Serra, storia di un ospedale “in frigorifero”
- Written by Bruno Vellone
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Era il 23 marzo 1976 quando dalle colonne del settimanale regionale “Calabria settegiorni”, il giornalista serrese Franco Gambino, con un articolo dal titolo “Un ospedale in frigorifero”, ammoniva la classe politica dell’epoca sui ritardi dell’apertura dell’ospedale di Serra San Bruno. L’articolista dimostrava come se il nuovo nosocomio fosse stato aperto e il reparto di Chirurgia funzionante, avrebbe nei giro di pochi mesi, salvato delle vite umane, vittime tra gli altri, di fatti di cronaca assai cruenti. Quegli stessi fatti di cronaca, imputabili alla criminalità fisiologica o organizzata, che ancora oggi scuotono l’entroterra montano del comprensorio serrese e che, continuano a mietere vittime della lupara. Un decennio prima, precisamente nel 1965, era stato il socialista Giacomo Mancini, allora ministro dei Lavori pubblici, durante una visita a Serra San Bruno a destinare per il costruendo ospedale 400 milioni di lire. I ritardi dell’apertura furono accompagnati da notevoli proteste popolari che incalzando la classe politica dirigente, accusandola d’irresponsabilità politica e morale, diedero quell’impulso necessario per l’apertura del nosocomio. Poi il presidio nacque e, pur tra mille contraddizioni e carenze infrastrutturali, divenne un punto di riferimento per la popolazione. Fin qui un po’ di storia che ci riporta ai giorni nostri. Con il piano sanitario della Regione Calabria ed in particolare con la delibera N. 940/CS, del 28 luglio 2011, della commissione straordinaria che reggeva l’Asp di Vibo Valentia, di fatto, per i cittadini del comprensorio serrese, c’è stata una involuzione di 35 anni. La delibera in questione e prima ancora il Piano di rientro richiesto dal Tavolo Massicci, sopprimono in un sol colpo, non soltanto i reparti di Cardiologia e Chirurgia, ma tutta una serie di conquiste sociali che un popolo di operosi cittadini dal grande senso dell’umiltà ha conquistato nel corso dei decenni. Proprio contro le delibere 940/Cs e 941/Cs del 2011 della commissione straordinaria che attuano il decreto 18/2010 del Commissario ad acta per la Sanità calabrese che ha classificato il nosocomio cittadino come ospedale di montagna, il primo cittadino serrese Bruno Rosi aveva subito deciso di proporre ricorso al Tar avverso tali atti amministrativi, giudicati lesivi dei livelli essenziali di assistenza che devono essere assicurati in ogni territorio. Il sindaco di Serra San Bruno aveva quindi dato mandato al legale dell’ente, di impugnare innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale di Catanzaro le delibere della commissione straordinaria. Impugnazione che, però, si è conclusa con un nulla di fatto. Ma com’era strutturato il nosocomio prima del Piano di rientro? L’ospedale serrese era costituito dai reparti di: Cardiologia (10 posti letto e 3 medici), Chirurgia (14 posti letto e 5 medici), Medicina (20 posti letto e 5 medici). L’Ostetricia era stata smantellata nel 2007, e ciò ha creato gravi disagi alle donne delle Serre costrette ad andare a partorire in strutture molto distanti da casa. La soppressione sarebbe stata determinata dal fatto che il reparto non raggiungesse i numeri di parti necessari che ne consentissero il mantenimento. La Radiologia era operativa h24 e contava su 4 medici più il rimanente personale sanitario. Poi c’era il reparto Analisi che è rimasto invariato e il Pronto soccorso che, come prima, continua a fare i salti mortali per garantire gli interventi tempestivi in caso di urgenza. C’era e c’è il reparto Dialisi. Dopo il Piano di rientro: della Chirurgia rimane un day hospital con Chirurgia elettiva ridotta e 3 medici; la Medicina conta 18 posti letto + 2 di day hospital a cui appoggiare eventualmente i pazienti della Chirurgia; il reparto di Cardiologia è stato soppresso; la Radiologia conta su 2 medici che garantiscono unicamente la turnazione diurna, mentre di notte è in servizio la Telemedicina in collegamento telematico con la Radiologia di Vibo Valentia. A questi reparti notevolmente ridimensionati si aggiunge un reparto di Lungodegenza con 10 posti letto. La Medicina e la Lungodegenza insieme avrebbero dovuto contare su un organico medico di 9 unità ed invece ne contano soltanto 4. Tutti i medici menzionati devono comunque garantire anche le attività ambulatoriali. Come si vede, è facilmente riscontrabile un organico medico sottodimensionato con la conseguenza che l’offerta sanitaria è ben poca cosa rispetto a quella di cui necessita il comprensorio montano, costituito da un bacino di utenza di quasi 40mila persone. Problemi a parte sono quelli dell’unica ambulanza in dotazione al nosocomio e delle sale operatorie. Situazione che sembra destinata a non mutare con l’avvento del nuovo Commissario regionale alla Sanità Scura che avrebbe in mente, si fa per dire, una “scure” che tagli definitivamente gli ospedali periferici. Da ultimo si sta verificando una situazione terrificante, con riferimento ad alcune patologie e a causa della mancanza di tempestività determinata dalla carenza di organico, l’ospedale rischia di diventare un mostro pericoloso dove si perde soltanto del tempo prezioso. O lo si mantiene per come si deve, o lo si chiuda definitivamente.
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