due settori in cui si concentrano simbolicamente e fattualmente, più che in altri, i fallimenti del passato da cui occorre allontanarsi con urgenza. Le enormi difficoltà in cui deve districarsi ogni giorno la zona interessata dal sogno dell'Area integrata dello Stretto, tuttavia, non rappresenta un buon viatico per evitare che quella appena consumata si trasformi in una kermesse all'insegna del "vorrei ma non posso". Se ci si basasse solo sullo scatto consegnato da una fotografia dell'esistente, infatti, non resterebbe altro che rassegnarsi ad un Aeroporto dello Stretto tale solo nella denominazione, a causa della cronica incapacità di intercettare l'utenza messinese molto più propensa a servirsi dello scalo di Catania rispetto a quello reggino. O ancora all'impossibilità di viaggiare con regolarità e celerità a causa di una gestione oraria delle corse  degli aliscafi che non tiene in alcun conto le esigenze di lavoratori e studenti impegnati ogni giorno in estenuanti incastri temporali. Una situazione che supera abbondantemente i limiti della decenza nei giorni festivi durante i quali sono programmate solo due transiti ed entrambi fissati nella mattinata. E', dunque, comprensibile, partendo da questi dati di fatto, nutrire dubbi e perplessità di fronte alla vagheggiata creazione di una sinergia costante ed efficace tra gli enti che risiedono sui due lati dello Stretto. Certo, la crisi nella quale si è immersi sarebbe sufficiente a fornire la forza propulsiva per comprendere che soltanto l'integrazione efficace ed efficiente dei servizi tra le istituzioni pubbliche e private ricadenti su quel lembo di terra riuscirebbe ad impedire di precipitare nel baratro del definitivo isolamento rispetto ai circuiti culturali, economici e sociali, nazionali ed internazionali. Ma perché si dia sostanza alla speranza servono idee sostenibili e soggetti autorevoli e competenti in grado di portarle avanti con pazienza e lungimiranza. Una circostanza che appare di difficile attuazione guardando a quello che è stato realizzato in passato ed osservando le emergenze che incatenano la gestione ordinaria. Candidare lo Stretto a Patrimonio naturale dell'Unesco, tra il suono delle sirene della nave e le note dell'orchestra presente a bordo, è stato il punto di partenza di un viaggio la cui rotta è ancora tutta da scrivere avendo davanti agli occhi la bussola che presenta soltanto due "punti cardinali": l'ottimismo della volontà, il pessimismo della ragione.  

 

Leave a comment

Make sure you enter all the required information, indicated by an asterisk (*). HTML code is not allowed.