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Così scompare il Vibonese: addio anche a questura e comando dei vigili del fuoco

I più pessimisti dicono che lo Stato ha gettato la spugna. Che ha rinunciato a lottare, a rilanciare un territorio difficile, afflitto da troppi problemi e con una crescita economica e sociale che sembra procedere con il freno a mano tirato, se non con la retromarcia. La ‘ndrangheta, l’emigrazione e l’immigrazione, una disoccupazione galoppante, un sistema politico figlio di una società malata: la complessità è tale da rendere l’impresa dello sviluppo davvero ardua. Il punto è che le Istituzioni non danno l’idea di affrontare di petto le questioni, anzi paiono mollare la presa cedendo terreno. La sensazione è che i conti, per qualcuno (che ha il potere di decidere), valgano più dei valori. Forse più delle persone stesse. Così, il Vibonese viene abbandonato. Certo, non nelle parole, ma nella sostanza sì. Una provincia piccola, con una popolazione irrisoria e con moltissime situazioni aperte, non fa gola alla politica romana. Che osserva, valuta, calcola e sceglie. Il provvedimento formulato dal ministero dell’Interno non prevede solo la soppressione della prefettura di Vibo (entro la fine di dicembre 2016) e l’accorpamento a quella di Catanzaro: i tagli interessano anche la questura ed il comando dei vigili del fuoco. Se a questo aggiungiamo l’intenzione di unire la Forestale ad altre forze di polizia, il risultato non può che essere scontato. Lo spopolamento non viene fermato, al contrario è incentivato. Con buona pace dell’anima per chi vede la Punta dello Stivale come il cuore del Mediterraneo, il congiungimento naturale (e commerciale) fra Europa ed Africa. Le frasi fatte pronunciate durante i convegni con le telecamere accese o nelle piazze non servono: la gente non crede più ad una politica utilizzata come strumento per fare carriera. E nemmeno ad esponenti istituzionali che s’indignano davanti alle criticità, ma allontanatisi dall’ultimo chilometro della Salerno-Reggio Calabria voltano le spalle e dimenticano tutto. Oggi la realtà è semplice da interpretare: questa terra è stata lasciata sola davanti al suo destino. Lontana dai pensieri, dalle strategie e dalle occasioni di sviluppo. E meno male che qualcuno ha avuto il coraggio di affermare che la Calabria è “la regione prediletta”.

 

 

Serra, allerta meteo di livello 2 rosso per domani e dopodomani

“Massima attenzione” dalle ore 00.00 di domani alle ore 14 di giovedì. È quanto raccomanda in una nota il sindaco Bruno Rosi che specifica di aver ricevuto dalla Protezione civile regionale un avviso di allerta meteo di livello 2 rosso. Più nello specifico, il Centro Funzionale Multirischi dell’Arpacal (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria) precisa che “tutto il territorio regionale sarà interessato, a partire dalle prime ore della giornata di domani 09 settembre e per le successive 24, 36 ore, da precipitazioni diffuse, localmente anche molto intense ed a carattere di rovescio o temporale. Tali precipitazioni saranno localizzate sull'intero territorio regionale, ma maggiore probabilità di accadimento è prevista sulla parte centro-meridionale della regione. Tali fenomeni saranno accompagnati da venti forti e mareggiate lungo le coste esposte”. Pertanto, considerato l’assetto idrogeologico del territorio regionale, il Centro Funzionale ha emesso un avviso di criticità di livello rosso (massimo livello di rischio) per i versanti tirrenico centrale, tirrenico meridionale, ionico centrale e ionico meridionale; e di livello arancione per i versanti tirrenico settentrionale e ionico settentrionale. 

 

Dasà, si dimette anche il vicesindaco Scaturchio: “Ora processo chiarificatore”

Si fa sempre più convulsa la situazione per il Comune di Dasà. Perchè dopo le dimissioni del sindaco Giuseppe Corrado e dell’assessore Assunta Maggio, stamattina sono arrivate anche quelle del vicesindaco ed assessore Raffaele Scaturchio: la giunta è dunque azzerata. Il piccolo centro del Vibonese è sempre più nel caos e ora si trova ad un bivio: lo scioglimento del civico consesso con il conseguente ritorno alle urne o il ripristino degli equilibri.  Scaturchio ha spiegato di ritenere “necessario garantire all’organismo esecutivo dell’ente la piena funzionalità ed operatività” e, pertanto, ha deciso di “rimettere nelle mani del sindaco (dimissionario) il mandato” che gli era stato conferito il 19 maggio 2012. “Sono convinto – ha puntualizzato Scaturchio – con questo mio atto, di favorire un necessario quanto inevitabile processo chiarificatore all’interno dell’organo esecutivo. Continuerò con determinazione, passione, correttezza, lealtà ed operosità – ha concluso -  a svolgere il mio ruolo di consigliere comunale, al quale la gente con il suo voto mi ha eletto”.

 

Figli di papà e figli di nessuno

Ci sono “bamboccioni” (copyright Tommaso Padoa Schioppa) e giovani “choosy” (copyright Elsa Fornero) senza una lira (pardon, un euro) in tasca e senza un mestiere fra le mani. Ce lo hanno insegnato l’ex premier e senatore a vita Mario Monti e i suoi ministri che i ragazzi italiani non si adeguano ai tempi e preferiscono rimanere con i genitori anche per evitare di assumersi responsabilità e di accollarsi spese. Probabilmente è vero l’effetto, non la causa. Forse chi è stato abituato a vivere nei salotti d’alta classe, dimentica che c’è pure chi ha vissuto la sua infanzia in una casa popolare, magari orfano e magari con il problema di pensare all’oggi e non al dopodomani. Dettagli per chi solitamente guarda dall’alto in basso il resto del mondo e dispensa lezioni di vita senza averne alcun titolo. Senza dimenticare le strategie amministrative ed economiche di questi “luminari” che hanno stroncato l’edilizia e, in generale, l’intero apparato produttivo nazionale mettendo le ali al tasso di disoccupazione e le zavorre al Pil. O ancora gli atteggiamenti di reverente servilismo nei confronti di chi faceva gli interessi della propria nazione. Chi si trova a governare, infatti, perde spesso il contatto con la realtà e, posizionato sulle comode poltrone romane, giudica il popolo ma non se stesso. Si scorda del popolo, ma non di se stesso. E dei propri figli. Così, quando i propri pargoli hanno la sicurezza di un incarico ben retribuito, diventa facile chiedere sacrifici alle nuove generazioni. Solo che qualche volta, le tempeste portano a galla la verità e svelano la vera morale di onorevoli, senatori e titolari di dicasteri. Fece scalpore, ad esempio, il posticino di lavoro trovato dal figlio del ministro Maurizio Lupi (poi dimessosi) allo studio Mor. Meno rumorosa è stata, invece, la recente assunzione a tempo indeterminato (con procedura job posting) della figlia del ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan alla Cassa Depositi e Prestiti. L’elenco potrebbe continuare con storie emerse, seminascoste e non ancora appurate. Caso strano: chi porta un cognome noto riesce ad avere una carriera fulgida, chi non ha un padre con uno spazio nei meandri di Wikipedia è costretto a sgomitare in cerca di un lavoro anche temporaneo, anche mal pagato, anche diverso rispetto a quello degli standard minimi delle proprie legittime aspettative. C’è chi frequenta l’università solo grazie alle privazioni proprie e della propria famiglia e, dopo la laurea, accetta anche un posto da cameriere per non rimanere a spasso. E c’è chi con gli studi si è fermato ad un certo punto e suda fra i mattoni ed il cemento di un cantiere o con l’ascia nei boschi. È quella parte d’Italia che non ha riposto in cantina le proprie origini, che si sente davvero di appartenere a questa nazione, che ha conservato valori, tradizioni e sane abitudini. Sono i figli di un Paese genuino, che avevano una speranza semplice: quella di poter far parte di una comunità in cui c’è una giustizia, in cui c’è la possibilità di salire o scendere i gradini della scala sociale a seconda dei propri meriti/demeriti, in cui prevale il sentire collettivo e non gli egoismi personali. Sono i figli di un’utopia, eppure sono questi i giovani di cui andare orgogliosi.

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